Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Femministese, Precarietà, R-Esistenze

#Francia #sexworking: sanzionare i clienti perseguitando le prostitute

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Una aberrazione giuridica. Una legge incostituzionale. Un ritorno al passato, allo Stato Etico, con il controllo della moralità del sesso a pagamento tra uomini e donne. Protestano i/le sex workers in Francia e ovunque nel mondo si parla della forzatura operata con l’introduzione del fallimentare modello svedese con la penalizzazione dei clienti e, di fatto, il boicottaggio, l’ostracismo e la persecuzione dei/delle sex workers. Festeggiano le/gli abolizionist*, unici a pressare per ottenere l’imposizione di un modello morale che riduce tutte le prostitute in vittime di sfruttamento e tutti i clienti in criminali. Invece in Svezia le conclusioni rivelano quel che viene censurato dalla propaganda abolizionista. Penalizzare il cliente mette a rischio la prostituta che è costretta a lavorare in clandestinità, consegnandosi in mano a sfruttatori e avendo più probabilità di subire violenza o di essere contagiata da malattie sessualmente trasmissibili. Meno clienti e meno soldi e senza lavoro accetteranno anche clienti che lo fanno senza il preservativo, ed è questo che svelano i ricercatori quando si parla di modelli in cui si criminalizza il commercio di servizi sessuali.

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Da Parigi la Carta per abolire il rispetto per l’autodeterminazione delle donne

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Le “femministe” riunite a Parigi per dare il via ad una crociata – in alleanza con la Chiesa Cattolica, come più volte evocato dalle abolizioniste nostrane – hanno deliberato. Sulla pelle di tutte le donne. Di tutte noi. Cupola in rappresentanza dei femminismi tutti, come fossero cardinali ai quali manca solo di eleggere una Papa/essa.

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Maternità surrogata e oltre. Se non ora quando appellarsi al Parlamento europeo?

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da Incroci Degeneri

A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina diceva qualcuno, le cui parole sono ormai diventate letteralmente proverbiali.

Che all’improvviso una parte – per la precisione, le autoproclamatesi libere – delle SNOQ resuscitasse ex abrupto con un appello contro la maternità surrogata sembrava strano, dal momento che la gestazione per altri è vietata dalla legislazione italiana. Davvero non si capiva l’urgenza di prendere posizioni drastiche con tanta sbrigatività di fronte ad un nodo politico tanto delicato e complesso fino a quando è saltata fuori la data del 16 dicembre 2015 in cui al Parlamento europeo si voterà un emendamento contro la maternità surrogata proposto dal PPE all’interno della “Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia del mondo” La (non) sorprendente tempestività dell’appello, datato 4 dicembre, è già stata notata da Simone Alliva sull’Espresso; tale tempestività di sicuro non sorprende chi ricorda la nascita della creatura SNOQ e c’era in piazza il 13 febbraio 2011, allorquando le varie Comencini, Bongiorno, Fedeli, chiamarono in un’accozzaglia, pardon, adunata comune il “fronte delle donne” per dire basta alla de-gener-azione politica dell’era berlusconiana.

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Voglio camminare a fianco delle madri, delle puttane, delle donne grasse – di Virginie Despentes

AVT_Virginie-Despentes_2598E’ una intervista pubblicata su Liberation anche a proposito della pessima legge francese sulla prostituzione (alla quale è seguita analoga intenzione nel parlamento europeo) e delle sempre più pressanti posizioni neocolonialiste tra i femminismi. Tradotta da Agnes Nutter. Non condivido tutto quello che la Despentes dice ma eccovela. Buona lettura!

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“Voglio camminare a fianco delle madri, delle puttane, delle donne grasse”.

Di Cécile Daumas – 7 marzo 2014 (Libération.fr)

Intervista – Virginie Despentes si dispiace per la violenza delle opposizioni tra femministe:

Scrittrice, Virginie Despentes si è fatta notare nel 2006 grazie a un saggio femminista convincente, King Kong Girl. Difende le prostitute, le donne col velo, le lesbiche e le vecchie.

