Culture, Pensieri Liberi, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze

Cronache postpsichiatriche: da Palermo a Firenze

Appunti per la mia Autobiografia.

Nel 2002 mi sono trasferita da Palermo a Firenze. Sembra niente ma per me fu tanto. Palermo, la mia città, quella in cui avevo esercitato il diritto a far sentire la mia voce, il luogo in cui avevo cementato legami forti e sperimentato me stessa in mille modi. Palermo, con il suo mare, il sole, il pesce fresco da mangiare alla Vuccirìa, dove abitavo, le gare canore all’aria aperta con chitarre, trombe, sassofoni, voci. I venerdì e i sabato sera ai Candelai, ballando musica etno, soul, blues, jazz. Le serate di cabaret improvvisato e poi quel baretto dove si concludeva la serata cantando Che Guevara con le amiche. Palermo non era solo la famiglia, le amiche, le facce conosciute. Palermo era nelle mie ossa, nel mio sangue, nella mia testa. Quell’insieme di stili, uno sull’altro, uno accanto all’altro, dal barocco, all’arabo, allo spagnolo, al liberty. Ogni angolo una storia, ogni viuzza, un ricordo. Di Palermo mi sarebbe mancato tutto, incluso il fetore dell’immondizia lasciata per strada.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Precarietà, R-Esistenze

COME SAPPIAMO SUCCHIARL*, SAPPIAMO MORDERL*!

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Un bel testo che è un grido di lotta che condividiamo. QUI il pezzo in lingua originale. Traduzione di Alessandro Furino. Condiviso da Non Collettivo Queer. Buona lettura!

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“In primo luogo vogliamo chiarire che non veniamo a giustificarci di niente poiché siamo putt@nə liberə e felici e non dobbiamo spiegazioni a nessuno. Non ci pentiamo di essere quel che siamo, non chiediamo perdono né permesso, non lasciamo né le nostre vite né le nostre pratiche alla mercè di giudizi né pregiudizi patriarcali.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Neofondamentalismo e dintorni. L’ondata antiabortista e abolizionista in Europa.

cuerpo primera luchaDa Incroci De-Generi:

Questo mese di dicembre è stato segnato da due tappe importanti che interessano i  corpi e il diritto  all’autodeterminazione: il 4 dicembre in Francia, sulla scia dell’onda abolizionista che attraversa l’Europa, è stata  approvata una legge per la lotta alla prostituzione definita da Morgane Merteuil,  membra del sindacato francese delle sex workers, una svolta nazionalista e reazionaria. Il 10 dicembre l’Europarlamento non ha riconosciuto la risoluzione Estrela. Quest’ultima, pur non avendo valore cogente, avrebbe invitato gli stati membri a garantire l’aborto sicuro come diritto umano, mandando un forte segnale di risposta alla campagna dei movimenti prolife che negli ultimi mesi hanno raccolto  quasi due milioni di firme per una legge europea di iniziativa popolare che tuteli il diritto alla vita dei feti. Invece, a fronte delle pressioni dei gruppi di destra, clericali e reazionari, l’Europarlamento non ha retto e, grazie all’astensione di sei deputati del Pd, tutti renziani, è passata la mozione del PPE che ha snaturato la relazione Estrela, eliminando non solo il riconoscimento dell’aborto come diritto umano, ma anche le agevolazioni per l’inseminazione artificiale inizialmente proposte per le omosessuali.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Contributi Critici

Il sesso come lavoro ed il lavoro sessuale, di Laura Agustìn

institute-of-oral-loveDa Incroci De-Generi, traduzione di LaPantaFika:

Laura Agustìn è antropologa, autrice di  Sex at the margins – migration, labour markets and the rescue industry. Il suo lavoro  ha sollevato un acceso dibattito mettendo in discussione la narrazione dominante che vuole le sex workers migranti tutte indistintamente vittime di una cosiddetta tratta degli esseri umani, dunque soggetti passivi che spetterebbe alle istituzioni salvare. Agustìn, contestando e demisitificando il mito della tratta, ha così  analizzato quella che lei stessa ha definito the rescue industry, ovvero l’industria del salvataggio rappresentata da enti, organizzazioni, associazioni, ma anche singoli che traggono vantaggi e profitti proprio dalla missione salvifica di cui si sono auto-investiti, sovrapponendosi alle sex workers stesse e sovradeterminandole. Per approfondire il lavoro di Laura Agustìn, The Naked Anthropologist è il suo blog.

