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La transfobia e la puttanofobia delle femministe abolizioniste

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Mi sono sempre detta che avrei fatto un mestiere di cui mio padre sarebbe andato fiero, ma poi ho cambiato idea. Mio padre era un gran classista. Odiava l’idea che io mi guadagnassi da vivere facendo la cameriera per mantenermi agli studi. Odiava che io tornassi tardi la notte, con le vesciche ai piedi e i calli nelle mani. Odiava le mie bruciature, per quei piatti troppo caldi, e anche i miei racconti tratti da un improvvisato e orale diario di una cameriera qualunque. Mi chiamava sguattera e diceva che sarei finita a fare la puttana, ovvero tutto ciò che disprezzava al mondo. Diceva che la mia bocca, il mio corpo, la mia fica, sarebbero stati infettati dal malaffare, dal vizio, e ne parlava come fosse un inquisitore di almeno cinque o sei secoli fa.

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A voi che non siete degni/e di nominare una “puttana”

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Care tutte, scrivo a distanza di una settimana dall’otto marzo, perché non volevo che si confondesse la mia critica con la mancanza di solidarietà ad altre donne che sono state offese da chi le ha chiamate troie, puttane, cagne. Io di mestiere faccio la puttana e lo faccio con grande orgoglio. Ho sempre pensato che le donne criticano tanto il sessismo ma poi sono le prime a ritorcerlo contro altre donne. Mi è dispiaciuto molto leggere i commenti di ragazze, alcune molto giovani, criticare altre coetanee per l’abbigliamento o ridere delle “battute” offensive di ragazzi che hanno rafforzato lo stigma della zoccola che spinge molte a dividere le donne buone da quelle cattive. Ho visto tante a giustificarsi o a prendere le distanze dalle “troie” che si sono divertite nei locali con gli spogliarelli maschili, e io non posso che essere solidale con loro e con i professionisti che si spogliano per lavoro. Lo spogliarello è sex work. E’ lavoro sessuale, in cui ecciti, susciti desiderio, ricavi erotismo da chi ti sta attorno e così uomini e donne si guadagnano il pane.

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Manifesto femminista in supporto dei diritti delle sex workers

images3Il “Manifesto femminista in supporto dei diritti delle sex workers” gira in rete da qualche anno, sottoscritto da singole o da associazioni, fino ad ora non è mai stato tradotto in italiano. Lo ha fatto per noi Martina (revisione di Isabella). Forse potrebbe essere un ottimo punto di partenza per un manifesto femminista dello stesso tipo firmato dalle femministe italiane. Voi che ne dite? Noi ci siamo. Fate circolare, se volete e potete. Per adesioni potete lasciare un commento qui o scrivere a abbattoimuri@grrlz.net. O, che è pure meglio, inviate le adesioni a network@sexworkeurope.org (in inglese). Buona lettura!

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Come firmatari* di questo manifesto, esprimiamo il nostro supporto per l’autodeterminazione delle sex workers e il riconoscimento del sex work come un lavoro. Come per i diritti delle donne, i diritti riproduttivi e per l’uguaglianza tra i generi, minacciati lungo l’Europa e l’Asia Centrale, siamo solidali con le sex workers, che affrontano molteplici forme di violenza: strutturali e istituzionali, fisiche e interpersonali. A proposito della sistematica oppressione che le sex workers affrontano, chiediamo a tutt* i/le femminist* di concentrare i loro sforzi nell’includere e amplificare le voci delle sex worker nel movimento, e di smettere con la promozione di dispositivi giuridici che si sono dimostrati dannosi per i diritti delle sex workers.

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Autodeterminazione, Comunicazione, Contributi Critici, Precarietà, R-Esistenze

Perché “sex worker” non sostituisce la parola “prostituta”

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di Antonella

L’espressione sex work (e sex workers) è stata introdotta nel 1978 dall’attivista americana Carol Leigh, nota anche come The Scarlot Harlot. Diffusosi a partire dagli anni ’80 nel mondo anglofono, il termine è principalmente impiegato per creare un sentimento di solidarietà tra persone che svolgono lavori di natura sessuale.

