Critica femminista, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, R-Esistenze, Storie

Molestie su minori e omertà a protezione dei pedofili

Vi parlerò di due casi, di cui sono a conoscenza. Perché di questo argomento infido parlano fin troppo senza sapere nulla, molto spesso di pancia ma non è un argomento che va affrontato di pancia ma con la testa.

Il primo: padre molesto, stupratore, di cinque figlie. Sono scappate tutte, prima o poi, anche prima della maggiore età. Non seppero salvarsi a vicenda. Madre assente, totalmente presa dal ruolo della matrona meridionale che con il cibo intende saziare appetiti e cancellare ogni problema. Se quando la prima delle sorelle fuggite avesse detto alla successiva vittima quello che le sarebbe capitato e così via fino all’ultima ragazzina, almeno alcune di loro avrebbero vissuto senza quel trauma. Ma in quella famiglia si sviluppò un misto di amore e odio per cui quando il padre cominciò a guardare con altri occhi la sorellina, quella più grande ne fu indispettita, si sentì abbandonata. Quello era l’unico modo che lei aveva per sentirsi amata dal padre e quel misto di sentimenti e vergogna, sensi di colpa e coinvolgimento emotivo la portavano a non vedere di buon occhio la sua rivale. Mi raccontarono di un gioco che il padre usava fare, la sera, dopo aver bevuto, con la moglie già a dormire, come fanno le brave casalinghe, pronte a svegliarsi presto l’indomani, il padre chiedeva alle bambine di ballare, in camicia da notte, e lui applaudiva, le faceva sentire speciali, poi riservava il gioco più speciale ad una sola, finché rimase l’ultima, la più giovane, fuggita di casa a sedici anni, per raggiungere le sorelle maggiori. La prima, per poter andare via, aveva accettato di sposarsi e accolse con sé tutte le altre, poi si separò, rimasero solo loro, le sorelle. Il padre non smetteva perché le bambine crescevano, perché continuava, fino all’adolescenza. Dunque non si può proprio parlare di una “malattia” quanto del vizio del padre padrone di coltivare un harem con figlie femmine pronte a sostituire l’indesiderabile moglie.

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Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze

Come insegno a mia figlia a difendersi dal sessismo quotidiano che dovrà subire?

Lei scrive:

La prima lezione che ho imparato a proposito del sessismo l’ho ricevuta a 9 anni. Ebbi le mestruazioni abbastanza precocemente e mi spuntarono le tette che su una bambina facevano abbastanza impressione. Io mi sentivo a disagio e le mie compagne e i compagni mi sfottevano continuamente. Ma quella lezione la ricevetti da un uomo adulto che mi invitò a prendere un gelato chiamandomi “bella signorinella” sollecitandomi a mostrare i miei seni. Io rifiutai, naturalmente e da bambina qual ero risi perché mi sembrò scemo. Ma lui fu solo il primo di una serie che vedevano nelle tette un segno di crescita sessuale. Non riuscivano a reprimere parole e pensieri e io mi chiedo oggi come sia possibile che un uomo adulto non provi vergogna quando guarda una bambina e vede solo un oggetto sessuale.

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La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze

Come devo chiamare mio padre? Morboso pedofilo?

Lei scrive:

Ciao a tutt*. Vorrei porvi delle domande su una mia situazione molto personale per avere un riscontro esterno. Vi prego di avere sensibilità e usare toni consoni perché è un tema delicato e mi è molto difficile parlarne.