Perché essere contro la penalizzazione dei clienti (delle prostitute, N.d.T.) e contro la legge sul velo a scuola?

La penalizzazione dei clienti è utile al potere per controllare le immigrate clandestine. Non si tratta di proteggere le vittime della tratta, ma di opprimerle ancora di più. Il femminismo non dovrebbe essere strumentalizzato per permettere al governo di inasprire le politiche sull’immigrazione. Il colpo di stato delle banche nel 2008 ha precarizzato le donne, che sono i soggetti peggio accolti nel mercato del lavoro. Si potevano adottare misure diverse per inviare un segnale di solidarietà anziché dare addosso a chi sopravvive prostituendosi.

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Il Parlamento europeo contro le sex worker “Sono vittime da tutelare” e così le discrimina

di Angela Azzaro (da Gli Altri)

La risoluzione sulla prostituzione votata ieri dal Parlamento europeo è un fatto gravissimo. Con 343 voti a favore, 139 no, 105 astenuti è stato detto sì al modello svedese che punisce i clienti delle sex worker. Si è stabilito, con un documento che non ha valore vincolante e che è stato approvato da destra e da sinistrache sfruttamento della prostituzione e libera scelta stiano sullo stesso piano e che entrambi siano una forma di violenza e di misoginia.

La risoluzione è fondata sul rapporto dell’europarlamentare laburista Mary Honeyball (Pse) che è stato criticato dalla comunità scientifica e da 560 associazioni che si battono contro la tratta e per i diritti delle prostitute. I loro appelli a non approvare il testo sono caduti nel vuoto e dal Parlamento europeo è venuto un messaggio molto chiaro: la prostituzione è un male assoluto che va combattuto anche quando viene scelto liberamente. Si sono quindi bocciati i sistemi tedesco o olandese invece fondati sul riconoscimento dei diritti delle sex worker.

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I parlamentari europei ascoltino i/le #sexworkers invece che le abolizioniste

MDG: Prostitutes and members of the Union of Sex Workers demonstrate in Paris

Il Comitato del Parlamento Europeo e per la Parità di Genere decide in gennaio di sovradeterminare i/le sex workers in nome della salute e della sicurezza delle prostitute. L’approccio abolizionista, di stampo svedese, francese e anche britannico, è arrivato poi in parlamento europeo dove i parlamentari dovrebbero supportare il Rapporto Honeyball teso a dimostrare l’utilità dell’abolizionismo. Trovate in basso una lettera del Comitato Internazionale sui Diritti dei Lavoratori dell’Industria del Sesso in Europa che si oppone a tutto questo. Potete leggere anche il comunicato stampa che dall’Italia viene diffuso dal Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute e dall’Associazione Certi Diritti.

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L’abc dell’abolizionista – no-choice – della prostituzione

UntitledTu dici che ci sono alcune donne che scelgono di fare quel mestiere e vogliono ottenere una regolarizzazione e arrivano crociati e crociatesse armati di bibbie abolizioniste in grado di rincoglionire finanche una che si è fatta tre dosi di anfetamina. Iniziano con toni quasi gentili, pacati e densi di preoccupazione per quelle “poverette” e già lì tu senti odore di movimento no-choice lontano un miglio. Dici a te stessa che devono aver scambiato quelle donne per feticci incapaci di intendere e volere.

Dopodiché procedono, un minimino più aggressive sostenendo che la “maggiorparte“, tutto unito, delle sex workers sarebbero sfruttate e questa statistica arriva dai loro saperi biblici simil antiabortisti, della serie “tutte le ragazzine usano l’aborto come contraccettivo“, si si, come no, oppure “con i contraccettivi si muore” e vai col terrorismo psicologico.

