Antiautoritarismo, Comunicazione

La comunicazione al tempo delle twitt-ideologie

Io non so come spiegare ma vorrei condividere un disagio, profondo, che deriva dal fatto che il mondo s’è appiattito sul pensiero lineare, il concetto unico, omologato e omologante e quando parlo di questo io so precisamente cosa voglio dire.

Pensiero unico non è quello di chi pensa cose che a noi piacciono poco. Pensiero unico, a prescindere dal luogo cui rivolge l’attenzione, è quello di chi ti vede positivamente solo se i tuoi ragionamenti sono costretti in una mistica coerente, come tu fossi un personaggio di un romanzo, senza contraddizioni dal primo all’ultimo momento, senza concederti sfumature differenti e anzi offendendo la tua complessità che puoi esprimere soltanto se reciti un copione ben preciso, ideologia, slogan concettuale o concetti sloganistici, tutto senza che tu abbia la possibilità di immaginarti a interessarti nell’approfondimento e la ricerca in qualunque direzione.

E’ una sorta di partigianeria culturale che io capisco e per certi versi la condivido pure, fatta di punti fermi che però a volte diventano talmente fermi da non ammettere neppure un margine di errore o una via di fuga per esplorare, crescere e sapere. Realizzare fascismi culturali è talmente semplice. Lo so da quando faccio comunicazione e lo sapevo anche da prima. Lo so perché io scrivo storie da sempre e quel che fai quando racconti è fotografare un attimo, un dettaglio, uno tra i mille aspetti di una sola persona che di aspetti ne compone mille altri. E se la storia, in letteratura, è già di per se’ semplificata figuriamoci cosa sia uno slogan o anche un semplice spot pubblicitario.

Le storie sono già il tentativo di narrazione di una complessità necessaria da analizzare. Lo slogan è un racconto in pillole, è una performance che detta e impone un modo di essere, stereotipato, escludente, che marginalizza e moraleggia su tutto ciò che è diverso.

La politica mi pare sia diventata un po’ così. C’erano le ideologie, che vuoi o non vuoi potevano essere comunque narrazioni complesse di una sola area che coinvolgeva più soggetti e più persone. Non era una cosa libertaria di per se’ e il cervello doveva restare rigidamente ancorato a certi schemi ma almeno c’era lo spazio per poter ragionare, per poter produrre, salvo nei regimi totalitari, anticorpi sufficienti a rinnovare, evolvere, ampliare, comprendere.

Ora la politica è fatta di passaggi brevi, slogan, parzialità delle parzialità, 140 battute su twitter dalle quali qualcun@ pretende di capire chi cazzo sei e come la pensi. Come fai a far comprendere la complessità a chi vuole schiacciarti entro schemi comodi per la paura di veder crollare tutte le proprie certezze? E queste certezze confidano sempre più in micro-ideologie, twitt-ideologie che producono reazioni virali ed istintive e moraliste prive di sostanza intellettiva e di una riflessione approfondita.

Immediatezza nel linguaggio non sta necessariamente per intelligenza collettiva e se già le ideologie del primo tipo realizzavano incrostazioni e rigidità che davano luogo a moralismi, demonizzazioni, repressione e linciaggi per chi dissentiva, figuriamoci cosa succede adesso e quale livello di imbarbarimento hanno raggiunto le discussioni, soprattutto quelle online, dove in due righe decidi che politica seguire e in altrettante due righe pretendi di condannare all’infamia eterna chi dice che non è d’accordo o che per lo meno non è solo così.

Perché, compagni, compagne, ‘sti cazzi, non è MAI “solo” così, e solo riflessi fascisti o stalinisti restringono il campo di ricerca del sapere in senso dogmatico e inducono in censure quando qualcun@ si pone con disincanto e laicità nei confronti di qualunque cosa. Senza affidare titoli demoniaci o canonizzanti a qualcun@. Senza delegittimare una parte per legittimarne un’altra. Cadendo nella trappola dello schema binario che fa decisamente defecare.

