Malafemmina

La spesa della precaria

Al ritorno dal lavoro ho comprato qualcosa per nutrirmi. C’erano almeno un altro paio di persone come me, un ragazzo e una ragazza, con gli stessi tic e la stessa attenzione ai prezzi.

Resto a contemplare le confezioni di pomodori pelati per trovare una coincidenza tra basso costo, marchio bio, possibilmente un marchio che non è un brand di quelli conosciuti perché essere precarie, senso un soldo e pure idealiste è un’arte difficilissima.

Ci vedi in serie, noi precari davanti agli scaffali, a fare la selezione tra prodotti scontati che non significano sfruttamento di manodopera infantile in paesi del terzo mondo, uso di cose chimiche o di roba geneticamente modificata.

Siamo quelli che restano più a lungo e che comprano meno degli altri. I commessi ci guardano con sospetto perché siamo un incrocio tra gli ispettori igienico-sanitari e i frikkettoni in odor da esproprio proletario.

Noi non la facciamo semplice. Siamo la nuova frontiera della casalinga disperata. Mia nonna riusciva con poco a nutrire tutta la famiglia. Io riesco con poco a finire le giornate senza sapere cosa ne sarà di me domani.

Siamo quelli della pasta con un sugo di pomodoro che non è più neppure pomodoro perché non abbiamo l’orto. Noi animali di città che mangiamo il cibo in lattina e che con dieci euro facciamo la spesa per una settimana, senza contare l’olio, lo zucchero, il sale, che ci prestano i genitori quando torniamo in visita a cantare l’inno alla famiglia.

Noi che la cassiera ci riconosce a distanza perché siamo quelli che non prendiamo neppure il carrello, no, che dico, neanche il cestino. Portiamo tutto a mano, muniti di zaino multi-uso, e poi non torniamo per giorni, sicuri che qualcuno si chiederà di cosa mai ci nutriamo nel frattempo.

Siamo quelli che riciclano tutto, il pane in crostino, il crostino in pangrattato, il pangrattato in condimento per la pasta. Carboidrati più carboidrati. Alla faccia dell’alimentazione che ci tiene sani.

Abbiamo anche dei problemi a mangiare carne e dunque dobbiamo inventarci mille modi per non sprecare neppure la buccia di una zucchina. Si mangia intera. Diventa condimento, contorno, piatto principale.

Così per dirvi che ho fatto la spesa. Ho comprato un detersivo (bio), un dentifricio (bio), tre pomodori, un barattolo di pelati, un chilo di pane, un pezzetto di formaggio.

Stasera posso fare festa. Oh, se ci sono amici che vogliono venire a cena, vi aspetto, eh?

NB: Malafemmina, diario di una precaria qualunque, è un personaggio di pura invenzione e un progetto di comunicazione politica. Ogni riferimento a fatti, cose e persone è puramente casuale. 

1 pensiero su “La spesa della precaria”

  1. Così è ancora peggio del prosciutto col 70% perchè è in scadenza oggi, che cucino in mille modi in modo da farlo durare 3 giorni, però oh, è un signor prosciutto e pagato ad € 9.90 al chilo!
    (Mamma casalinga lavoratrice disperata e sottopagata che cerca di fare una spesa sana, nutriente, varia ed a basso costo)
    Quest’Italia ci sta uccidendo lentamente…

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