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Io, sex worker, sono stata picchiata solo da mia madre

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Ho litigato con mia madre, almeno 18 anni fa, e finalmente fui io a dargliele di santa ragione. Forse c’è chi immagina le botte tra donne come qualcosa di eccitante per i maschi dei dintorni. In realtà non c’è nulla di eccitante ma spuntano lividi, esattamente come quelli che venivano fuori sulla mia carne dopo che mia madre mi dava un pugno o mi lanciava un oggetto pesante, e come quelli che aveva mia madre quando ho finito di darle una lezione. Lei mi picchiava regolarmente da troppi anni. Da piccola perché ero troppo piccola. Da grande perché non ero grande così come avrebbe desiderato lei. Ci sono state volte in cui ho pensato di scappare, quand’ero ancora troppo giovane, e poi ci sono state volte in cui ho pensato di rispondere alle botte, non so come, sicuramente per legittima difesa. Avevo troppa paura, non riuscivo neanche a reagire, finché le mani non presero una direzione indipendente e io mi ritrovai a urlarle contro tutto il mio disprezzo.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Sessualità

Misogino è chi dice “non andrei mai con una prostituta”

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Di quanto è più machista la posizione dell’uomo che dice che non va mai a puttane. Lui è il meglio, più santo, più cavaliere, ce l’ha più lungo, perché non ha bisogno di pagare per scopare. E già si verifica lo scontro testosteronico tra uomini, gli uni a dileggiare quegli altri, a definirli come reietti, incapaci di trovare una donna, e così a darne un quadro patetico e poco virile.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Precarietà, R-Esistenze, Storie, Violenza

Trans, sex worker, discriminata dalle femministe radicali

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Trans, trentottenne, sopravvissuta a discriminazioni, violenze, pregiudizi. Sono andata via di casa all’età di 19 anni. Con i lividi ancora in faccia – il mio souvenir familiare dal mio luogo d’origine – intrattenevo regolari scambi di tecniche di sopravvivenza con i senzatetto che dormivano alla stazione. Uno mi disse, “i” trans se la fanno dall’altro lato del ponte. Allora passai sopra l’errata denominazione e attraversai poche centinaia di metri per beccare il paradiso in terra per quelle come me. Durante il primo mese di vita di strada ho raccattato botte, il vomito di un vicino di marciapiede ubriaco, una serie infinita di bestemmie incomprensibili da parte di un alcolista russo e un tentativo di stupro da parte di un tizio che non mi voleva pagare.

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#Swerf: femministe radicali sex workers escludenti (No #Puttanofobia!)

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SWERF: E’ l’acronimo di “Sex Worker Exclusionary Radical Feminist” (femminista radicale sex worker escludente). Una persona si professa femminista, ma che non crede che le donne impegnate in qualsiasi forma di prostituzione volontaria dovrebbero essere incluse tra le femministe e nella lotta per l’uguaglianza. In genere viaggiano accanto alle Terf, femministe radicali trans escludenti, giacché sono tante le trans che si dedicano alla prostituzione.

Vi traduco alcune parti che possano chiarirvi il fenomeno: a partire da questo Link (every day whorephobia – ogni giorno puttanofobia).

