Articolo d Victoria Sendòn de Leòn
In lingua originale QUI. Traduzione di Valeria del Gruppo Abbatto i Muri.
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Continua a leggere “#Spagna – Il 28 aprile le femministe votano contro il fascismo”
Verso la fine della guerra fredda (e pure calda) tra i sessi
Articolo d Victoria Sendòn de Leòn
In lingua originale QUI. Traduzione di Valeria del Gruppo Abbatto i Muri.
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di Irina Aguiari
Apricots, salone erotico di Barcellona ha recentemente prodotto uno video pubblicitario per il 2016. Femminista e oltraggioso ha indignato la Spagna benpensante. È l’esempio di come uno spot erotico possa essere più efficace di una campagna elettorale.
Continua a leggere “L’efficacia politica dello spot del salone erotico di Barcellona”
Articolo originale di Rosa Montero e da El Pais qui. Traduzione di Eddie
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Due settimane fa, il collettivo Hetaira ha organizzato a Madrid una vivace festa per celebrare i suoi vent’anni di vita. Il gruppo venne fondato nel 1995 da un gruppo di femministe, tra cui alcune prostitute, per difendere i diritti delle lavoratrici sessuali; per vent’anni queste eroiche combattenti hanno lottato quasi in completa solitudine contro i pregiudizi più retrivi. Pochi gruppi sociali sono esposti ad una discriminazione così completa come le prostitute. In primo luogo, tutti si sentono in diritto di avere un’opinione sulla prostituzione, ma al tempo stesso non concedono lo stesso diritto alle lavoratrici sessuali. Nessuno chiede loro cosa pensino al riguardo poiché, a causa di un intenso puritanesimo e di una profonda ignoranza, la maggioranza dei politici e dei cittadini, a destra come a sinistra, le ritengono senza eccezione vittime dei protettori che vanno riscattate dal loro triste destino, anche contro la loro volontà.
Da Womenareurope:
Si conclude così la manifestazione di Madrid del 27 giugno, coincidente con l’inizio del dibattito della proposta Gallardon sull’aborto al Parlamento spagnolo.
In tutto il Paese, le iniziative di protesta si sono succedute da quel YO DECIDO del 1 febbraio scorso e si sono estese a macchia d’olio coinvolgendo le donne di molte città europee che hanno manifestato davanti a ambasciate e consolati, bruciando e facendo simbolicamente a pezzi la proposta di legge Gallardon che di fatto in Spagna criminalizzerebbe l’aborto, rendendolo legale solo in caso di stupro o gravi malformazioni del feto.
Qualche giorno fa una donna, María Montserrat González Fernández, 55 anni, pare abbia confessato di aver ucciso la rappresentante politica del partito di maggioranza (PPE) Isabel Carrasco. Dice che ha pianificato la vendetta dopo il licenziamento della figlia che ha perso il posto di lavoro presso la provincia presieduta proprio dalla Carrasco. La figlia aveva perso il lavoro nel 2011, quando il contratto a tempo determinato con il consiglio provinciale era scaduto e fu scelto un altro candidato a sostituirla. Tra l’altro il consiglio dichiarò di averla pagata in eccesso ed esigeva la restituzione di circa 6.500 euro. Tra cause e contro cause la legge ha dato ragione al consiglio e quella è stata, secondo le cronache, l’ultima goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
Non si sa se la figlia, Montserrat Triana Martínez González, 35 anni, sia stata complice nella realizzazione del delitto. E’ stata arrestata ed è comunque sotto inchiesta. Alla Carrasco, nel frattempo, sono dedicate celebrazioni e cordoglio nazionale. I media spagnoli descrivono la Carrasco come la donna più potente della zona di Leòn. Membro di primo piano del partito al potere, era stata alla guida dello stesso nella provincia e poi capo del governo provinciale. “E’ stata colpita con tre colpi di pistola e uccisa un giorno che camminava tra la sede di casa sua e quella del partito. Le due donne, madre e figlia, sono state subito arrestate. Marito e padre delle donne, Pablo Antonio Martínez, è un ex ispettore capo della polizia della città vicina di Astorga. E’ stata arrestata anche una terza donna ma non si capisce che ruolo abbia avuto.”
