FinchéMorteNonViSepari

Come reagire all’odio?

Chi voleva uccidermi non mi odiava. Neppure mi amava, certo. Amava il suo bisogno di star bene dopo aver toccato ed essere stato toccato. Amava di me i pezzi di vita e corpo che potevano servirgli. Ma neppure io lo amavo. Non come si dovrebbe amare. Non come sono in grado di amare adesso. Lo usavo più o meno allo stesso modo. Però sono sicura che non mi odiasse, lui, anche quando voleva farmi male. Era ferito, disgraziato, disperato, violento, impotente e totalmente incontrollato, ma non mi odiava, no.

L’odio è una cosa cattiva, di chi cerca ogni secondo di rovinarti la vita. Di chi ti perseguita con una perfidia e un sadismo senza eguali. Di chi ti dedica veleno e acido e possibilmente neppure ti conosce e sa che faccia hai. L’odio è di chi ti sceglie e ti fa a pezzi perché su di te scarica il peggio della mediocrità e dell’intolleranza.

Ti odia chi ogni mattina ti dedica un pensiero incattivito pur di farti male. Chi inventa cose per ferirti. Chi ti rovina la vita senza che tu ne capisca la ragione, solo perché non gli/le stai simpatica o perché hai idee diverse dalle sue. L’odio, intollerante, è quello di chi ti vuole cancellare e censurare e ammansire e addomesticare.

L’odio te lo ritrovi attaccato sulla pelle perché una stronza ha deciso che sfoga su di te tutti i suoi fallimenti e le sue frustrazioni o perché uno stronzo decide di perseguitarti fino alla fine dei tuoi giorni senza lasciarti respirare. All’odio non c’è rimedio pratico perché l’unica prevenzione è aiutare la persona che ti odia e fare in modo che non abbia spazio e tempo per l’odio e che la vita gli/le vada un poco meglio.

Quello che so è che tra le tante persone che mi hanno amata e poi che mi hanno odiata quelle che mi hanno odiata di più sono sicuramente donne. E non ci credo alle fiabe in cui le arpie hanno mostruosi volti ed espressioni pessime, non c’entra neppure quel lombroso che diceva che se sei brutta allora sei brutta pure dentro. Si tratta di persone normali, con facce normali.

Quello che so è che la cattiveria e l’odio puoi leggerli dall’espressione e se incontri qualcuno che ti odia lo/la vedi in tutta la sua miserabile umanità. Ma quando l’odio viaggia per il web allora l’umanità si perde e resta solo la perfidia, incomprensibile, feroce, che fa veramente schifo.

A proposito di odio e di violenza: le persone che mi hanno dedicato frasi piene di veleno sono donne e uomini. Ma le donne che ho avuto la disgrazia di incrociare solo perché loro volevano incrociare me non posso dimenticarle. Né capirle o perdonarle.

Esistono, certo, situazioni in cui non provo alcuna empatia con la persona che mi è nemica. Esistono situazioni in cui sono assolutamente certa di essere vittima. Perché se non ti conosco e tu fai di me la tua ossessione non sono responsabile di te, per te, mai.

Ma anche in questo caso esistono diversi gradi di co-dipendenza. Perché se tu ti insinui nella mia vita e nella mia testa fino a rovinarmi le giornate e io ti guardo e ti riconosco e ti dedico commenti e ti rispondo alimentando l’odio e la molestia allora non sfuggo alla co-dipendenza.

Si tratta di un gioco morboso che comincia per responsabilità di una o uno e che continua per responsabilità di entrambi/e. E gli strumenti di autodifesa li trovi soprattutto dentro di te.

Equilibrio, sicurezza, serenità e autostima. Perché le persone perfide fanno di tutto per minare la tua autostima. Vogliono demolirti e ti insultano in ogni modo per mettere in discussione tutto ciò che sei.

Minare l’autostima di una persona può essere considerata anche istigazione al suicidio in certi casi. Esistono ragazzine o ragazzini che si sono suicidati perché vittime di cyberbullismo nel web. Non basta dire in questo caso che se sei più forte non deve interessarti ciò che dicono perché non hai il dovere di essere forte.

La tua prima difesa è svelare al mondo la tua fragilità. Svelarla a te stessa/o e da lì partire ammettendo che quel comportamento odioso ti fa male. Riconoscere la violenza e pronunciarla è un fatto fondamentale. Riconoscere la propria fragilità è pronunciarla lo è altrettanto.

So che oggi queste cose si risolvono a colpi di status su facebook ma a me capitava anche via mail. C’era una donna che mi odiava e quando le feci sapere che se avesse continuato a scrivermi l’avrei presa a calci in culo lei smise. Perché anche l’esasperazione ha un limite e la legittima difesa ha un suo perché.

I calci in culo non sono pronunciabili via web perché sono considerate minacce e non lo puoi fare perché può essere considerata una aggressione giacché la persecuzione e l’odio che ti fa a pezzi tutti i giorni non è semplice da dimostrare. Ma quando sentite di qualcuno che ha preso a calci in culo una persona e dice di essere esasperata magari ponetevi il dubbio.

Se volete approfondire sulla serie immensa di comportamenti odiosi che ledono la vita delle persone su Femminismo a Sud c’è una interessante sezione dedicata a cyberbullismo e cyberstalking praticato su donne, uomini, ragazzine/i da donne, uomini, ragazzine/i.

E comunque no, ecco, tra le tante cose pessime che posso aver fatto in vita mia sono più che sicura di non aver sprecato tempo a odiare proprio nessuno. Ne ho sprecato a deprimermi e difendermi da chi mi ha odiato, quello si. E me ne pento.

NB: Marina è un personaggio di pura invenzione. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. Nel suo about dice “Vorrei parlare di violenze nella coppia, nelle relazioni, e tentare di riflettere insieme a voi su una cosa che troppo spesso vedo trattare in modo assai banale.”

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