SWerfs/Terfs, la Westboro Baptist Church del femminismo

Swerf = femministe radicali sex worker escludenti e TERF = femministe radicali trans escludenti. Vanno di pari passo.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Contributi Critici, Critica femminista, R-Esistenze

#Roma: perché dico sì alle zone rosse e no alle multe ai clienti

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Dai diritti alla repressione. Quando si parla di prostituzione il passo è breve, e anche le migliori intenzioni rischiano da un momento all’altro di fare una brutta fine. E’ quello che sta accadendo al sindaco di Roma Ignazio Marino, che prima sostiene la nobile iniziativa della zona rossa proposta dal decimo municipio guidato da Andrea Santoro, poi se ne esce con la solita proposta populista. Va bene fare le zone dedicate alla prostituzione – dice Marino – ma chi compra prestazioni sessuali al di fuori di queste riceverà a casa una multa di 500 euro. Una punizione reale ma anche simbolica: la multa che arriva a casa è una sorta di delazione, un atto di umiliazione per chi ha commesso un atto così impuro. Gli ha già risposto il Garante della privacy, Antonello Soro, ricordando che viene meno la tutela della privacy: «La notifica delle sanzioni, anche quelle amministrative, deve avvenire con modalità tali da garantire la riservatezza del destinatario e non deve rendere evidente la violazione commessa». Il prefetto di Roma ha criticato invece l’istituzione della zona rossa: «Tutta questa storia è una boutade. Non ci sono riferimenti normativi, anzi una legge c’è: si chiama Merlin. Fare ciò che vorrebbe Marino senza un intervento del governo o del Parlamento è reato: è favoreggiamento della prostituzione». Su questo punto, il reato di favoreggiamento, tornerò dopo.

Intanto partiamo dalle zone rosse. La proposta di Santoro è secondo me una buona iniziativa. Si tratta di creare una zona dove le prostitute e i clienti possano agire liberamente e dove il municipio garantisca una serie di servizi per le sex worker in genere abbandonate a se stesse. Stiamo parlando chiaramente di donne (e ormai qualche uomo) che decidono senza costrizione di vendere prestazioni sessuali. Il rischio, in questi casi, è quello di creare un ghetto, che isola ancora di più le prostitute, e di fare un discorso moralista: teniamo la prostituzione lontana dagli occhi dei “cittadini”, anzi dalla ggente. Ma in un momento in cui le prostitute sono sotto scacco e hanno perso terreno sul fonte dei diritti e della visibilità politica, l’idea di una zona rossa protetta sembra una buona soluzione. A Mestre, lo zoning (si chiama così) è attivo da diversi anni e i risultati sono positivi. Perché non provarci anche a Roma? Continua a leggere “#Roma: perché dico sì alle zone rosse e no alle multe ai clienti”

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A Parigi, le “femministe puttane” a margine del corteo principale dell’8 marzo

Una dei manifestanti che hanno preso parte al corteo delle “femministe puttane” che ha riunito prostitute e difensori delle donne col velo, parallelamente a quello tradizionale femminista dell’8 marzo, sabato 8 marzo 2014 a Parigi.
Una delle manifestanti che hanno preso parte al corteo delle “femministe puttane” che ha riunito prostitute e difensori delle donne col velo, parallelamente a quello tradizionale femminista dell’8 marzo, sabato 8 marzo 2014 a Parigi.

Dal blog Queer Notes di Agnes Nutter (seguitelo!):

Articolo originale su Libération. Traduzione mia.

Dell’AFP (Agence France Presse – agenzia di stampa francese, la nostra ansa, NdT) – 8 marzo 2014

Prostitute e difensori delle donne col velo fianco a fianco: un migliaio di persone che non si riconoscono più nel femminismo tradizionale hanno sfilato sabato a Parigi, al di fuori del corteo principale nella giornata internazionale dei diritti delle donne, ha riscontrato un giornalista dell’AFP.

Eterogeneo, ha radunato allo stesso tempo un gruppo di militanti pro-Palestinesi o dell’NPA (Nuovo Partito Anticapitalista, NdT) che dei difensori dei diritti di transessuali e prostitute, il corteo, perlopiù composto da giovani, ha preso slancio nel primo pomeriggio dal quartiere di Belleville, nella zona nord della capitale.

“Prostitute in pericolo”, “musulmane stigmatizzate”, “noi siamo delle femministe puttane” hanno scandito i manifestanti. “Voi non liberateci, ci pensiamo noi!”, si può leggere sui cartelloni.