Continua a leggere “Uccisa una esponente del PPE in Spagna a causa di un licenziamento”
Lo scorso fine settimana, preludio della settimana santa, suggestive processioni hanno cominciato ad attraversare la Spagna da Siviglia a Madrid, seguendo le orme della Venerable Hermandad del Santisimo Coño Insumiso, la Venerabile Sorellanza della Figa Ribelle che l’8 marzo 2013 aveva inaugurato a Malaga la Procesiòn del Santo Chumino Rebelde, la Processione della Santa Vulva Ribelle.
Un’intervista pubblicata in video e testo su LaVanguardia.com. Traduzione e revisione grazie a Rossella e Claudia del gruppo Traduzioni Militanti a supporto dei/delle sex workers. Buona lettura!
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“La parola puttana ci dà potere”
La prostituta e terapeuta sessuale Conxa Borrell è una delle professioniste che impartiscono i corsi di sesso a pagamento che si stanno tenendo a Barcellona
“Lavorare nel mondo del sesso a pagamento non è facile”. Con questa premessa, e dopo sette anni di esperienza nel settore della prostituzione, la terapeuta Conxa Borrell ha deciso di mantenere una promessa che fece a se stessa quando iniziò a lavorare coi suoi primi clienti: metter su dei corsi di formazione per le donne che iniziavano o che desideravano avere maggiori informazioni sul sesso a pagamento. La solitudine e la vergogna sono, secondo Borrell, due degli stigmi con cui deve fare i conti una puttana che vuole esercitare liberamente la sua professione. La terapeuta ritiene che la parola puttana dia loro potere, e invita la società ad accantonare i pregiudizi morali e a umanizzare il settore del sesso a pagamento e i suoi clienti, che considera uomini normali con molte carenze affettive. “Il mantra che tanto si sente ripetere, secondo cui i clienti ci vessano, ci umiliano e ci violentano ogni volta che abbiamo un appuntamento con loro, è falso”. Borrell respinge le critiche che hanno ricevuto questi corsi da parte di alcuni collettivi di donne e confessa di essersi sentita “vessata, umiliata e violentata dai loro commenti e dalle loro bugie che pretendono di raccontare un lavoro di cui non conoscono assolutamente niente”. La prima sessione di questi corsi, organizzati dalla Asociación de Profesionales del Sexo (APROSEX), e che conta anche sulla consulenza della psicologa clinica Cristina Garaizábal, ha avuto talmente tanto successo che si è deciso di farne una seconda questo stesso fine settimana.
– Cosa l’ha spinta ad avviare un corso di prostituzione?
– L’idea mi è venuta nel momento in cui iniziai a lavorare come prostituta, otto anni fa. All’epoca non sapevo a chi rivolgermi, a chi chiedere consiglio, dove portare i miei clienti, come gestirli, ecc. È stato allora che mi sono chiesta come fosse possibile che non ci fosse nessuno a impartire un corso per quelle come me alle prime armi.
– Si sentiva insicura, insomma.
– Il mio è un settore in cui ti chiudi dentro quattro pareti con una persona che non conosci minimamente, e il tuo lavoro consiste nel creare un clima intimo. Mi è mancato molto non avere qualcuno che mi insegnasse a gestire tutto questo, perciò promisi a me stessa che, se avessi continuato nel settore del sesso a pagamento, sarei stata io a dare impulso a quest’iniziativa.
– Come si sentiva in quel momento, e con chi si è confidata?
– La solitudine è l’aspetto peggiore di questo lavoro. Fare sesso con sconosciuti è qualcosa che metti in conto nel momento in cui decidi di dedicarti alla prostituzione, ma c’è anche la solitudine di non poter raccontare a nessuno come ti guadagni da vivere, di dover mentire alle persone che vivono con te, compresi i tuoi genitori o il tuo stesso partner. Significa inventarti una vita parallela per giustificare certe entrate che ti fanno sentire in colpa, non perché tu stia facendo qualcosa di male, ma perché se sei prostituta la società ti stigmatizza.