A seguire, la traduzione di un articolo pubblicato su Jacobin Magazine. Una variante di questo lavoro è stata pubblicata da The Commoner, n. 15, a cura di Silvia Federici

IL SESSO COME LAVORO ED IL LAVORO SESSUALE, di Laura Agustìn

Un colonnello dell’esercito sta per iniziare le istruzioni mattutine al suo staff. Mentre aspetta che gli venga preparato il caffè, il colonnello afferma di non aver dormito molto la notte precedente perchè sua moglie è stata un po’ irrequieta. Domanda ad ognuno: quanto del sesso è “lavoro” e quanto è “piacere”? Un maggiore vota 75-25%. Un capitano dice 50-50%. Un luogotenente risponde con un 25-75% a favore del piacere, sulla base di quanto ha dovuto bere. Non essendoci accordo, il colonnello si rivolge al soldato semplice incaricato di fare il caffè. Cosa pensa? senza esitare, il giovane soldato risponde: “Signore, deve essere il 100% di piacere”. Il colonnello meravigliato chiede perchè. “Be’, signore, se ci fosse stato del lavoro compreso,  gli ufficiali me l’avrebbero fatto fare”.

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Malafemmina

Memorie di una estate precaria

Il 21 sono fuori di qui. Lunedì (forse) mi/ci pagano. Siamo abbastanza malinconici. Vogliamo andare via ma ci dispiace separarci. Questo riguarda le persone che hanno legato, strette in una alleanza. un patto di solidarietà, che ci ha tenuti in piedi fino ad ora.

Tanti numeri di telefono, tante promesse di comunicazione e cartoline di natale, ma poi sappiamo bene, tutti, che il giorno dopo ricominceranno le nostre vite o ne avremo altre, comunque lontane da quella che abbiamo vissuto qui, e dunque archivieremo questa esperienza e anche le persone che l’hanno attraversata, perché avviene un po’ così che per disintossicarti butti via il bambino con l’acqua sporca.

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Malafemmina

Culi delocalizzati

Pensavo ieri che le imprese si possono delocalizzare, il denaro si può delocalizzare (e nascondere nei paradisi fiscali), e l’unica cosa che non si può delocalizzare è il proprio culo.

Migrare è diventato un rischio per tutti, anche per me, per noi, per quelli che sono dentro o fuori la comunità europea, dentro o fuori l’impero d’occidente o quello d’oriente.

E’ quello che fa l’imprenditore, no? Guarda come va e come non va nel proprio paese e se non gli conviene restare allora delocalizza. La stessa cosa fa ogni singolo individuo ed è per questo che nei secoli dei secoli la gente migra da est a ovest, da sud a nord, in via definitiva, transitoria, occasionale.

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Malafemmina

L’amore al tempo della precarietà

Una storia controversa. Me l’ha raccontata una collega. Ha conosciuto un tale che vive in un’altra città.

– Da me o da te?

Da nessuno dei due perché vivono entrambi con le rispettive famiglie sebbene abbiano superato i trent’anni e sulla carta dovrebbero già essere inseriti in elenco alla voce “adulti”.

– Dunque dove ci vediamo? A metà strada, facciamo in una stanza in affitto, per un week end.

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Malafemmina

La Terra non ha padroni né confini!

In giro per il mondo si costruiscono burqa di cemento per seppellire vivi gli immigrati che come il mio amico Feisal hanno avuto la malaugurata idea di abbandonare le loro terre di povertà per approdare su altre terre precarie, dove si vive un po’ meglio, quel tanto che basta a fargli dire che “è meglio qui che lì”.