Non mancano rimandi morbosi un minimino trash/splatter in cui la no-choice immagina se stessa, credo, in mezzo a 40 uomini dotati di venti cazzi l’uno, e tutti quanti con corna indiavolate, la coda, il fumo che esce dalle orecchie e dunque il racconto presenterà sempre più passaggi truculenti. Codesta è la verità vera che capita alle prostitute, capito? E tu che invece dici che fai la puttana per scelta sei una zoccolona, ecco, o come minimo sei un pappone travestito o sei una zoccola riccona che non sa un cazzo su quello che succede alle “poverette“.

Procede musica in crescendo, i toni si fanno un po’ più alti, arriva la risposta da parte delle sex workers per scelta che davvero non capiscono. Dicono, siamo le prime a non volere sfruttamento e proprio per questo vogliamo che tutte quante possano essere libere di scegliere, senza dipendere da nessuno, senza che ci sia l’obbligo di nascondersi, affidarsi a gente che ti fa svolgere il lavoro in clandestinità, ed è giustissimo che quelle che non vogliono fare questo mestiere debbano avere l’opportunità di fare altro. Perciò chiediamo subito leggi che riconoscano un reddito di diritto, che ci sia spazio per altri lavori per chiunque, incluse le trans che a parte vendere servizi sessuali più spesso non sanno cosa fare. Chiediamo che i migranti e le migranti possano circolare liberamente senza affidarsi a criminali e poi chiediamo che quando si spostano sia loro riconosciuto titolo di studio o che sia data una possibilità altra, se ne hanno voglia.

sex workers 3E invece no. Qui l’abolizionista si inalbera. E’ stanca, un po’, in effetti. E’ andata in giro per pagine facebook e profili a evangelizzare sulla miseria dello sfruttamento da parte del maschio sulla donna sempre vittima di scelte altrui e nel pomeriggio comincia ad accusare. Arriva l’argomento clou: e allora la tratta?

Ma chi la nega, porcpeppurcaccmaledizione, s’è detto che qui sei tu, o car@ evangelizzatrice, autoritari@, tirann@ che hai da imporre il tuo verbo e chi non è d’accordo con te come minimo è un criminale, amico del criminale, criminale travestito e comunque il femminismo è tuo e dove inizia e termina, ‘sti cazzi, lo decidi tu, nevvero?

Osi rispondere: mah… il punto è che un divieto… la repressione… lo stigma… la marginalizzazione… ma perché? Non siamo mica tutte uguali e anche se fosse che ci sono quelle che godrebbero di più a fare altri mestieri, finché non trovano cosa fai? le mantieni tu? dovranno fare marchette venendo a casa tua? offri tu loro un affitto? da mangiare? un reddito? sarai mica come quelle dei centri aiuto life che ti danno 100 euri per un anno di delizia materna pur di affermare il principio che l’utero è di tutti e si dovrà fare quel che dicono loro?

Che poi ti arrivano con argomenti sempre più patetici: c’abbiamo ragione noi, borghesi, con il culo caldo, mestieranti del non fare un cazzo, e siamo qui con le coperte pronte a fare soccorso da tastiera mentre continuiamo a descriverti i centimetri di carne a brandelli (altrui) di cui sarebbe sempre fatta quella professione. Tu, oh fanciulla, non andare, datti all’amor borghese, io c’ho parlato, sai? Ho la puttana, nigeriana of course, sul pianerottolo che mi piange sempre e quella si che è una donna con i contro cazzi. A me importa che mi dica che c’ho ragione io. Poi, se non c’ha un soldo per campare e farà la lavaculi dall’anziano per due soldi e chissenefotte. Il mondo procede per princìpi. I miei.

defendwomenmyjob2Sapete bene che l’abolizionista medi@ è arrivat@ a un tale livello di ossessione e paranoia che s’è inventat@ altri profili per lurkare impunemente quelle che considera nemiche. Per essere brav@ non si svela. Ci mette pure il like, contorcendosi per lo schifo, ai post in cui si parla di sex working libero. Poi riferisce al gruppo e s’organizzano per nuove spedizioni evangelizzatrici. All’estero pare facciano così. Chissà in Italia.