– La parola puttana non ha nessuna accezione positiva nel contesto in cui viviamo…
– A me piace usarla, perché credo che dia potere alle sex workers. È la nostra parola.
– È diventata puttana per necessità economica?
– All’epoca in cui presi questa decisione avevo due lavori, ma quello che guadagnavo non mi bastava per vivere. Mantenni il lavoro come contabile in un’impresa di servizi, e la sera cominciai a esercitare la prostituzione.
– I suoi cari hanno capito la sua decisione, o si è vista costretta a creare una vita parallela?
– Sono stata quattro anni a nascondermi, solo tre anni fa sono uscita allo scoperto. Ti posso assicurare che questi tre anni sono stati il massimo della gratificazione.
– Perché ha deciso di dirlo?
– Non si può vivere così. Sai che significa guardare negli occhi le persone che ami e mentire loro tutti i giorni sulle cose che hai fatto? Mentire a tuo figlio quando ti chiede perché hai fatto tardi quel giorno? Per noi madri, le persone più importanti nella vita sono i nostri figli, e quello che mi faceva stare più male era guardare negli occhi mio figlio e dovergli mentire.
– Lei crede che nella nostra società sia possibile esercitare la prostituzione e condurre una vita normale?
– È chiaro che non tutti gli uomini sono in grado di accettare che il tuo lavoro è andare a letto con altri uomini. Hai bisogno di un partner con una mente aperta. Ma per il resto la nostra vita è assolutamente normale. Non andiamo per strada col cartellino con scritto “sono puttana”: facciamo la spesa al mercato, accompagniamo i nostri figli a scuola, siamo figlie, madri o sorelle. Non diamo le spalle alla società, ma siamo parte di essa.
– Il sesso crea dipendenza. Le è mai successo di volere smettere e di non riuscirci?
– No, non è vero che il sesso crea dipendenza, a meno che uno non abbia una malattia concreta, e in quel caso sono persone che non si dedicano al sesso a pagamento, perché dipendono molto dai loro impulsi ma non lo fanno per professione. Il nostro lavoro è molto più che fare sesso, una penetrazione o aprire la bocca per fare una fellatio. Il sesso è qualcosa di molto più ampio, bisogna creare un ambiente accogliente nel quale sia tu che la persona che hai appena conosciuto possiate sentirvi a vostro agio. I clienti di sesso a pagamento sono gli stessi uomini che trovi per strada. Niente li identifica come uomini che vanno a puttane, così come a noi niente ci identifica come puttane. Il sesso non è una droga, non crea dipendenza, a meno che tu non sia predisposto. Ci sono moltissime donne che smettono perché non gli piace il lavoro che fanno: ottengono il loro obiettivo e spariscono.
– Vedo che il suo discorso cerca di umanizzare la professione del sesso a pagamento…
– Quando un uomo cerca sesso a pagamento, sbirciando la sezione dei contatti o tramite internet, e sceglie donne che si offrono in maniera libera e volontaria, crede realmente di stare cercando uno sfogo sessuale, e che quello che lo attende è una fantastica relazione sessuale, senza legami, e niente di più. In genere, quello che poi trovi sono esseri umani coi loro problemi e le loro carenze affettive, e che nel momento in cui sono chiusi in una stanza con te ti chiedono più spesso di accarezzargli la schiena o i capelli, piuttosto che di rendergli un servizio prettamente sessuale. Si notano molto le carenze affettive in questo lavoro, e per questo una parte del corso è rivolta a insegnare alle donne a dare e a ricevere l’affetto che i clienti ci danno.
– Succede di frequente che riceviate affetto dai clienti?
– Molto di frequente. Il primo interessato a che l’incontro vada bene è il cliente, dato che è lui che paga. È lui stesso che cerca di creare un clima di fiducia, tranquillità e sicurezza, che ti faccia sentire a tuo agio. Questo crea un’empatia tra voi due, fatta di molto affetto e umanità. Una delle cose che gli uomini preferiscono è procurare piacere, lo adorano. Una relazione sessuale a pagamento è esattamente uguale a una non a pagamento, la differenza sta in una busta che contiene tutte le condizioni che vogliamo che il cliente rispetti. Una brava professionista dev’essere una buona amante, deve saper risolvere problemi di stress, eiaculazione precoce, ecc.