“E’ violenza voler decidere al posto delle donne” che si vogliono prostituire o portare il velo, come hanno la capacità di fare le femministe tradizionali, ha dichiarato Marcia Bruner, una delle organizzatrici di questo raggruppamento battezzato “8 marzo per tutte”.

I manifestanti rimproverano al governo la penalizzazione dei clienti della prostituzione, il mantenimento dell’interdizione sulla PMA (procreazione medicalmente assistita, NdT) per le coppie dello stesso sesso, e si preoccupano per l’”infragilimento” del diritto all’aborto.

“Non ci riconosciamo più nel corteo istituzionale” e neppure nel movimento femminista delle Femen, poiché entrambi portano con sé degli “stereotipi razzisti e islamofobici”, “focalizzandosi” sul velo, ha spiegato Elsa Diaz, del collettivo delle donne di quartiere di Sien-Saint-Denis.

Malgrado la presenza di appena qualche donna con il velo nel corteo alternativo, “le sosteniamo nella loro volontà di portare o no il velo”.

“Il femminismo mainstream (maggioritario, NdR) pensa che tutte le donne che prendono delle decisioni che implicano il libero uso del proprio corpo, le lavoratrici del sesso per esempio, svalorizzino l’immagine della donna”, si è lamentata dal canto suo Elisa, una “escort” membro dello Strass, il sindacato delle prostitute. “Vogliamo gli stessi diritti di tutte le altre donne”.

 

Antiautoritarismo, Autodeterminazione, R-Esistenze, Violenza

#Spagna: per il governo uccidere una prostituta non è violenza di genere!

Secondo il governo spagnolo, lo stesso che ha reso nuovamente illegale l’aborto salvo casi di stupro e malattie gravi, uccidere una prostituta non sarebbe violenza di genere. Loro hanno deciso che violenza di genere sarebbe quella cosa che può avvenire solo in presenza di un vincolo affettivo. Traduco sommariamente l’articolo che dà notizia di questa assurda affermazione.

“Il governo sostiene che l’omicidio di una prostituta per mano di un cliente non può essere considerato la violenza perché non vi è alcun legame affettivo tra l’aggressore e la vittima. Così afferma l’Esecutivo che ha fornito risposta all’interrogazione di due deputati socialisti che volevano sapere perché non è stata considerata violenza di genere l’omicidio di una prostituta marocchina per mano di un militare spagnolo.

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Il Tg1 viola la privacy delle sex workers

Meme Comunicazione a supporto di http://lucciole.org
Meme Comunicazione a supporto di http://lucciole.org

Servizio al Tg1 qualche sera fa. Non lo linko per evitare che siano ancora veicolate quelle immagini. Si parla di “degrado” a Genova e di un blitz delle forze dell’ordine in pieno centro dove avrebbero beccato una famiglia che affittava appartamenti a migranti e prostitute. Per la famiglia c’è stato il sequestro degli appartamenti e immagino varie denunce incluso favoreggiamento o sfruttamento della prostituzione. Le prostitute, invece, pur non essendo materialmente perseguibili, sono state intervistate di nascosto di modo che dicessero quanto pagavano d’affitto e come funzionava. Nulla di eccezionale che non fosse già stato riassunto dal cronista, però il Tg1 ha trasmesso questo video in cui sono state filmate in volto alcune prostitute, incluse quelle con cui chi filmava non ha neppure parlato. Senza alcun rispetto della privacy sono state perciò messe alla gogna di fronte a milioni di telespettatori.

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La leggenda è reale: sono una puttana (e il motivo per cui non lo dirò mai alla mia famiglia)

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Da Intersezioni:

La mia famiglia sospetta da tempo che io sia una puttana.

Tutto è cominciato con il mio ex. Da abusante manipolatore quale è, ha divulgato questa informazione ad amici comuni (che l’hanno usata poi contro di me quando ci siamo lasciati), alla mia famiglia e, probabilmente, alla sua. Mia madre mi ha preso da parte, più volte, chiedendomi: “E’ vero? Sai che puoi dirmelo, puoi dirmi tutto e io ti vorrò sempre bene”.

