Quando la fase dell’innamoramento è giunta al momento in cui cominciate a conoscervi davvero, cominciano le titubanze e le battaglie per appropriarsi di ruoli che possano lasciarvi un pezzetto di autonomia, pur nella confusione creata in un primo momento in cui pensavate di non dover porvi il problema. Se al principio pensavate di essere l’uno il riflesso dell’altro, dato che nel frattempo avete sviluppato una sorta di dipendenza, mentre cercate dimostrare quel che siete davvero, sperando d’altro vi accetti senza problemi, ora iniziate con calma reperire notizie sulle differenze. La spontaneità lascia il posto a domande che dovrebbero consentirvi di sapere come muovervi nella relazione. Vuoi stare sotto o sopra? Vuoi cucinare o preferisci che prepari io? Vuoi leggere o preferisci che metta della musica? Vuoi che ti ascolti o preferisci stare solo?
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#ManAsking: l’assillo delle puerili richieste maschili nei confronti delle donne
La storia del mansplaining non mi ha mai convinta, sarà che difficilmente lascio che qualcuno mi spieghi le cose di un argomento che sento mio, uomo o donna che sia. Ma è una questione personale e non dubito invece che spesso accada.
Quello che invece mi accade spesso, e vi accade spesso, è l’esatto opposto: l’uomo che non sa, l’uomo che chiede. L’uomo che fa domande alla donna, pur potendo intuire o cercare da solo le risposte, nell’ambiente a lui tradizionalmente più lontano: la casa.
In compagnia e fuori casa l’uomo, soprattutto se di una certa classe sociale, si mostra un esperto economista, sociologo, urbanista, idraulico, ma appena in casa, se c’è una donna o vive in coppia, sembra non sapere nemmeno in quale stanza si trovi l’armadio.
Dove sono le calze?
In quanto tempo si cucina il pesce?
Dove metto ad asciugare?
E’ stirata la mia camicia?
Hai visto il mio orologio?
Direi che ci sono due tipologie di man-asking, in un caso la domanda è in realtà una richiesta (“cosa c’è per cena?”), nell’altro la domanda rispecchia un sincero vuoto riguardo l’economia domestica.
E’ la cultura patriarcale che assolve le madri assassine
Una donna ha ucciso in modo orribile, facendo ingerire candeggina, le due figlie e poi ha tentato il suicidio. Il marito dice che avevano parlato di separazione e che lei non voleva accettarla. In alcuni casi è l’uomo a fare più o meno la stessa cosa. Uccidere i figli perché non si accetta la separazione, i figli usati come strumento di ricatto, schiavi di una cultura del possesso che dice “miei o di nessun altro”.
Ne parlo perché è necessario fare chiarezza su questo punto, tentando lucidamente di fornire argomentazioni che disinneschino la padre/fobia e che contrastino l’esaltazione del materno. Le madri non sono buone per natura, non sono beddamatresantissime, non è detto che amino i figli e non è detto che siano martiri e madonne come invece si vorrebbe fare credere. Generalmente si attribuisce agli uomini il fatto di essere violenti pur di ottenere l’affido dei figli “per vendetta”.
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Spot Audi: liberarsi dei ruoli di genere normativi è rivoluzionario
A Natale, in Spagna, Audi ha diffuso questo spot contro gli stereotipi di genere. Parla del mondo diviso a metà, rosa per le femmine, azzurro per i maschi, alcuni giochi per le femmine ed altri per i maschi. In un racconto fiabesco nel video prende corpo una contro narrazione con un sovvertimento dei ruoli senza che a chi sovverta sia consegnato uno stigma negativo. Ricordate che la normatività è reazionaria e che ribellarsi per appropriarsi del diritto a vivere come ci pare è rivoluzionario. Grazie ad Audi, e chissà se mai vedremo in Italia un simile spot.
Sono un uomo che ha paura degli uomini
Lui scrive:
capita spesso di leggere della paura che le donne provano verso gli uomini.
gruppi di maschi per strada
sconosciuti
colleghi invadenti
amici
La realtà, di corpi, vite, generi, che spaventa il mondo
Quel che si sa è che l’imperfezione non può essere tema di rivendicazione. Se vuoi restare in riga devi rivendicare quel che comunque è fedele alle norme sociali. Rivendichi di poter vivere in santità, del tuo corpo rivendichi il riconoscimento della sacralità, della tua vita la maggior parte delle volte vendi menzogne che ti facciano comunque apparire fedele alle convenzioni sociali. Non puoi rivendicare uno spazio per dirti imperfetta e umana. Per descrivere la perdita di verginità di qualunque tuo orifizio. Per raccontare il fatto che il tuo corpo non è affatto sacro e dunque non lo tieni mummificato, perfettamente levigato, come tu fossi una statua di marmo.
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L’uguaglianza tra i generi non deriva dal buon senso: è il risultato di molte lotte!
In alcuni commenti in risposta al mio ultimo post pubblicato su Il Fatto Quotidiano sostenitori dell’antigender affermano che quel che io descrivo come conseguenza di una trasmissione diretta del “Gender” è semplicemente frutto del buon senso. Come se si trattasse di opportunità da sempre esistite e non di conquiste che sono costate un prezzo altissimo a tante donne.
Prigioniera di quella gran cicciona di mia madre
Quella lardosa di mia madre mi ha sempre fatto l’effetto di un’amputazione agli arti. Grassa da fare schifo, non più in grado di muoversi senza rompermi le palle, con la sua voce stridula a torturarmi dalla mattina alla sera. Prendimi questo, prendimi quest’altro, vai lì o vieni là. Nata per fare la serva di una madre pigra e depressa, io da sempre massacrata dai ricatti e dai sensi di colpa, con un padre che usava il lavoro come alibi per stare lontano da lei e io che non avevo tempo per fare niente a parte masturbarmi, ogni tanto, davanti a qualche scena porno.
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