– Al punto che, a volte, si finisce per non consumare l’atto sessuale?
– Accade spesso.
– Quest’aspetto umano è più ricorrente nella prostituzione di lusso?
– Questo termine non mi piace. Noi stiamo molto in contatto con le donne che lavorano per strada, e infatti tre anni fa ho avuto la fortuna di partecipare a una conferenza sulla prostituzione e sui clienti, che si è tenuta a Madrid, dove ho conosciuto una ragazza che incontrava i suoi in un poligono, ma in fondo avevano lo stesso profilo dei miei. Le chiedevano le stesse cose: affetto, baci, carezze, conversazione, e molte volte se ne andavano senza aver scopato. Normalmente, quando un uomo cerca sesso a pagamento in rete, crede di aver bisogno di sesso, ma appena arriva da noi si lascia andare e fa emergere un’altra carenza molto più umana e affettiva.
– Nel programma del corso ci sono vari punti che insistono sulla necessità o meno di dedicarsi a questa professione. Provate prima di tutto a convincere le donne a non prostituirsi?
– Dedichiamo quattro punti del corso a scoraggiarle (ride). Questo è un lavoro veramente molto duro, nel quale bisogna usare molto la psicologia, interagire tanto con un’altra persona. Al di là di quello che possa dire la società, tu sei un essere umano e devi relazionarti direttamente e intimamente con un altro essere umano. Quando dissi ai miei amici e ai miei fratelli che ero una puttana non lo capirono, avevano un’immagine diversa di quello che è essere una puttana. In questi quattro punti quello che facciamo è dire “attente ragazze, perché questo non è un lavoro che può fare chiunque”. Non si tratta di convincere nessuno, ma di raccontare la realtà per come è: non è una favola, ma neanche l’ultimo gradino della società.
Qual è, quindi, il profilo che bisogna avere per esercitare la prostituzione?
– L’empatia dev’essere sempre presente: devi essere disposta a creare questo clima di cordialità con il cliente. Avere molto chiare le norme che ti prefissi: i tuoi orari, il tuo modo di lavorare, cosa vuoi dai clienti. Diciamo alle ragazze che si dimentichino tutto ciò che hanno visto sui mezzi di comunicazione negli ultimi trent’anni e che capiscano che loro sono della professioniste e che quelle che tengono le redini di ciascuna relazione con i clienti sono loro. Le carichiamo tantissimo affinché capiscano finalmente che siamo stanche di ascoltare che non siamo niente di più di un pezzo di carne con gli occhi buttato su un letto e che il cliente può fare con noi quello che vuole. Non c’è nulla di più falso in quest’affermazione.
Le ragazze devono avere un profilo da terapeuta sessuale, perché sapersi muovere in quest’ambito è molto importante. Bisogna lavorare molto su quest’aspetto, è la base di ogni buona professionista, saper creare questo clima dal momento in cui vi scambiate il primo sguardo a quando vi salutate.
– Non credo che tutte le ragazze che si dedicano al sesso a pagamento abbiamo questa situazione così idilliaca che lei descrive. Non mi negherà che c’è un tipo di prostituzione, disgraziatamente molto visibile, nel quale le ragazze vengono trattate in modo inumano...
– Quella non è prostituzione, quella è tratta di esseri umani, ed è un delitto. Quando si smantella una rete di persone costrette a lavorare nei laboratori clandestini di cucito, nessuno dice che si è smantellata una rete di stilist* e sart*. Le donne e gli uomini costretti a lavorare in un regime di tratta e di sfruttamento sessuale non sono prostitute e prostituti, sono vittime della tratta di esseri umani. È prostituta solo chi decide di esserlo liberamente.
– Questo è il profilo di chi frequenta il suo corso?