Ordunque ti dimostro, che il mondo non può essere libero. Ci vuole polso duro, con piglio autoritario, perché altrimenti, senza ordine nelle mutande dove andremo a finire? E quando non ce la fanno a raccontarti più le gran balle che propinano per giustificare l’autoritarismo che li/le caratterizza infine sbottano con insulti sessisti e moralisti. E allora, ecco che c’è: quella che ama fare la zoccola è perché è depravata, ninfomane e perversa. NoiArtre siamo “normali” e a noi di fare pompini e seghe a pagamento ci dispiace. A tale affermazione interviene l’omo, il cavaliere senza macchia e senza paura, che sguaina l’elemento rafforzativo: l’uomo vero sono io che non vado a puttane neanche quando sono loro a chiedermelo.

Potrebbe capitarvi nei vostri spazi di dover ospitare ragionamenti di codesto tipo. Badate: se rispondete a tono e avete fior di argomenti per affermare che è sbagliato disconoscere, screditare, perennemente i soggetti per sostituirsi a loro, se dite che le società non si possono regolare in funzione di valori imposti, finisce che poi vi fanno pure gli status e i post ritorsivi. Siete cattive, cattivissime, cattiverrime. E questo è quanto.

Bonne Nuit! 🙂

—>>>Leggi anche le avventure della #MilitanteAntiporno

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E: Tutti i post che riguardano il sex working

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Neofondamentalismo e dintorni parte II. Perché salvare la 194 non basta

Da Incroci De-Generi:

La legge? Lo so signora che c’è la legge, come no, la famosa 194, che ci protegge, è dalla legge che sto arrivando! Non le dico la trafila per trovare un medico che mi facesse il certificato d’aborto, la trafila per trovare un ospedale che mi mettesse in lista. Finalmente mi mandano a chiamare, vado dentro…obiettavano tutti, signora…obiettavano le infermiere, obiettavano quelli che scopano per terra, quelli delle analisi, come obiettava il cuoco! Ma che… ma che obiettore! Che se non ci fossero state quelle ragazze che hanno occupato il repartino saremmo crepate di fame. Poi è arrivata la polizia, sbatte fuori le ragazze e io mi sono spaventata, mi son detta: con questa legge va a finire che mio figlio mi nasce di 24 anni, mi nasce con già il militare fatto, bello che disoccupato, pronto per emigrare in Germania. E allora sono scappata e ho detto: lo faccio clandestino.

Alla fine degli anni ’70  una Franca Rame in forma smagliante nel monologo Tutta casa letto e chiesa denunciava  l’alto tasso di obiezione di coscienza che, all’indomani della promulgazione della legge 194/78, già rendeva l’applicazione della  stessa un percorso ad ostacoli per aggirare i quali in molte, tra coloro che potevano permetterselo, continuavano a pagare per abortire. Franca Rame portava così in scena una donna alle prese  con un compagno che la “strizzava dappertutto”, sempre  pronto, qualora lei si fosse mostrata recalcitrante ai piaceri di una penetrazione selvaggia, a rimproverarle i complessi delle pruderie dell’onore e del pudore inculcati da una educazione reazionaria, imperialista, capitalistico-massonico-austroungarico-cattolico-repressa, ma che, di fronte ad una gravidanza non prevista, risultava completamente sollevato  da qualsiasi preoccupazione.