E a queste modalità di comunicazione, all’astio che registro ogni volta che microbattute di scambi online condannano al rogo qualcun@, o quando si ripetono una dopo l’altra battute tratte da chi aizza autentiche cacce alle streghe, non sembrerebbe esserci alcuna possibilità di reazione salvo il fatto che devi combattere con il mondo intero per spiegare che l’antiautoritarismo è una faccenda che va perseguita in ogni dove e che se non lo intercetti nella tua parte politica e lo vedi solo altrove hai davvero visto molto male.

E’ la comunicazione ad essere diventata autoritaria di per se’ e per chi la conosce come materia di studio si sa che un messaggio non è mai neutro e che puoi anche dire cose che pensi siano tanto di sinistra ma se le dici in un certo modo sei tu ad essere autoritari@ e fascista.

Come si fa in rete a esprimere la complessità senza generare perdite di senso e crisi d’astinenza da perdita di punti di riferimento saldi? Come si fa ad ampliare spazi di riflessione e ricerca fuori da ogni integralismo? Se avete risposte ditemele, per favore. Io ci provo ma gira che ti rigira mi scontro sempre con squadre di gente contrapposta e se dici che ti sembra sbagliato quel che fanno entrambi non vai bene. Ed è questo il senso oggi del “o sei di destra o sei di sinistra”.

Posso definire un nuovo concetto che è l’unico che può riguardarmi? Sono con me, con me soltanto. Odio i branchi di qualunque genere e preferisco sommarmi alla gente che cerca risposte e letture più complesse che riguardano il mondo. E questo non è “qualunquismo” ché io non sono una persona qualunque. Chiamatelo in un altro modo perché anche quella definizione è relativamente stantìa. O non chiamatelo affatto, purché non mi attacchiate addosso banali etichette che non mi riguardano.

6 pensieri su “La comunicazione al tempo delle twitt-ideologie”

  1. il non-pensiero unico si fonda su un semplice assioma: il pensiero giusto è quello che sta dalla parte giusta.
    se non penso, non mi chiedo se dici cose giuste, ma se stai dalla parte giusta. eventuali buone argomentazioni di senso contrario sono indice di una capacità critica di cui sospettare, in un primo momento, e condannare poi. 😉
    mio, dal mio punto di vista, no, non sei qualunquista. però sei distopica.
    sei distopica perchè immagini un mondo in cui le persone rinuncino a se stesse, in completa abnegazione di chi sentono di essere, per evitare di limitare la libertà altrui con la loro stessa esistenza. :p

    1. sapevo di ispirarmi a orwell ma non fino a questo punto. 🙂
      ma in realtà credo sia proprio il contrario. quel che desidero per me è che nessuno chieda a me di rinunciare a me stessa in nome di una richiesta di semplificazione che io non sono tenuta a fornire. io non voglio essere lo psicofarmaco sociale e politico e comunicativo di nessuno. ché se hanno bisogno di questo allora hanno poco da lamentarsi sulla presunta, così giudicata, comunicazione di Grillo. 😛

  2. Cavolo, come mi piace questo tuo pezzo, ci sono arrivato per caso esplorando twitter alla cieca, poi pero’ ne ho letti altri due e da nonella Miss Hyde abbracci tutto l’armamentario pregiudiziale ideologico della sinistra extraparlamentare degli anni 70, alla faccia del nuovo che i giovani portano avanti. Per favore continua a lavorare su queste tracce originali invece, che noi quasi vecchi ne abbiamo bisogno, di veder nascere idee nuove che non sia il riciclaggio di idee che hanno avuto come conseguenza centinaia di milioni di morti ammazzati (rileggere la storia dalla rivoluzione francese alla guerra in bosnia: quanto grillismo imperante che ci troverai). Grazie, buona fortuna,
    Luca

  3. Ho riletto ad orari decenti gli stessi pezzi e ammetto di essermi sbagliato, non sei cosi’ giovane come pensavo (e questo mi dispiace per i giovani …) e non e’ vero che usi le argomentazioni della sinistra extraparlamentare anni 70 e neppure, questo era implicito, che stai tendenzialmente dalla parte del grillismo. Diciamo che la tua rabbia espressa solletica reazioni mentali che sviano il lettore dalla raffinatezza dell’analisi. Scrivi cose molto interessanti, ti seguiro’ con piacere.

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.