Il giorno in cui mi resi conto di avere un problema cercai di rintracciare il capo del filo per raggomitolarlo e trarne l’illusione di poter tenere insieme il caos della mia vita. Lessi libri e articoli per tentare di razionalizzare quello che non potevo razionalizzare e alla prima seduta da uno psichiatra, specializzando in disturbi alimentari, andai con una diagnosi, dissi che stavo sprofondando nella depressione e nell’isolamento e che mi era quasi impossibile fare cose che per altri sembravano normali. Chiedere aiuto, rispondere al telefono, recarmi da un medico, andare in farmacia, organizzare una mia eventuale agenda di appuntamenti. Secondo le regole della Regione in cui vivo il reddito del mio compagno (pur se impiegato per la maggior parte nel pagamento dell’affitto e delle bollette) supererebbe di un minimo una certa fascia che non mi consente di pretendere la gratuità degli interventi sanitari e della prescrizione dei farmaci. Perciò per 15 anni ho pagato ticket e farmaci che secondo il ministero non rientravano in quella rete di necessità al punto da stabilirne la disponibilità gratuita per chiunque. La difficoltà di comunicazioni telefoniche e la totale alienazione di certi miei periodi di chiusura in me stessa mi hanno impedito di disdire alcuni appuntamenti e qualche giorno fa la burocrazia mi ha presentato il conto facendomi pagare non solo i ticket delle visite che non ho fatto ma anche le more per il ritardo del pagamento. Questi sono i paradossi che ho dovuto affrontare in questi anni in cui da un lato tentavo di tenere sotto controllo quel che potevo di me stessa e dall’altro venivo punita perché non ero in grado di farlo.
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Tso senza una ragione?
Mi è arrivata un’altra lettera questa volta da parte di un ragazzo che mi ha raccontato di ciò che gli è successo due anni fa. L’argomento è sempre lo stesso e cioè il principio secondo il quale alcuni pensano di fare del bene ledendo la tua dignità. All’epoca lui aveva 23 anni e stava bevendo assieme un gruppo di amici in una città del Nord e ad un certo punto uno dei suoi amici cominciò a sclerare e alcune persone presenti alla scena chiamarono la polizia che arrivo’ accompagnata da un’autoambulanza. La polizia registrò l’accaduto come una questione di ordine pubblico ma quel che avvenne poi dipese da un medico che accompagnava alcuni volontari e che decise che uno dei ragazzi, appunto il 23enne avesse bisogno di immediato aiuto.
Non si capisce per quale ragione presero di mira lui ma fatto sta che lo portarono in psichiatria usando il trattamento sanitario obbligatorio per ricoverarlo in una situazione che lui definisce la kafkiana. Quando l’altro ragazzo sclerava il ventitreenne tentava di farlo smettere e poi semplicemente si tirò indietro e e sedette sul marciapiede perché gli girava la testa dato che aveva bevuto un po’ troppo. Il fatto che fosse ubriaco non giustificava un TSO. Tantomeno giustificava il fatto che lui fu costretto a restare in un reparto psichiatrico in contenzione per i primi due giorni e sedato per i successivi cinque giorni. Gli attribuirono deliri e disturbi di vario tipo di cui lui non soffriva affatto perché era uno studente brillante che stava semplicemente trascorrendo una serata con gli amici dopo aver dato un esame che gli era andato bene. Si ribellò in tutti i modi al ricovero forzato e per questo lo tennero legato per due giorni e sedato per il resto del tempo dichiarando che lui avrebbe potuto farsi del male o farne a qualcuno.
Continua a leggere “Tso senza una ragione?”La psichiatria non sa nulla di disturbi alimentari. Esperienze e traumi ignorati.