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Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze

Avevo nove anni e lui già abusava di me. La violenza nella “famiglia tradizionale”

Lei scrive:

Cara Eretica,

la prima volta che mi toccò avevo appena compiuto nove anni. Non sapevo niente e mi insegnò tutto. E’ complicato da spiegare ma io pensavo davvero che quello fosse amore. Non potevo rendermi conto di quanto fosse sbagliato. Lui mi invitava a toccarlo e non c’era aggressività nei gesti. Mi convinceva con le parole e io credevo fosse normale. Quando a 13 anni mostrai interesse verso un compagno di scuola cominciai a vivere le prime difficoltà. Sapevo che quello che stavo facendo non era giusto e mi sentivo in colpa per questo. Volevo vivere e quello che provavo nei confronti del mio coetaneo era un sentimento nuovo. Non dovevo toccarlo per dimostrare il mio amore e mi fermavo solo a sognare cose semplici, andare in giro mano nella mano, baciarsi dolcemente, fermarsi a guardare il mondo e ridere di tutto.

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Personale/Politico, Recensioni, Storie, Violenza

Leaving Neverland: Michael Jackson, presunto pedofilo, e le madri dei bambini

Ho visto il documentario e ciò che a mio avviso viene fuori con maggiore intensità è il fatto che ad essere colpevolizzate degli abusi subiti da Wade Robson e James Safechuck sono le rispettive madri. Entrambe fuggite da una dimensione provinciale e con l’idea di poter lasciarsi alle spalle anche matrimoni “normali”, le due donne alla fine dichiarano il proprio fallimento, il fatto di non essersi rese conto di niente ma figli e nuore sembrano non riuscire a perdonarle. La madre di Wade Robson, soprattutto, colei che dall’Australia è partita lasciandosi alle spalle un marito mentalmente fragile che poi finirà per suicidarsi. Ma anche l’altra madre che nel suo racconto elenca i numerosi benefici, anche economici, che dal rapporto con Michael Jackson le sono derivati. Viaggi in prima classe, in limousine, alloggi in ambienti da sogno, prestiti per acquistare case e promuovere le carriere dei figli. Accecate da questo non si sarebbero rese conto di quanto stesse accadendo sotto i loro occhi.

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Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

C’era una volta la bambina e il nonno che le insegnava a far “pompini” ai grandi

Lei scrive:

Cara Eretica, ti scrivo perché vorrei condividere la mia storia in forma anonima (è importante, vorrei tutelare la mia sicurezza).

Da qualche settimana vedo andare in onda su canale 5 la serie “Non Mentire”, che racconta la vicenda di un’insegnante che viene stuprata dal padre di un alunno, il quale è un brillante chirurgo vedovo, ricco, bello, sempre misurato, sempre cortese, sempre professionale, sempre puntuale, sempre il migliore. La protagonista lo denuncia la mattina seguente, ma lui nega tutto. E in assenza di prove, e di fronte all’apparente candore dell’accusato, il caso non viene portato avanti. Con il proseguire della serie, seguendo le ricerche della protagonista e conoscendo meglio il presunto stupratore, si scopre che la facciata scintillante nasconde in realtà una personalità oscura. Si scoprono altre vittime, si scopre una metodologia fissa nel modo di orchestrare le aggressioni (nel caso specifico, lui usava il GHB per rendere le vittime incoscienti), e si scopre addirittura che era stato lui stesso a premeditare il suicidio della ex moglie.
Ecco, vedere tutto questo passare in tv mi ha fatto l’effetto di una bomba.

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Critica femminista, R-Esistenze

Montanelli redento e donna adulta – madre del figlio di un quindicenne – al rogo?

Nel mio luogo di origine c’era un tizio che faceva catechismo e che si fidanzò, lui ventottenne, con una ragazza di tredici anni, vergine, sicché lui non correva il rischio di vivere con il timore di paragoni. In generale questa era la normalità, e non parlo di certo del dopoguerra. E’ un tempo molto più recente quello a cui mi riferisco. Ma quel che i maschi dicevano era che le femmine bisognava “allevarle” ovvero prenderle ancora giovani e poi crescerle per avere la certezza che quelle ragazze non avrebbero mai pensato ad un altro in termini sessuali. Una mia compagna di scuola a tredici anni era fidanzata con un uomo di trenta già laureato e specializzato in qualche campo della medicina. Era l’unica tra noi ad avere rapporti sessuali a quell’età e la famiglia di lei era d’accordo perché lui era un dottore e lei così aveva il futuro assicurato. Quindi al diavolo tutto quando c’era dii mezzo un buon partito. A quattordici anni io mi fidanzai con un ventunenne, io al liceo e lui all’università, e dopo un po’ già parlava di matrimonio prima che anch’io andassi all’università. C’era il pregiudizio secondo il quale le ragazze che andavano all’università sarebbero diventate non-oneste, un po’ zoccole diciamo. Perciò il maschio/alpha, per assicurarsene la proprietà, doveva battere gli altri sul tempo. Ovviamente dissi “è stato bello ma ciao!“.