In qualche modo,  Franca Rame sembrava recepire l’eco del dibattito animato da Carla Lonzi e dal gruppo di Rivolta femminile che, sin dagli inizi degli anni ’70, avevano manifestato una posizione critica di fronte all’aborto, ritenendolo una pura e semplice concessione del patriarcato, il quale, ben lungi dal mettere in discussione la sessualità tradizionale volta alla procreazione, la riconfermava in pieno scaricando poi sulle donne, e solo su di loro, l’onere di farsi carico di una gravidanza non desiderata e stabilendo i limiti entro i quali poterla interrompere. Ma ogni concessione, come è noto, può essere revocata non appena ragioni ritenute più importanti lo richiedano. Per questi motivi, diversi gruppi femministi osteggiarono la legge che legalizzava e regolamentava l’interruzione volontaria della gravidanza perché non chiedevano  una legge sull’aborto, ma rivendicavano la libertà di abortire e, prima ancora, l’affermazione di una sessualità libera,  non soggetta alle necessità di riproduzione della famiglia e dello Stato, espressioni del patriarcato.  Più o meno negli stessi anni, anche in America  il dibattito aperto dal caso Roe contro Wade aveva portato allo scoperto il conflitto tra scelta e legalizzazione dell’aborto. Grazie al movimento pro-choice era stata resa evidente la grande ipocrisia della retorica sulla legalizzazione, perché una reale libertà riproduttiva va ben oltre il semplice aborto legale e investe le condizioni di vita complessive – relazionali, affettive, ma anche materiali – in cui la donna si trova a vivere.

La legge 194/78 è, insieme allo Statuto dei lavoratori, uno dei risultati delle lotte che, tra gli anni ’60 e ’70, portarono ad importanti conquiste nel diritto del lavoro e di famiglia, ma,  ben lungi dall’avere una portata rivoluzionaria, ha semplicemente messo a tacere le istanze più sovversive e radicali del movimento femminista, perché ha rappresentato una mediazione di quel PCI che,  imboccata la strada della socialdemocrazia, era alle prese con i movimenti operai, studenteschi e femministi che contestavano le organizzazioni partitiche della sinistra istituzionale e sindacali, accusate di riformismo. Inoltre, il boicottaggio alla 194 è cominciato sin da subito, impegnando gran parte delle energie del femminismo italiano in una strenua difesa del rispetto della legge che dura da più di 40 anni. Ed oggi?

Il contesto storico che ha portato alla 194 è profondamente mutato ed il riformismo rimproverato allora alla sinistra istituzionale ha dato i suoi frutti, portando di fatto alla scomparsa della sinistra stessa a causa della sua capitolazione alle ragioni del capitale e al conseguente appiattimento sulle istanze liberiste della destra, che infine ha eliminato la fazione avversaria, fagocitandola. L’ondata neofondamentalista che attraversa oggi l’Europa e l’Italia accomuna la destra cattolica e reazionaria e quella che si ostina subdolamente a chiamarsi sinistra per comodità di schieramento, ma che nei fatti sostiene le stesse politiche neoliberiste e reazionarie, volte alla cancellazione dei progressi raggiunti un quarantennio fa, non solo in materia di diritto di famiglia, ma anche di diritto del lavoro. Ne è riprova il boicottaggio alla risoluzione Estrela portato avanti dagli europarlamentari renziani che, astenendosi dal votare, hanno così favorito le posizioni degli ultracattolici di destra e del movimento per la vita. Del resto, quella che ha  garantito l’esistenza di un cimitero dei feti è proprio la giunta di Renzi, l’acclamato neosegretario del PD che ora vuole somministrare come antidoto alla precarietà un job act già meritatosi  il plauso di Confindustria e della destra italiana.

A fronte di questo scenario inquietante, dove non esiste più nemmeno uno straccio residuale di dialettica destra/sinistra, limitarsi alla difesa della 194 non ha molto senso, anzi, è controproducente e rischia di avere come risultato l’adeguamento all’indirizzo antiabortista ed abolizionista europeo che altri paesi,  Spagna e Francia in testa, stanno gradualmente recependo nelle loro legislazioni. La stragrande maggioranza – ma per fortuna non la totalità – delle femministe italiane  sono state e continuano ad essere  impegnate – e distolte da altro, per esempio dalla politica economica – nella salvaguardia della 194 da circa quarant’anni: tenute a bada in una battaglia che, a ben vedere, è conservatrice nel senso letterale del termine, perché volta unicamente alla conservazione di una legge senza spostare avanti nemmeno di una virgola il discorso sulla libertà riproduttiva, che rimane confinato entro i limiti angusti della coppia e della famiglia eterosessuale, la cellula di cui necessitano lo Stato nazione e il capitale per riprodursi.