La prima volta che mi recai da uno psichiatra per i disturbi alimentari non volle sapere nulla di me. Disse semplicemente che dovevo cambiare abitudini e modo di pensare perché nel pensiero distorto stava la malattia. corretto quello sarebbe andato tutto bene. Ho partecipato a decine di terapie per la rieducazione alimentare e il primario, col suo stuolo di specializzandi, ci dava la sua benedizione, dettava ordini sui farmaci da prescrivere e la nutrizionista svolgeva un ruolo di controllo. I day hospital venivano realizzati per le pazienti anoressiche e bulimiche e i toni rivolti soprattutto alle anoressiche erano intimidatori. Se non mangia sai che domani ti peso e se non hai preso almeno cento grammi ti rimettiamo il sondino nasogastrico. Così l’anoressica piangeva e tra le lacrime mangiava le sue carotine e un po’ di pasta in bianco. Ma il peso di giorno in giorno varia per una serie di motivi per cui non la bilancia non è affidabile se ti pesano tutti i giorni. L’anoressica tornava stremata dalla visita e le imponevano il soldino nasogastrico anche se aveva mangiato tutto quello che era destinato a lei. Il comportamento di psichiatri e nutrizianista faceva insorgere un cameratismo tra le pazienti che così aiutavano le ragazze aumentando la porzione o diminuendola senza che i medici se ne accorgessero perché non c’è nulla di più deleterio delle minacce e dei ricatti.
Continua a leggere “La psichiatria non sa nulla di disturbi alimentari. Esperienze e traumi ignorati.”Sono una “madre cattiva” e volevano farmi l’elettroshock
Un’altra madre cattiva si unisce al coro:
Lei scrive:
Vorrei partecipare alla discussione sulle madri cattive. Io sono una di loro. Ho partorito una bambina che ho sentito subito come estranea. Non sentivo alcun istinto materno e non avevo alcuna voglia di restare con lei. I miei familiari mi dicevano che era normale all’inizio sentirsi così distaccate e continuavano a propormi il volto di quella bambina tentando di suscitare in me tenerezza e compassione che in realtà non provavo. La allattavo per dovere ma credo che il mio corpo si sia ribellato e ad un certo punto dopo appena un mese non avevo più latte da darle e così lei fu nutrita col latte artificiale. Dopo la sua nascita sentivo solo un gran dolore per l’utero che si contraeva mentre il sangue continuava a scorrere come un fiume in piena. Dei miei dolori non si occupava nessuno. A tutti importava soltanto che io mi occupassi della bambina e che in me nascesse un sentimento d’amore che non nacque mai. Di notte avevo gli incubi perché i sensi di colpa mi facevano stare male e così esorcizzavo immaginando che alla bambina accadessero cose terribili e io non facevo mai in tempo a soccorrerla.
Continua a leggere “Sono una “madre cattiva” e volevano farmi l’elettroshock”La ragione dell’isolamento della bulimica
Anche oggi tra i contributi arrivati sulla pagina facebook di Abbatto i Muri per la Campagna #tuttacolpamia ce n’è uno che merita una riflessione, almeno da parte mia che ho lo stesso problema.
Se il cibo non fosse visto in termini ricattatori, non solo in una coppia, come la storia che ella racconta, ma anche e soprattutto in famiglia, la bulimica non avrebbe alcuna ragione per trincerarsi nell’isolamento più assoluto. In questa nazione dove il magna magna generale, festivo, domenicale, natalizio e pasquale è una sorta di compensazione per ogni altra carenza affettiva, è difficile per una persona che soffre di disturbi alimentari far parte di tutto questo o non farne parte senza che lei non nutra sensi di colpa.
Continua a leggere “La ragione dell’isolamento della bulimica”Cronache postpsichiatriche: considerazioni su salute mentale e Psichiatria
Appunti per la mia autobiografia.
Se avete letto fin qui sapete già che sono una paziente affetta da disturbi dell’alimentazione e da depressione maggiore. In terapia presso l’Asl, seguita da una psichiatra del centro salute mentale territoriale. Saprete anche che ho richiesto più volte assistenza psicologica che l’Asl non mi ha fornito e che infine ho dovuto trovare da sola a pagamento, con un costo pari a 50 euro a seduta. I miei disturbi hanno sicuramente origine nell’adolescenza e derivano da numerosi maltrattamenti subiti in famiglia e da traumi violenti vissuti con il mio primo matrimonio. Tuttavia i disturbi da stress post traumatico non sono stati presi in considerazione nel trattamento della mia malattia. Con i primi psichiatri di Careggi, in cui vive una struttura aperta, con day hospital attivi soprattutto con un’attenzione rivolta a chi soffre di disturbi alimentari, ho ricevuto prescrizioni di farmaci antidepressivi e un approccio cognitivo comportamentale che in definitiva non mi è servito a nulla. Non è stato del tutto inutile ma di fatto i miei disturbi sono peggiorati aggiungendo l’agorafobia alla mole già carica di problemi che avevo. Psichiatri e psicologi si sono accorti della possibilità di realizzare incontri online, in video chiamata, solo durante il lockdown. Se questa opzione mi fosse stata offerta prima forse non mi sarei sentita del tutto abbandonata a me stessa. Il principio secondo cui il paziente si deve assumere la responsabilità di recarsi agli appuntamenti dovrebbe essere saggiamente valutato in relazione alle difficoltà accessorie che il paziente deve affrontare per uscire, usare un’automobile, stare in mezzo al traffico, trovare parcheggio, e tutto ciò se nel frattempo non interviene un attacco di panico.