– Esatto. Ci sono molte donne alla prima esperienza, che davvero vogliono imparare a fare questo mestiere, ma abbiamo incontrato anche donne che lo praticano da tempo e vogliono imparare ancora. Insegniamo loro a pubblicizzarsi su internet, a creare il proprio profilo e ad avere chiare quali sono le loro decisioni. Tutte le professioni necessitano di informazione e formazione.
– L’ha sorpresa l’affluenza che ha registrato il primo corso?
– Moltissimo. Si è creato un clima di grande fiducia, in cui le donne si sono aperte moltissimo e hanno raccontato cose molto intime, con dubbi e domande interessanti che non avevamo considerato. Sono state quattro ore che sono passate velocissime e siamo uscite con la sensazione che avremmo dovuto organizzarlo molto prima. Perché ci ha fatto tanta paura dire, sì, sono una puttana, e quindi?
– Quali sono le preoccupazioni che sono emerse di più nella prima sessione del corso?
– Il fatto che possano fare loro del male. Questo stigma che vuole che il puttaniere sia un uomo violento, che pensa solo a soddisfare il proprio piacere, per il quale fa lo stesso la donna che ha davanti, farle del male o no, è un falso mito che bisogna distruggere definitivamente. L’altro giorno una donna molto saggia del Raval ha fatto una riflessione molto molto dura: ”E’ assurdo pensare che qualcuno ti paghi per picchiarti, perché un uomo che vuole picchiare una donna picchia la sua gratis”. È un giudizio molto duro, però vero. Basta guardare le statistiche.
– Quale stigma bisogna eliminare di un puttaniere?
– Che è un uomo normale e ordinario! Sia che abbia uno status sociale alto o basso, alla fine le carenze affettive dell’essere umano sono le stesse.
– Le conseguenze sullo stato d’animo dello stigma della puttana sono più distruttive di quelle del puttaniere?
– Ti vergogni, ti senti sporca. Ricordo che durante i primi mesi di lavoro, nonostante facessi sempre la doccia dopo l’ultimo servizio che realizzavo, avevo bisogno di tornare a casa e rifare la doccia. Pensavo che non potevo baciare mio figlio perché tornavo dal fare la puttana. Dato che è un qualcosa che tutte abbiamo vissuto, ma che nessuno ci racconta, e sappiamo come ci si sente con questo stigma, vogliamo anticipare loro le sofferenze che andranno a provare affinché possano conoscerle, riconoscerle e chiedere l’aiuto di cui hanno bisogno ad altre compagne o amiche. Questo allevia moltissimo la tensione.
– Il suo corso di prostituzione è stato criticato da alcuni collettivi di donne. La sorprende più che colpirla?
– Anche noi siamo un collettivo e siamo donne, no? La gente ha diritto di esprimere la sua opinione, quello che mi sembra più preoccupante è che vengano emessi giudizi di valore che, oltretutto, sono densi di moralismo. Nessuno può dirmi che è femminista nel momento in cui sta lottando contro i diritti lavorativi, politici e sociali di un intero gruppo di donne. Si sono dimenticate quello che significa essere femminista. Femministe siamo noi che ci stiamo mettendo la faccia e che stiamo lottando per i nostri diritti. Loro sapranno verso dove vanno, e perché ci sono sempre più giovani donne sottomesse ai loro partner o perché muoiono per violenza machista ragazze sempre più giovani. Un poco di autocritica non gli farebbe male.
– Il modello del patriarcato tende a imporsi nella maggior parte delle reti di prostituzione, non ha questa sensazione?
– Noi siamo puttane, siamo donne femministe e autodeterminate. A quale patriarcato ti riferisci? Se siamo noi quelle che teniamo le redini della nostra vita, della nostra economia, della nostra sessualità! Uno dei corsi più importanti in programma è quello che insegna alle donne a scoprire la loro sessualità. Non insegniamo ad essere schiave dei nostri clienti, ma a godere del lavoro che facciamo. Molte giovani donne oggi imparano prima a fingere un orgasmo che ad averlo. Dovremmo chiederci che tipo di educazione sessuale stiamo impartendo ai nostri figli a casa e a scuola.
