Autodeterminazione, Critica femminista, Culture, R-Esistenze

Undici consigli per essere un* buon* complice nella lotta

(articolo pubblicato originariamente da Lysandra, Sarah Zouak e Justine Devillaine dell’associazione Lallab a questo indirizzo – traduzione di Luana e revisione di Benz del Gruppo di lavoro Abbatto I Muri)

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Quando noi presentiamo l’associazione Lallab, avviene una cosa buffa: non otteniamo affatto le stesse reazioni! «Noi» vuol dire Sarah, musulmana, e Justine, atea, entrambe cofondatrici di Lallab, realizzatrici della docu-serie Women SenseTour in Muslim Countries e femministe.

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Antiautoritarismo, Antifascismo, R-Esistenze, Recensioni

Roma negata di Scego – Bianchi. L’Italia rimossa tra percorsi postcoloniali e ritorni di colonia

da Carmilla (Via Incroci De-Generi)

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Da noi il viaggio di migrazione si chiama tahrib e il sentimento del viaggio si chiama buufis. Ho sempre trovato la parola buufis una parola allo stesso tempo inquietante e bellissima. Nella lingua corrente buufis significa gonfiare. Si gonfia una ruota, un palloncino. Ma si gonfia anche la speranza. Ed è questo significato della parola che si è imposto in questo triste ventennio di guerra civile somala.Buufis, mi ha detto una volta un ragazzo richiedente asilo, è come l’amore, è qualcosa di inspiegabile, ti prende alle viscere e tu non sai bene perché. E’ la voglia, mi ha detto, che hai di cambiare vita, di migliorare la tua situazione. Ilbuufis ti fa scappare da guerre, dittature, da torture, da stupri. Ma il buufis l’ho visto anche in Italia, nei giovani che vanno in Germania o Inghilterra in cerca di lavoro, per cambiare situazione di vita.

Igiaba Scego, Rino Bianchi, Roma negata. Percorsi postcoloniali nella città, Ediesse, p. 44

Il buufis, ossia la voglia di viaggiare intesa come diritto alla mobilità e insieme alla conoscenza, attraversa e muove i percorsi postcoloniali di Igiaba Scego e Rino Bianchi in una Roma negataripercorsa in un alcune tappe fondamentali scandite non solo da monumenti, strade, piazze, ma anche dai volti fotografati dall’obiettivo di Rino Bianchi. Un processo, dunque, di attraversamento e di riappropriazione dello spazio urbano, volto a decolonizzare lo sguardo e risignificare gli spazi, rivendicando una storia comune.
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Recensioni

Per una genealogia dell’immaginario tentacolare. “Tentacle erotica. Orrore, seduzione, immaginari pornografici” di Marco Benoît Carbone

Da Incroci De-Generi:

Scritto a quattro mani con Elisa Fiorucci per TSYM Literary review

Benoît Carbone, Tentacle Erotica. Orrore, seduzione, immaginari pornografici, Mimesis, Milano-Udine, 2013 ISBN:978-88-5751-673-8. Prefazione di Massimo Fusillo

Partiamo da un tentativo di definizione. Benché il Tentacle Erotica – o Tentacle Rape, oppure ancora Tentacle Porn – non rappresenti un corpus unico e unidirezionale, esso fa riferimento ad uno strano tropo visuale che fa leva sul potenziale metaforico del polpo. E che, a partire dall’ultimo decennio, si intreccia ad una particolare declinazione dell’immaginario sessuale in cui entità dotate di tentacoli – che hanno nel polpo la matrice comune – intrecciano rapporti sessuali con personaggi umani, per lo più figure femminili di cui non sempre è certa la consensualità.[1]

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Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, Femministese, R-Esistenze

#solidarityisforwhitewomen in America. E in Italia? la differenza di genere rimuove la differenza di classe

white peopleDa Incroci De-Generi:

E’ di questa settimana ferragostana l’esplosione in rete dell’hastag  #solidarityisforwhitewomenche si è velocemente diffuso tra i/le netizens worldwide, accendendo i riflettori  sulla tendenza all’esclusione dal dibattito delle femministe nere a opera di quelle femministe radicali, bianche, middle-class che si autoeleggono rappresentanti di tutto il cosiddetto genere femminile, stabilendo i punti all’ordine del giorno di un’agenda politica che vogliono  tenere in mano solo loro.  In breve, l’hastag è stato lanciato da Mikki Kendall in risposta a Hugo Schwyzer, docente americano di studi e storia di genere che si autodefinisce un femminista. Schwyzer, ripetutamente criticato dalle femministe nere a causa del suo disinteressamento per le donne in condizioni di marginalità come le non-bianche e quelle che non appartengono al ceto medio, ha così risposto di essere particulary awful to women of color.

L’hastag ha avuto eco anche in Italia, dove sostanzialmente il dibattito femminista è monopolizzato dalla corrente del pensiero della differenza che sembra ignorare totalmente cosa sia l’intersezionalità. Anche in Italia, infatti, coloro che pretendono di parlare a nome di  tutte sono bianche, appartengono alla borghesia medio-alta e hanno abbracciato un’ottica esclusivamente eterosessuale. Detto questo, punto, per loro non c’è altro.

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