Continua a leggere “Cronache postpsichiatriche: considerazioni su salute mentale e Psichiatria”Cronache postpsichiatriche: slegalo subito, contro la contenzione nei reparti psichiatrici

Da quando ho cominciato a parlare di quello che ho vissuto e ho visto nei miei ricoveri si sono moltiplicati i commenti e ora giungono anche testimonianze anonime di pratiche di contenzione che potrebbero essere illecite. Mi hanno informato circa l’esistenza di una iniziativa che si chiama Slegalo Subito, con una petizione che ho immediatamente firmato. Quindi intanto diffondo questo per rendermi utile come posso dato che, anche se in ritardo, ho sqputo di questa pratica solo per averla vista messa in atto con i miei occhi. Quello che la ragazza della testimonianza anonima dice è comunque vero. Non è facile per un o una paziente farsi sentire su qualunque cosa succede in reparto perché è un’istituzione forte, non diversa dal carcere per certi aspetti, dove le porte sono blindate e nessuno può controllare. Neppure i parenti dei pazienti in tempo di Covid possono entrare a far visita e se viene messa in atto una contenzione su una persona maggiorenne non serve neppure l’autorizzazione dei parenti (da quel che so). Per i minorenni possono forse chiedere autorizzazione a contenere ma non sappiamo se spiegano quanto consti la durata della contenzione. In definitiva una paziente di anoressia, per timore che si tolga il sondino che andrebbe rimesso, può restare in contenzione più giorni senza che la paziente possa farci niente.
Continua a leggere “Cronache postpsichiatriche: slegalo subito, contro la contenzione nei reparti psichiatrici”Psichiatria e farmaci: non rappresentano sempre il demonio
Vorrei raccontare il mio punto di vista su un argomento che penso vada trattato senza usare stereotipi. Leggo i commenti sotto un post che parla di depressione e tali commenti generalizzano su quel che è oggi la psichiatria e sulla pericolosità degli psicofarmaci. Dal personale al politico, eccomi.
Anch’io so quanto sia stata dannosa la psichiatria per le donne e quanto potrebbe esserlo ancora oggi ma, la mia esperienza mi dice che, bisogna valutare di caso in caso. Dopo che mi è stato diagnosticato un problema che richiede terapie continue la mia voglia di vivere e lottare per un po’ è venuta meno. Non sapevo fino a quel momento quali effetti potesse avere la depressione. Soffrivo già di disturbi alimentari ma non avevo considerato di rivolgermi ad uno psichiatra. Avevo invece intrapreso un rapporto di analisi con una brava psicologa che mi ha aiutato molto. La vita, le tante cose da fare, hanno fatto il resto. Fortuna che ci sia un lato di me che prende le cose con ironia e anche questo mi ha aiutato.
Ma quando mi sono sentita vulnerabile e impotente tutto è tornato a galla e quel tutto comprendeva un livello di depressione che mi ha impedito di uscire di casa per molto tempo, ha resettato i miei tempi di vita, non avevo interesse per tante cose che mi avevano reso attiva fino a quel momento e con molta difficoltà, conoscendo le battaglie dei collettivi antipsichiatrici, ho dichiarato a me stessa che non ce l’avrei fatta da sola e così ho chiesto aiuto.
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Il muro che ho abbattuto nella mia mente
Lei scrive:
Ciao Eretica,
ti scrivo perché ti ammiro molto. Ammiro il tuo blog e il piccolo spazio di aria pura che hai contribuito a creare qui sul web.
Vorrei parlarti di un muro che sono riuscita ad abbattere e di quanto questo mi faccia sentire una persona più completa ma anche incompresa dai miei amici. Si, perché quando rifletto su questi temi con le persone a me piu care mi trovo circondata da sdegno e incredulità. È per questo che ho deciso di scrivere proprio a te.Continua a leggere “Il muro che ho abbattuto nella mia mente”