Mi viene in mente il burqa che vogliono fare indossare alle donne certe persone che hanno le idee poco chiare su dove stiano i limiti e le censure e poi i diritti. Persone che ti rinviano ad un “tappati a casa, non uscire senza un maschio, non oltre le ore concesse dal coprifuoco per le femmine, vestiti dalla testa in giù perché chi ti vede ti piglia e poi non ti lamentare perché sono cazzi tuoi”.

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Malafemmina

Eroi, eroine…

Com’è strana la vita: c’è gente che nel villaggio vacanze in cui lavoro celebra alcuni misconosciuti personaggi come fossero eroi e non sanno che gli eroi stanno da un’altra parte, sono quelli senza stipendio, che si svegliano la mattina e tentano di recuperare quel tanto che basta per se e la propria famiglia, se ne hanno una.

Le mie eroine sono fatte di carne e sangue, hanno cicatrici infinite, umiliazioni da smaltire, rifiuti che dovranno gestire, ricatti che qualcuno le obbliga a digerire.

Sono precarie, sono disoccupate, sono licenziate, cassintegrate, se ne stanno a fare turni massacranti di lavoro, poi arriva il padrone che c’ha voglia di delocalizzare e porta tutto da qualche altra parte, dove il personale costa tanto meno, così le dipendenti restano senza far niente, a pietire un posto, un diritto, un minimo di attenzione, qualcosa di serio che nessuno ha voglia di dare.

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Malafemmina

Laureati/e: il nuovo proletariato che pensa alla rivoluzione!

Feisal (non si chiama così ma scelgo un nome arabo che gli somiglia, significa “deciso”), è quello che ha islamizzato le cucine del villaggio vacanze. Ha qualche seguace ma sono tutti di nazionalità diversa dalla sua.

Quelli della Lega direbbero che il suo progetto è di islamizzare l’occidente e valutando i suoi metodi è probabile che ci riesca pure. La sua arma segreta? Ti fa ridere.

Lui ti fa sbellicare dalle risate. Islamizza l’occidente con una ironia e un senso dello humour spiccatissimi.

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Malafemmina

La straniera

Il mio boss del bar ieri sera ha fatto venire in prova una ragazza rumena in sostituzione dell’altra collega che sta per andare via.

A scanso di equivoci dico subito che il fatto che sia rumena lo sappiamo io, il boss, le ragazze, forse anche quelli che lavorano in cucina. Per il resto ovviamente non le si vede impresso da nessuna parte lo stigma della “razza” che certe persone vorrebbero imprimerle.

Ha due braccia, due gambe, due occhi, tra l’altro parecchio belli, una faccia simpatica e parla un italiano perfetto perché in Romania pare che vedesse tanta televisione italiana.

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MenoePausa

La cortesia della sconosciuta

Ora che non lavoro, se non resto troppo concentrata su me stessa e il mio malessere, un po’ mi guardo attorno, e vedo vite che si muovono e respirano.

Cammino piano, prendo tempo, mi muovo giocando coi miei passi, un mattone, due mattoni, non me ne perdo uno, alla fermata del bus c’è la solita signora delle 18.00. E’ quella che sale mentre scendo. Io torno e lei va. Farà il turno di notte o frequenterà il quartiere per lavoro. Non credo di aver mai sentito la sua voce. E’ delicata, se il suo telefono squilla lei sussurra, non vuole disturbare. Le chiedo l’ora. Mi risponde con gentilezza. Ed è straniera. Un abitino scuro, attillato, stivali e calzamaglia, giacca a vento e capelli raccolti. Latino americana, senza dubbio. Somiglia a una mia amica. Ha un bel sorriso. Non è volgare, ha lo sguardo serio, sveglio. E’ una che lavora. Le mani la tradiscono, sono consumate, callose, arrossate. Fa le pulizie o bada ai vecchi.

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