L’unica possibilità di arresto dell’onda neofondamentalista che, spazzata via la sinistra, rischia di travolgere l’Europa,  e noi con lei, non risiede nell’attestarsi su posizioni meramente difensive e di retroguardia, ma nella capacità di spezzare l’ordine del discorso dominante scavalcando i presupposti su cui questo si fonda. Dal momento che la legge sull’aborto è tarata su una sessualità  volta, per dirla con Carla Lonzi, al fine procreativo, più che chiedere la conservazione di uno strumento legislativo che riconferma la funzionalità della donna alla riproduzione sociale, è necessario rivendicare il diritto alla costruzione di una soggettività  che abbia le potenzialità relazionali, affettive e materiali per scegliere se, come e quando procreare e come disporre del proprio corpo, incluso quali parti mettere a valore, senza dover essere costretta a riprodurre l’ordine sociale funzionale a quello economico. Tali potenzialità si fondano tanto su una vita affettiva e sessuale libera dal dogma della procreazione come esclusiva della coppia eterosessuale,  quanto sulla disponibilità di  reddito. Occorre quindi superare una posizione di mera salvaguardia dell’aborto legale e riprendere il dibattito sulla più ampia libertà di scelta da dove è stato interrotto, o meglio strozzato, dal riformismo sinistrorso, connettendo le rivendicazioni attraverso cui  tale libertà può darsi e spingendole più avanti della sola difesa di una legge. Altrimenti, possiamo metterci l’anima in pace e cominciare sin d’ora ad abbassare i cartelloni con cui si chiede a mo’ di supplici di salvare la 194. L’onda lunga del neofondamentalismo, retaggio della santa inquisizione, non conosce pietà.

[di LaPantaFika]

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#Spagna: tra repressione delle lotte e criminalizzazione dell’aborto!

In Spagna si è discussa ed è stata votata alla camera una legge con vari divieti relativi pubbliche manifestazioni e soprattutto quello di pubblicazione di immagini in cui sono immortalati abusi della polizia. La legge, giusto per capire il terreno autoritario che la ispira, colpisce anche la prostituzione, ovvero applica quelle stesse due o tre regole che i nostri sindaci mettono nero su bianco nelle ordinanze pro/decoro per mandare nelle periferie buie le prostitute. La repressione legislativa è pensata anche contro la Pah, che è la piattaforma delle vittime dell’ipoteca (plataforma dels afectats per la hipoteca) un gruppo che va a criticare il sistema bancario che ha dato ipoteche e poi ha ridotto in rovina molte famiglie. Utilizzano gli Escrache, tecnica che consiste nell’andare in massa e urlare, svergognare, indicare, il bancario, direttore, politico di turno, generando cosí pressioni perchè tutti sappiano cosa fa, almeno nel suo ambiente di lavoro o nel suo quartiere.

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#Francia, 29 nov, manifestazione contro la legge anti/prostituzione

In Francia la proposta di legge sulla penalizzazione dei clienti delle prostitute sarà votata a breve. Il dibattito è fatto anche di delegittimazione aggressiva e invisibilizzazione delle istanze delle sex workers ed è sempre più infuocato. Molto di più, ovviamente, di quanto non lo sia in Italia dove frange legalitarie filo/istituzionali neofondamentaliste di area Pd/SeL, fedeli all’idea di amor borghese, rincorrono e insultano, sul web, chiunque non concordi con l’impostazione autoritaria abolizionista e, nei fatti, proibizionista contro la quale le sex workers sono schierate. Ricordo solo che la prostituzione è nei fatti diventata una ossessione colonialista di un certo “femminismo” occidentale e che l’idea di massima di quell’area politica in Italia si riduce alle ordinanze pro/decoro che multano le sex workers e le confinano ai margini della città consegnandole a sfruttatori e violenti istigando, nei fatti, #Puttanofobia.

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