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Il Viagra Rosa? Se aiuta le donne, perché no?

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Il piacere femminile non è mai stato oggetto di grande interesse per le multinazionali farmaceutiche che hanno trovato più comodo spacciare il Viagra, con la chirurgia che correva di pari passo consigliando protesi di allungamento del pene o addirittura plastica penense per renderlo più efficiente.

Un secolo fa era normale ritenere che il piacere delle donne dipendesse dagli uomini. Tutto era visto in termini pene-centrici, al punto che si attribuivano malattie mentali alle donne che volevano fare sesso, le “ninfomani”, come qualcuno le chiama ancora adesso, o le “isteriche”, malate di insoddisfazione sessuale e poi curate dapprima con stimolazioni pelviche e poi con quello strumento inventato apposta per curare quella malattia oggi meglio conosciuto come “vibratore”.

Ogni genere di consapevolezza relativa al piacere femminile è sempre stata vista come sintomo di una grave patologia assegnata da patriarchi e da matriarche puritani che non potevano tollerare il fatto che una donna potesse esprimere piacere o dispiacere nel rapporto sessuale e che di sicuro non tolleravano alcuna forma di autonomia da parte delle donne. La masturbazione era tabù. Non si pensava neppure che la donna potesse avere un orgasmo. Tutto quel che si sapeva delle donne era il fatto che la vagina serviva come stimolatore seghista per gli uomini e poi per ricevere gli spermatozoi per restare incinte.

Quando le donne furono più consapevoli dei desideri, delle fantasie, di quel che a loro dava piacere, all’uomo sfuggì tutto di mano. Le donne potevano rifiutare un rapporto sessuale e se un uomo lo imponeva quell’imposizione si chiamava violenza sessuale. In Italia fino al 1981 lo stupro poteva essere risolto con un matrimonio riparatore e fino al 1996 la violenza sessuale era un “delitto contro la moralità pubblica e il buon costume” frammentato in “atti di libidine” e “violenza carnale”. Durante i processi si misuravano i centimetri di penetrazione per stabilire che la penetrazione completa poteva definirsi stupro e quella parcellizzata era un semplice atto di libidine. Nel 1996 lo stupro divenne reato contro la persona ma di fatto la cultura del nostro paese resta più o meno quasi uguale.

Questa premessa è necessaria per raccontare, sintetizzando moltissimo, la fatica che le donne hanno dovuto fare per rivendicare il diritto a poter esprimere consensualità, a poter manifestare desiderio e ad accettare che sui propri corpi si sperimentasse solo ciò che chiedevano. Il controllo del proprio piacere diede alle donne anche un’altra fondamentale via di fuga dagli obblighi dovuti in passato. Le donne possono fare sesso per il proprio piacere, dunque non necessariamente per fare figli. Da lì in poi c’è il calvario di quelle che piuttosto che subire le angherie di istituzioni che dettavano legge sulla riproduzione, a costo di finire in galera, formando gruppi di auto esplorazione genitale o di mutuo-aiuto per aborti assistiti, giusto per impedire la morte di tante donne che abortivano clandestinamente, cominciarono a rivendicare il controllo della propria capacità riproduttiva.

Arrivò così la pillola e altri contraccettivi che non hanno sempre trovato concorde l’opinione pubblica. Lo vedete ancora oggi quando leggete di obiettori di coscienza che non solo non assistono le donne che vogliono abortire ma non prescrivono la pillola del giorno dopo, o quella dei cinque giorni dopo. Ci fu un tempo in cui per fare passare l’idea dell’uso della pillola si raccontò come favorisse le voglie maschili. Più rapporti sessuali, meno figli, e così le donne, invece che ottenere il controllo della propria sessualità, dovevano garantire un servizio di deresponsabilizzazione a quegli uomini che non volevano avere un figlio da te. Ancora oggi c’è chi dice che la pillola provochi numerosissime malattie e non si capisce perché mai al terrorismo psicologico non si alterni una più attenta e continua ricerca per fornire alle donne un farmaco molto più sicuro.

Arrivo all’oggi e siamo ancora a discutere sul perché si o perché no le donne possono o non possono usare un farmaco che i media chiamano il viagra rosa. Non segue lo stesso principio del viagra per uomini che aiuta solo a pompare sangue per tenere il pene eretto ma non agisce sulla libido. Il viagra rosa, invece, parrebbe agire sulla libido delle donne, soprattutto in quelle che in periodo di pre/post menopausa incorrono nel coma profondo della libido.

Per ben due volte la Food and Drug Administration ha bocciato il farmaco perché i vantaggi sembravano essere troppo pochi per giustificare i tanti effetti collaterali. Il Viagra Rosa non è una pillola che prendi poco prima di avere un rapporto sessuale ma è un farmaco la cui confezione, della durata di un mese, costa la bellezza di 300 euro e che prendi tutti i giorni per un tot di tempo. E’ un antidepressivo che agisce sui recettori della serotonina e che ha questo particolare “effetto collaterale” che dà la sveglia alla libido delle donne.

Approvato dalla FdA il farmaco si chiama Addyi e a comprare la società che lo produce –la Sprout Pharmaceutical – è la Valeant, una grossa multinazionale farmaceutica che ha mezzi e soldi per rendere vogliosissime le donne di tutto il mondo.

A mettere in dubbio l’efficacia del farmaco un po’ di medici che insistono nel sottolineare il fatto che si tratta pur sempre di un farmaco e che i suoi effetti collaterali non sono da trascurare. A fare la òla invece sono alcune organizzazioni femministe – come Even the Score – che ha molto insistito con l’FdA per l’approvazione del farmaco. Non si sono fatti attendere i commenti di tanta popolazione presente sui social network: maschilisti che immaginano il viagra rosa come un “pronti, via” per un esercito di ninfomani che metterà seriamente a rischio il “diritto sessuale” del maschio alpha; donne che invece rivendicano l’uso di questo farmaco come risolvesse ogni problema sessuale nelle relazioni. Il dubbio, lecito, è che il farmaco possa contribuire a legittimare quella mentalità che nega il fatto che esistano donne che non si eccitano con i partner non perché sono frigide e bisognose di medicalizzare la libido, ma semplicemente perché lui non ci sa fare. Poi ci sono quelli che temono la competizione quando si troveranno a chiedersi se la donna ha provato piacere grazie alle loro maschie capacità sessuali o grazie al farmaco.

Ad ogni modo io prevedo un futuro pieno di sorprese e, dal basso della mia vagina che non si nega nulla, attenderò commenti sul farmaco che sfuggano alla valutazione personale per inserirsi invece in una discussione tra chi ha un minimo di competenze. Di primo acchitto quel che mi viene da dire è solo che la discussione sugli effetti collaterali non riguarda mai i vaccini, gli antibiotici, il cortisone. Anche il Viagra blu ha degli effetti collaterali ma se ne parla il giusto. Quando c’è di mezzo qualcosa che riguarda le donne, chissà perché, a prescindere dallo stereotipatissimo nome in rosa del farmaco in questione, il terrore deve attraversare le nostre menti. Ebbene si, moriremo, ma almeno moriremo godendo. Come vi suona la cosa?

[Già pubblicato sul cartaceo de Il Garantista]

3 pensieri su “Il Viagra Rosa? Se aiuta le donne, perché no?”

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