– Vi sentite perseguitate a Barcellona con le nuove ordinanze municipali sul settore?
– A Barcellona e in tutte le altre città. Come si può criminalizzare un cliente se esiste un’offerta? A quanti stupidi stiamo pagando lo stipendio ogni mese? Le puttane non sono vittime, sono lavoratrici. So che molte hanno incontrato il sindaco Xavier Trias per dirgli che le uniche cose che vogliono sono diritti, spazi e orari per poter lavorare nel quartiere El Raval, e l’unica risposta che hanno ricevuto è che non si devono preoccupare, ché potranno andare alle mense sociali. Il sindaco le tratta da mendicanti quando sono delle lavoratrici.
Leggi anche:
—>>>Il sito del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute: http://lucciole.org
—>>>il network delle organizzazioni europee composte da sex workers: http://www.sexworkeurope.org
Tutti i post, le traduzioni, le news sul sex working su questo blog a partire dalla tag Sex Workers
Secondo il governo spagnolo, lo stesso che ha reso nuovamente illegale l’aborto salvo casi di stupro e malattie gravi, uccidere una prostituta non sarebbe violenza di genere. Loro hanno deciso che violenza di genere sarebbe quella cosa che può avvenire solo in presenza di un vincolo affettivo. Traduco sommariamente l’articolo che dà notizia di questa assurda affermazione.
“Il governo sostiene che l’omicidio di una prostituta per mano di un cliente non può essere considerato la violenza perché non vi è alcun legame affettivo tra l’aggressore e la vittima. Così afferma l’Esecutivo che ha fornito risposta all’interrogazione di due deputati socialisti che volevano sapere perché non è stata considerata violenza di genere l’omicidio di una prostituta marocchina per mano di un militare spagnolo.
Continua a leggere “#Spagna: per il governo uccidere una prostituta non è violenza di genere!”
Mentre qui in Italia apprendiamo che la pillola del giorno dopo è ufficialmente considerata NON abortiva, le donne spagnole non hanno smesso la propria lotta contro la legge Gallardon. Quella che vedete in video è una delle tante iniziative organizzate. Il corpo è mio e lo gestisco io, e dato che lo Stato se ne appropria e intende stabilire quando, come e perché una donna dovrà diventare madre o abortire allora una fila enorme di ragazze è andata al registro pubblico per ottenere un timbro sulla dichiarazione di proprietà del proprio corpo.
La questione è abbastanza semplice, io ne ho parlato già qui, e il punto è che la proprietà del corpo non bisognerebbe cederla proprio mai, neppure per eventuali richieste di tutela.
Dalle compagne di CollettivaXXX:
XXX vi propone una traduzione dell’articolo di Beatriz Preciado pubblicata su Libération lo scorso 17 gennaio.
La filosofa femminista Beatriz Preciado denuncia il progetto del governo Rajoy di “piantare una bandiera della Spagna in ogni utero dello stato”.
Continua a leggere “Sciopero degli uteri – di Beatriz Preciado”
Appena concluso l’intervento in diretta con RadiAzione provo a riassumere riflessioni e anche la giornata di lotta di oggi, a partire dalla Spagna, dove le donne si battono contro la legge Gallardòn, fino alle strade e le piazze italiane in cui tante donne hanno portato la loro solidarietà.
Lo Stato interviene sui corpi delle donne, appropriandosene e ignorando la scelta delle donne, in più modi. Il corpo delle donne viene affidato al papà Stato quando gli chiedi tutela, gli chiedi di decidere al posto tuo, per esempio, e dato che lo Stato ha una vocazione patriarcale quel che trovo assurdo è che ci siano donne, anche femministe, che reclamano a gran voce di essere poste sotto tutela dallo Stato. Esigere tutela, essere felici quando lo Stato decide per l’irrevocabilità della querela, ad esempio, quando cioè decide che la tua scelta non conta perché ti considera malata, troppo fragile, con buona pace di mater/paternalisti che adorano istituzionalizzare lo status della vittima per consegnare i corpi delle donne ai tutori, controllori, sorveglianti della nostra vita, sessualità, autonomia, incluso quella economica, significa legittimare lo Stato a scegliere per te sempre. Significa che accrediti lo Stato nella funzione di controllo del tuo corpo.
