
di Ethan
Non so se ho capito di essere transgender perché non ho mai compreso come mai le donne andassero in bagno in gruppo o perché adoravo guardare mio padre lavorare sulla sua moto. O forse è stato nel consesso di falegnami, calzolai, pescatori e pittori dove mi portava mio nonno per incontrare i suoi amici. O è stato quando mia nonna mi portava dalla parrucchiera ed io restavo affascinato da quel bestiario femminile dal quale prendevo distanza perché mi sentivo altro. Mia madre mi guardava preoccupata ma subito rassicurata da una zia che le diceva -Vedi? Gioca con i pentolini! E’ una femmina! -.
Il tempo passa e il mio corpo è quello di una donna ma la mente non si sente a posto. Il tempo passa e passo attraverso tutte le difficoltà delle donne: non dovevo prendere la patente perché tanto le ragazze venivano accompagnate, non dovevo fare boxe altrimenti il mio naso si poteva rovinare. Ho frequentato ingegneria quando ancora c’era la convinzione che fosse una cosa da uomini. Non essendo neppure male come ragazza ho conosciuto certi tipi di approccio e ho anche fatto brutte esperienze. Il pacchetto completo di sensi di colpa e barriere invisibili ma indistruttibili. Ora ho la consapevolezza di essere un uomo e desidero che il mio corpo abbia l’immagine che ha scritta in sé ma che non é visibile. Per questo motivo mi sono dato un nome maschile, Ethan, per pronunciare quello che sono, ma ho mantenuto anche il mio nome femminile. Continua a leggere “Ethan: misogino, donna sterile, transgender”