La verità è che mi piacerebbe parlarne con la mia famiglia. Attualmente mi sto dedicando alla scrittura utilizzando uno pseudonimo, perché non voglio che la mia famiglia scopra il mio lavoro… Il che è un vero peccato, perché sono davvero molto orgogliosa di quello che ho realizzato finora e spero di avere un certo successo attraverso il self-publishing. Allora perché non ho ancora fatto outing? Perché non lo facciamo tutte?

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L’abc dell’abolizionista – no-choice – della prostituzione

UntitledTu dici che ci sono alcune donne che scelgono di fare quel mestiere e vogliono ottenere una regolarizzazione e arrivano crociati e crociatesse armati di bibbie abolizioniste in grado di rincoglionire finanche una che si è fatta tre dosi di anfetamina. Iniziano con toni quasi gentili, pacati e densi di preoccupazione per quelle “poverette” e già lì tu senti odore di movimento no-choice lontano un miglio. Dici a te stessa che devono aver scambiato quelle donne per feticci incapaci di intendere e volere.

Dopodiché procedono, un minimino più aggressive sostenendo che la “maggiorparte“, tutto unito, delle sex workers sarebbero sfruttate e questa statistica arriva dai loro saperi biblici simil antiabortisti, della serie “tutte le ragazzine usano l’aborto come contraccettivo“, si si, come no, oppure “con i contraccettivi si muore” e vai col terrorismo psicologico.

Non mancano rimandi morbosi un minimino trash/splatter in cui la no-choice immagina se stessa, credo, in mezzo a 40 uomini dotati di venti cazzi l’uno, e tutti quanti con corna indiavolate, la coda, il fumo che esce dalle orecchie e dunque il racconto presenterà sempre più passaggi truculenti. Codesta è la verità vera che capita alle prostitute, capito? E tu che invece dici che fai la puttana per scelta sei una zoccolona, ecco, o come minimo sei un pappone travestito o sei una zoccola riccona che non sa un cazzo su quello che succede alle “poverette“.

Procede musica in crescendo, i toni si fanno un po’ più alti, arriva la risposta da parte delle sex workers per scelta che davvero non capiscono. Dicono, siamo le prime a non volere sfruttamento e proprio per questo vogliamo che tutte quante possano essere libere di scegliere, senza dipendere da nessuno, senza che ci sia l’obbligo di nascondersi, affidarsi a gente che ti fa svolgere il lavoro in clandestinità, ed è giustissimo che quelle che non vogliono fare questo mestiere debbano avere l’opportunità di fare altro. Perciò chiediamo subito leggi che riconoscano un reddito di diritto, che ci sia spazio per altri lavori per chiunque, incluse le trans che a parte vendere servizi sessuali più spesso non sanno cosa fare. Chiediamo che i migranti e le migranti possano circolare liberamente senza affidarsi a criminali e poi chiediamo che quando si spostano sia loro riconosciuto titolo di studio o che sia data una possibilità altra, se ne hanno voglia.

sex workers 3E invece no. Qui l’abolizionista si inalbera. E’ stanca, un po’, in effetti. E’ andata in giro per pagine facebook e profili a evangelizzare sulla miseria dello sfruttamento da parte del maschio sulla donna sempre vittima di scelte altrui e nel pomeriggio comincia ad accusare. Arriva l’argomento clou: e allora la tratta?

Ma chi la nega, porcpeppurcaccmaledizione, s’è detto che qui sei tu, o car@ evangelizzatrice, autoritari@, tirann@ che hai da imporre il tuo verbo e chi non è d’accordo con te come minimo è un criminale, amico del criminale, criminale travestito e comunque il femminismo è tuo e dove inizia e termina, ‘sti cazzi, lo decidi tu, nevvero?

