Rispondo al suo articolo che a sua volta risponde al mio. Sono sinceramente onorata che il mio articolo abbia dato vita a questo scambio di opinioni pubblico che spero possa servire a regalare diversi punti di vista al tema tanto dibattuto in queste ore dei simboli religiosi nelle realtà pubbliche di uno stato laico.
Risposta di Ina all’articolo ‘Presepe si presepe no, il paradosso dell’integralismo laico’
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Gentile Lucia,
Cercherò di rispondere al suo articolo nella maniera più ‘scientifica’ possibile, attenendomi ai fatti.
1) Immagino lei sia stata ispirata dalle notizie degli ultimi giorni, ed in particolare dal caso di Bergamo o di quello simile di Rozzano; poco importa, effettivamente ogni pretesto potrebbe essere buono per discutere costruttivamente di alcuni nodi che stanno a cuore alla società. Comunque, colgo (anch’io, dunque) l’occasione per sottolineare come sul caso di Bergamo è intervenuto Salvini che ancora insiste sull’associazione dell’Italia alla fede cattolica, associazione che viene, per esempio, visivamente promossa su Facebook dai tanti difensori di questa idea di identità italiana con l’immagine del tricolore affianco al crocifisso, in barba ai tanti italiani di fede non cattolica o di nessuna fede. Il problema non è nel reclamare il diritto di professare la fede cattolica, ma che si cerchi rincarare la strategia difensiva associandola alla difesa dell’identità nazionale in un momento di fragilità nazionale, di schierare un ‘noi’ e un ‘voi’ su una scacchiera costruita su una sorta di isteria.
Ne approfitto anche per comunicarle che la notizia del preside che avrebbe proibito a scuola la festa di Natale è stata distorta ed ingigantita. Il lavoro di smontamento del caso lo trova qui, puntualmente documentato da giovani che si stanno inventando un nuovo tipo di giornalismo, che tra le altre cose si mette sulle tracce del giornalismo ‘grande’ e ne sbugiarda il malcostume. Nel giornalismo, il malcostume deriva anche dal modellare con mosse più o meno percettibili – anche solo scegliendo un certo termine invece di un altro, o anche con sgambetti in alcuni casi – la notizia sul gusto del ‘sentimento’ del momento, proprio come agisce la politica quando si lascia contagiare da questo male.
2) Lei ha pensato di presentare la questione facendo la ‘simpaticona’, quella che guardava scettica il presepe che però poi è passata dall’ ‘altra parte’. È una sorta di captatio benevolentiae, fare la parte della ‘pentita’ per assicurare il pubblico sulla propria ‘imparzialità’. Invece lei ha un preciso, parziale punto di vista, che è tutto ‘occidentale’.
Grazie per aver tirato in ballo Michelangelo; giusto per dire, la magnificenza dell’arte come questa sta nel fatto che ogni donna, anzi no – ogni essere umano – si può riconoscere nello strazio composto della figura che sorregge il Cristo; ogni essere umano che abbia provato un dolore così devastante si sente vicino alla Pietà, la capisce, anche se non si immedesima nella puntuale matrice religiosa della rappresentazione stessa. Infatti, quando il fotografo Samuel Aranda ha catturato l’immagine di una donna col niqab con in braccio il corpo esanime di un parente (durante gli scontri in Yemen di tre anni fa), tutto il mondo ha riconosciuto in quello scatto la Pietà di Michelangelo. Che è così bella perché è universale: la Madonna e la donna in nero sono immagini speculari di un dolore assoluto, che non guarda in faccia distinzioni di sesso, religione, etnia e niente. Ha una sola faccia che è la faccia di tutta l’umanità.
3) ‘integralisti laici che vogliono insegnare a noi cosa sia la laicità vera’. E qui i blocchi di cui parlavo sopra: il ‘NOI’ e l’implicito ‘tutti gli altri’. Mi rendo conto che è quasi automatico cercare di costruire un antagonismo ‘buono’ da contrapporre a tutto il resto che certamente è ‘cattivo’. Un po’ come i Western: se si è deciso di assegnare agli ‘Indiani’ il ruolo di cattivi, allora i bianchi – proiezione ed estensione di un fagocitante ‘occidente’ – non possono che essere buoni. Soprattutto perché, appunto, siamo ‘noi’. L’identità dovrebbe essere una costruzione dinamica, per usare termini di una certa teorica che ha passato la vita a studiare la questione della-delle identità.
Non credo, inoltre, che i laici vogliano insegnare niente a nessuno dato che non hanno istituito una materia chiamata, per esempio, ‘Insegnamento della religione cattolica’ a riguardo della quale, mi dice una persona informata, ‘I docenti non fanno un concorso pubblico: sono selezionati dalla Curia, ma vengono pagati dallo Stato italiano, quindi anche con i contributi degli atei e di coloro che credono in altro’. Tiri lei le conclusioni. Magari quelle esatte, questa volta. (ah, la persona informata ha anche aggiunto: ‘l Crocifisso nelle aule fa parte dell’ “arredamento scolastico”. Lo vanno sbandierando come simbolo di “identità culturale” e poi ha la stessa dignità di un banco’).