Lo Stato, come qualunque istituzione patriarcale, non sa “possederti” a metà. Se tu dici che hai bisogno perfino di essere salvata da te stessa allora ti rinchiude, patologizza, ti vuole curare per farti tornare in te, e fa tutte quelle belle cose che tante hanno subito in passato e continuano a subire. Se esci e manifesti ti manganella e ti rinchiude in galera… la galera… altro strumento repressivo di controllo e irregimentazione sui corpi che alcune donne legittimano ed evocano come strumento di salvezza per noi.
Continua a leggere “#YoDecido: mai consegnare i corpi allo Stato (Nè per tutele Nè per proibizioni)”
Una notizia presa e tradotta da qui. E’ una storia di un po’ di tempo fa. Fu denunciata da alcune persone e ce n’è voluto prima che emergesse un riconoscimento, se così si può dire, da parte di una istituzione. Beatriz Etxebarria sarebbe stata violentata nelle carceri spagnole e il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura ha accolto questa versione della storia. Ha pubblicato un rapporto su quella vicenda in cui si dice che la testimonianza era “credibile e coerente” a proposito di Beatriz e della tortura su altre dieci persone arrestate durante quella prima metà dell’anno.
Nel marzo 2011, quando già l’Eta non realizzava azioni violente, la guardia Civil fece irruzione in Bizkaia, compì arresti che si conclusero con gravi accuse di tortura da parte degli arrestati. Beatriz Etxebarria denunciò anche uno stupro. Fu segnalato il caso senza che vi fosse risposta da parte del governo spagnolo o delle figure politiche in vista. Ora il Comitato Europeo per la prevenzione della tortura (CPT) ha classificato come credibili e coerenti tutte le testimonianze.
A Berlino esiste una suora catalana che insegna teologia queer. Eva, del nostro gruppo traduzionimilitanti, ha tradotto una intervista fatta a lei su picaramagazine.com. Buona lettura!
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Teresa Forcades è dottoressa in medicina e teologia e monaca benedettina nel monastero Sant Benet de Montserrat. Bersaglio assiduo delle lobby economiche e politiche per la sua denuncia coraggiosa sul peso degli interessi delle multinazionali farmaceutiche nella gestione della pandemia dell’influenza A nel 2008, e più recentemente, nella vaccinazione non necessaria del Virus del Papilloma Umano nelle ragazze adolescenti, così come per aver criticato le posizioni della cupola ecclesiastica sui temi come l’aborto o i rapporti con il franchismo, promuove il Processo Costituente in Catalugna mentre impartisce lezioni di teologia queer a Berlino.
Cosa pensi del disegno di Legge su “protezione del concepito e diritti della donna incinta” presentato in Consiglio dei Ministri lo scorso 20 dicembre?
In Spagna si è discussa ed è stata votata alla camera una legge con vari divieti relativi pubbliche manifestazioni e soprattutto quello di pubblicazione di immagini in cui sono immortalati abusi della polizia. La legge, giusto per capire il terreno autoritario che la ispira, colpisce anche la prostituzione, ovvero applica quelle stesse due o tre regole che i nostri sindaci mettono nero su bianco nelle ordinanze pro/decoro per mandare nelle periferie buie le prostitute. La repressione legislativa è pensata anche contro la Pah, che è la piattaforma delle vittime dell’ipoteca (plataforma dels afectats per la hipoteca) un gruppo che va a criticare il sistema bancario che ha dato ipoteche e poi ha ridotto in rovina molte famiglie. Utilizzano gli Escrache, tecnica che consiste nell’andare in massa e urlare, svergognare, indicare, il bancario, direttore, politico di turno, generando cosí pressioni perchè tutti sappiano cosa fa, almeno nel suo ambiente di lavoro o nel suo quartiere.
Continua a leggere “#Spagna: tra repressione delle lotte e criminalizzazione dell’aborto!”