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Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, R-Esistenze

Processo a carico del prete Illarraz, per accusa di abusi su minori

Ha avuto inizio il processo a carico di Jose’ Illarraz, il prete che ha abusato sessualmente di almeno sette minorenni, tra i 12 e i 15 anni, che erano sotto la sua tutela nel Seminario per minorenni di Parana’, negli anni tra 1985 e 1983.

L’inizio del processo e’ il risultato di una lunga lotta delle vittime per far ascoltare le loro denunce e, organizzati dalla Rete dei Sopravissuti all’Abuso Ecclesiastico, hanno lottato per evitare la prescrizione della causa e l’impunita’ dell’abusatore. Uno dei primi testimoni ha denunciato, fin dall’inizio del processo, il tentativo di coprire i fatti, per proteggere Illaraz, da parte delle autorita’ ecclesiastiche dell’Arcivescovato di Parana’, alle quali il denunciante si rivolse al tempo dei fatti. Le stesse autorità che, presa visione dei fatti, non fecero nulla.

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Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie, Violenza

Stuprata a sette anni: mi racconto, per guarire

Lei scrive:

Cara Eretica,
Inizio pregandoti di farmi restare anonima, e sperando di non annoiarti con questa lunga storia, che è il mio modo di denunciare il mio passato, e ciò che oggi resta non denunciabile, a causa di una cultura che rende molto difficile il farlo, ma soprattutto a causa della mia vigliaccheria.

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Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie, Violenza

A tredici anni ero vittima di pedofili della rete

Ciao Eretica,

in questi tempi di notizie agghiaccianti, ho deciso di prendere coraggio e di rendere nota qui sul vostro blog, anche la mia triste storia.
Una storia di una ragazzina di 13 anni, lasciata troppo spesso da sola in casa.
Mia madre aveva due lavori, il giorno presso la sua attività di bar e ristorazione, la sera, in cucina alla pizzeria di mio padre, suo ex marito.

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Antisessismo, Comunicazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

Il maschio guardingo, la sorvegliante e l’albergo del pedofilo

Eviterei di analizzare il linguaggio di un post del 2007 ma mi dicono che continua a circolare su siti e forum di “mamme” e allora provo a dirvi quanto questo post mi ha fatto schifo. Sono donna, sono madre, odio i pedofili, tanto per precisarlo, perché ci sono cert* fanatic* che pensano che se non chiami pedofili tutti i padri, soprattutti quelli che vogliono stare con i figli, allora significherebbe che sei una sorta di complice. Ce lo insegna un bel libro di Luther Blisset: a furia di fare gli anti/pedofili si rischia decisamente di scadere nell’isteria collettiva e nella caccia alle streghe.

Il post comincia con un racconto del compianto Baldoni e fin lì, è un’esperienza di cui racconta, e va tutto quasi bene. Non fosse che un’esperienza non può essere usata per generalizzazioni. Poi parte con una paternale che comincia con “care mammine”, e lì già si è guadagnato la mia totale antipatia, e continua in un tentativo, rozzo, di spiegazione su quel che secondo lui sarebbe la sessualità maschile. Di tutti i maschi.