Osi rispondere: mah… il punto è che un divieto… la repressione… lo stigma… la marginalizzazione… ma perché? Non siamo mica tutte uguali e anche se fosse che ci sono quelle che godrebbero di più a fare altri mestieri, finché non trovano cosa fai? le mantieni tu? dovranno fare marchette venendo a casa tua? offri tu loro un affitto? da mangiare? un reddito? sarai mica come quelle dei centri aiuto life che ti danno 100 euri per un anno di delizia materna pur di affermare il principio che l’utero è di tutti e si dovrà fare quel che dicono loro?

Che poi ti arrivano con argomenti sempre più patetici: c’abbiamo ragione noi, borghesi, con il culo caldo, mestieranti del non fare un cazzo, e siamo qui con le coperte pronte a fare soccorso da tastiera mentre continuiamo a descriverti i centimetri di carne a brandelli (altrui) di cui sarebbe sempre fatta quella professione. Tu, oh fanciulla, non andare, datti all’amor borghese, io c’ho parlato, sai? Ho la puttana, nigeriana of course, sul pianerottolo che mi piange sempre e quella si che è una donna con i contro cazzi. A me importa che mi dica che c’ho ragione io. Poi, se non c’ha un soldo per campare e farà la lavaculi dall’anziano per due soldi e chissenefotte. Il mondo procede per princìpi. I miei.

defendwomenmyjob2Sapete bene che l’abolizionista medi@ è arrivat@ a un tale livello di ossessione e paranoia che s’è inventat@ altri profili per lurkare impunemente quelle che considera nemiche. Per essere brav@ non si svela. Ci mette pure il like, contorcendosi per lo schifo, ai post in cui si parla di sex working libero. Poi riferisce al gruppo e s’organizzano per nuove spedizioni evangelizzatrici. All’estero pare facciano così. Chissà in Italia.

Ordunque ti dimostro, che il mondo non può essere libero. Ci vuole polso duro, con piglio autoritario, perché altrimenti, senza ordine nelle mutande dove andremo a finire? E quando non ce la fanno a raccontarti più le gran balle che propinano per giustificare l’autoritarismo che li/le caratterizza infine sbottano con insulti sessisti e moralisti. E allora, ecco che c’è: quella che ama fare la zoccola è perché è depravata, ninfomane e perversa. NoiArtre siamo “normali” e a noi di fare pompini e seghe a pagamento ci dispiace. A tale affermazione interviene l’omo, il cavaliere senza macchia e senza paura, che sguaina l’elemento rafforzativo: l’uomo vero sono io che non vado a puttane neanche quando sono loro a chiedermelo.

Potrebbe capitarvi nei vostri spazi di dover ospitare ragionamenti di codesto tipo. Badate: se rispondete a tono e avete fior di argomenti per affermare che è sbagliato disconoscere, screditare, perennemente i soggetti per sostituirsi a loro, se dite che le società non si possono regolare in funzione di valori imposti, finisce che poi vi fanno pure gli status e i post ritorsivi. Siete cattive, cattivissime, cattiverrime. E questo è quanto.

Bonne Nuit! 🙂

—>>>Leggi anche le avventure della #MilitanteAntiporno

Leggi anche:

E: Tutti i post che riguardano il sex working

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#StigmaKills: I funerali per #Andrea che legittimano una società transfobica

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Andrea riceve benedizioni e funerali e i grossi quotidiani ne parlano per raccontare della svolta progressista della chiesa e di politici “diversi” che si commuovono quando si parla di violenza sulle trans.

Il punto è, per dirla con le Cagne Sciolte, che:

Andrea è una sorella, colombiana, transessuale uccisa a bastonate a Termini nel luglio scorso. Una vita al margine della società classista, sessista, omofobica, transfobica, puttanofobica che oggi le regalerà un funerale in cui vescovi e politici faranno passerella caritatevole su un corpo che, quando è vivo, viene invece combattuto con lo stigma e la repressione.

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