Infine, giusto per curiosità e rimanendo in tema di insegnamento, le suggerisco di leggere questo interessante articolo circa religione e altruismo. (Il termine qui in questione non è ‘laico’ ma ‘ateo’)
4) ‘L’Italia tuttavia è uno stato Laico non uno stato Ateo. La laicità di norma dovrebbe essere l’organizzazione giuridica e politica della società che permette a ciascuno di vivere la propria fede in libertà.’ Almeno, diciamo più onestamente, che non è né l’uno né l’altro. Avessi avuto l’idea di scrivere un articolo di questo tipo (mi riferisco al suo articolo), come minimo avrei fatto una piccola ricerca circa gli articoli della Costituzione che regolano questa materia. Se lei lo avesse fatto, avrebbe trovato una grande ambiguità coperta da strati e strati di ‘laicità qui laicità qua, laicità si però a casa vostra’. Si sarebbe incuriosita agli strumenti base della ricerca (come l’ottima Enciclopedia Treccani online, che spiega meravigliosamente la questione); magari, avrebbe letto le opinioni di altri blogger, invece lei sceglie la via del sarcasmo. Stia attenta, che il sarcasmo è l’arma preferita dei laici.
E se ‘l’Italia è uno Stato Laico e non Ateo’, ovvero, seguendo il suo ragionamento, tutela la libera espressione di ogni credo (non l’ateismo), allora non capisco perché nelle scuole ci siano solo crocifissi e presepi, e guai a toccarli. Non essendo il Cattolicesimo religione di Stato e non essendo affatto l’unica religione praticata in Italia, non capisco perché mancano simboli religiosi diversi. Perché ‘voi’ vi incazzate tanto se vi toccano il crocifisso, salvo poi voler negare il velo. Io l’inverno vado bardata altro che burqua; ma nessuno mi ha mai detto né oserebbe mai dirmi ‘spogliati per motivi di sicurezza’. Non capisco perché ci si accanisce contro questo altro simbolo religioso. In più, il crocifisso non è una cosa che si porta addosso e che dunque ha azione, in maniera circoscritta, sul corpo che lo indossa. È qualcosa che si affigge sui muri di uno spazio pubblico, proprio come il presepe, per cui ha una simbologia molto più profonda che non riguarda la persona ma si sposta a un livello sociale. Almeno il presepe ha una durata circoscritta nel tempo. (Ah, a proposito, lei che cita il caso francese, le ricordo che la Francia nel 2011 si è espressa anche contro l’uso del velo nei luoghi pubblici).
La correggo anche sulla chiusa della sua esternazione, redarguendola sul fatto che Laicità dovrebbe essere libertà di professare il proprio credo ma anche quello di non professarne alcuno (senza essere vist@ come un mostro o come un nemico della società).
5) ‘Laicità non è totalitarismo “O si fa come dico io o non si fa niente”, ma garantire a chiunque lo spazio per pregare e ci si aspetta che chiunque faccia parte di uno stato laico non si senta in alcun modo offeso dagli altrui simboli religiosi. Perché perdiamo il fiato a definire cosa sia laico, dimenticando di chiederci se laici possiamo dirci tutti quanti.’. Il totalitarismo, secondo
H. Arendt, trova la sua origine nello stato che vuole conservarsi ‘puramente’ composto di una sola nazionalità. A quello che leggo, lei, confusamente, si appella al diritto di professare qualsiasi credo ma poi non ne cita altri al di fuori del cattolicesimo; e comunque i laici – che non si sentono offesi ma al massimo sopraffatti dai simboli religiosi – si appellano a principi di pluralismo in cui possano riconoscersi veramente. Soprattutto vorrei avere testimonianza di cosa l’abbia spinta ad associare lo slogan ‘o si fa come dico io o non si fa niente’. Mi passa qualche esempio?
Da un punto di vista argomentativo, poi, mi spieghi: ‘laicità non è totalitarismo, è garantire a chiunque lo spazio per pregare’ ma poi ‘laici possiamo dirci tutti quanti’? Cosa voleva dire, esattamente?
6) ‘L’integralista cristiano ad esempio essendo contro l’aborto intende proibirlo a tutti, uno stato laico invece garantisce gli strumenti a chiunque lo volesse, di praticarlo sulla sua persona.’ Mi scusi, ma lei dove vive? Siamo nel 2015, e dobbiamo avere culo se la legge a volte con la sua forza si sforza di garantire questi ‘strumenti’ a cui fa riferimento lei.
7) ‘Un bene pubblico è libertà, costringere in uno spazio pubblico regole che denigrano simboli religiosi di fatto va contro il concetto di libertà.’ Può specificare a quali simboli religiosi si riferisce? Denigrare? ‘Regole che denigrano’? Chi le ha avanzate?
Guardi, se dobbiamo discutere di certi argomenti facciamolo con un minimo di cognizione di causa, altrimenti finiamo per far perdere qualità a questo splendido strumento di libertà di espressione che sono i blog. E in questo momento nessuno si può permettere di alimentare certi meccanismi, specialmente le persone che lavorano sull’informazione, sulla comunicazione e sulla-sulle libertà. Io non contesto quello che pensa, ma come lo ha espresso e le argomentazioni deboli, imprecise e confuse.
‘A volte vediamo questi atei nobilmente pensosi alla ricerca di un Dio che noi non abbiamo saputo dare.’ – non credo che gli atei vadano necessariamente alla ricerca di un dio, e men che meno penso che accetterebbero l’idea dell’opera caritatevole di chi si affanna a fornirgliene per forza uno; tuttavia, guardi, addirittura Paolo VI ha splendidamente definito gli atei (manco i laici, oh!) ‘nobilmente pensosi’.