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Comunicazione, Critica femminista, Culture, Violenza

#Augias e #Fortuna Loffredo: “mai vista una bambina pettinata e conciata in quel modo”

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Ancora su Augias, perché è giusto che abbia diritto di replica, per quanto a mio avviso la sua replica non migliori il risultato della prima intervista. Intanto i genitori di Fortuna Loffredo hanno dichiarato di averlo querelato per diffamazione e tra chi si divide in gruppi pro e gruppi contro, cosa che qui vogliamo evitare perché non ci interessano le tifoserie, c’è chi cerca di spostare la questione dall’attacco personale a lui a considerazioni politiche e più specificamente riferite a quel che sappiamo di violenza sui minori.

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Comunicazione, Critica femminista, Violenza

#Augias e le bambine che si “atteggiano” a sedicenni

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La prima volta che ho sentito parlare di bambine che si atteggiano a sedicenni è stato quando ero piccola e mi hanno detto che facevo smorfie ed ero “ruffiana” come se fossi stata grande. Fin lì nulla di male perché lo dissero a proposito del rapporto che c’era con mio padre, adorato, che mi adorava. Poi mi è capitato di sentire da qualche uomo adulto che certe tredicenni si conciano come diciottenni e poi si lamentano se uno le stupra. Ed ecco che la questione comincia a diventare terreno di costruzione della cultura dello stupro. Le bambine si atteggiano, alcune, pensa un po’, usano perfino i trucchi e le scarpe col tacco della mamma, perché è un gioco e non un invito allo stupro. Come possa un uomo, da lì, iniziare a pensare che gli atteggiamenti di una bambina possano intendersi come ammiccanti inviti sessuali di certo non lo so ma so quello che viene detto in caso di abuso. Tante donne mi hanno raccontato di essere state accusate quando hanno svelato un abuso da parte del padre, dello zio, del fratello. Fai la smorfiosa, sembri una zoccoletta, e altri apprezzamenti del genere sono stati affibbiati a bambine che hanno subito non solo lo stupro ma anche l’omertà e l’assenza di empatia da parte delle donne di famiglia.

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La posta di Eretica, Personale/Politico, Storie, Violenza

Mia madre, complice omertosa di un pedofilo

Le complici dei pedofili sono tante, più di quanto immaginiate, perché per ogni abuso in famiglia c’è un intero clan a supporto, a protezione, omertosa, di chi abusa. C’è che a volte lei non vuol vedere o non le conviene perché veder abusato il proprio figlio o figlia, facendo finta di niente, le sembra meglio che finire sotto i ponti, con la fame e il freddo che colpirebbe entrambi. È una scelta coraggiosa quella di una donna che smette di proteggere il figlio, il fratello, il padre, il marito, il convivente, perché significa che lei ha evidentemente deciso di smantellare la propria rete di sicurezza, di rimettere tutto in discussione, per il bene di quella creatura. Che abbia meno di cinque anni o più di dieci poco importa, per quel che consegue al trauma dato alla sua vita intima, affettiva, sessuale.

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Critica femminista, Recensioni, Storie, Violenza

Thirteen, la serie tv che racconta di una bimba rapita

Thirteen è una serie televisiva che va in onda sul canale in web BBC Three. Si possono vedere le puntate, via via che le trasmettono, pagando un tot all’emittente. A parte farmi scoprire il gruppo musicale dei Dark Dark Dark, con la sigla In your dreams, fornisce una interpretazione formidabile sulla psicologia dei personaggi che ruotano attorno ad un rapimento, quello della piccola Ivy, sfuggita al suo rapitore tredici anni dopo. Potrebbe essere stata ispirata anche al rapimento di Natascha Kampusch, a Vienna, fuggita dopo otto anni di prigionia. La serie mi interessa perché ricordo perfettamente molti commenti fatti da chi assisteva con incredulità alla vicenda della Kampusch. Di lei, nei salotti televisivi, si diceva che fosse troppo controllata, ambigua, troppo a suo agio in televisione, che stava speculando su quella che potrebbe essere stata una ricostruzione fantasiosa di una che ad un certo punto si era semplicemente stancata del proprio “amante”.

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