In questi giorni sulla pagina facebook di Abbatto i Muri si discute animatamente di linciaggi ai danni degli stupratori e di moralizzazione dei gusti, in fatto di abbigliamento, delle adolescenti che indossano gli short.
Non fosse evidente a tutt* il fatto che dire a una adolescente che deve coprirsi e poi dire che uno stupratore dovrà essere castrato, appartengono allo stesso parametro sessista, mi accingo a raccontare perché tra le due cose c’è una correlazione che va tenuta in considerazione.
Lasciare su una pagina facebook commenti viscerali, sfoghi, sputi deresponsabilizzanti, giacché puntano a individuare e a mettere al cappio il mostro, del tipo “castriamoli”, “tagliamoglielo”, “facciamolo stuprare da un nero”, “rinchiudetelo e poi buttate la chiave”, fino al messaggio che coinvolge i genitori, “arrestateli”, “fategliela vedere”, come se questo risolvesse il problema, non significa affatto lottare contro la cultura dello stupro. Invece la si alimenta, si legittima la disumanizzazione come arma di vendetta, che non è la giusta autodifesa che deve poter esercitare la vittima di stupro, ma è la sete di sangue che appartiene a estranei di passaggio che con un “castriamoli” immaginano di avere compiuto il proprio dovere.
Le soluzioni giustizialiste, prese da una cultura patriarcale che genera giustificazioni per gli stupratori, roba paternalista, per rendere eroiche le gesta di altri uomini, i tutori, che si contrappongono ai carnefici, come se i tutori non veicolassero sessismo, quando ridono di una battuta in cui le donne sono giudicate secondo stereotipi offensivi, quando distinguono le ragazze in quelle perbene o per male, esattamente come fanno molte donne che non sono affatto assolvibili in fatto di diffusione di cultura sessista, non servono a niente. Se non si sovverte il linguaggio o quella stessa cultura che genera i “castriamoli”, temibile tanto quanto la cultura dello strupro, non si raggiungeranno grandi risultati.
Non si può immaginare di risolvere alcunché se non si prova a spendere un po’ più di energie e pensieri per analizzare la questione e modificare la mentalità normativa e moralista, a partire dalle persone che abbiamo accanto o da noi stess*. Non si ottiene niente se poi, sempre sulla pagina di Abbatto i Muri, si commenta un pessimo articolo in cui si sparla degli short indossati dalle adolescenti, e si usano parole come “buon gusto”, “igiene”, “provocazione”, “decoro”, “decenza”, “se poi le stuprano se la sono cercata”, “dress code”, e via di questo passo.
Come si può contestare l’uso del burqa per le donne “musulmane” e poi evocarne la necessità per ricoprire i culi e le cosce delle ragazze occidentali? Perché mai non vi riesce di farvi un po’ di affari vostri e di spiegare che quel che non piace a voi non è detto che non debba piacere ad altre. Perché assumere toni maternalisti, in un moderno matriarcato che tutto sa e tutto esige di imporre a noi altre povere fanciulle inconsapevoli, inadeguate, indecorose, e libere. Non dovreste piuttosto battagliare per fare in modo che queste ragazze possano girare indossando quello che vogliono senza incorrere in nessun rischio e in nessun giudizio? Non vi rendete conto del fatto che così alimentate la cultura dello stupro, usando una morale degna del ‘800 vittoriano?
Perché mai queste ragazze devono subire bacchettate da signore di mezza età o anche più giovani che continuano a fare distinzioni tra le ragazze perbene e quelle per male? E poi, ricordate qualche tempo fa quando si scagliò contro gli short un tale che chiamò le ragazze zoccolette o puttanelle o non ricordo esattamente, anche se il senso era certamente quello, e tutte le donne saltarono a piè pari sul treno dell’indignazione e gli augurarono financo la morte? E se una donna dice che gli short non vanno bene per una adolescente invece poi si dice che ha ragione? A me pare un po’ in contraddizione.
Esiste un moderno matriarcato reso legittimo perfino da un certo femminismo che esige il controllo sui corpi delle donne a partire dalla propria visione morale e dalla propria pudica inclinazione alla censura dei corpi e alla demonizzazione dell’uomo e della sua sessualità. Le donne prendono la parola e cosa fanno? Limitano lo spazio di altre? Decidono che le donne devono comportarsi come dicono loro? E dunque perché mai dovremmo sentirci beatamente al sicuro con un matriarcato che si sostituisce ad un patriarcato che si rinnova per stretta evocazione delle donne? Queste chiamate alle armi di donne che vogliono trasformare gli uomini in boia, in conto terzi, in protettori dei corpi delle donne, in tutori dei nostri pensieri. A me tutto ciò sembra sbagliato e mi pare che si stia andando nella direzione sbagliata, perché oltretutto di questi uomini che rispondono agli appelli delle “femministe”, per assumere il controllo dei propri peni e di quelli dei loro simili, ho una pessima opinione: sono gli stessi che poi esigono di spiegare a me come dovrei essere femminista. Si chiama Mansplaining, o paternalismo che dir si voglia.
Dunque, riassumendo, la cultura dello stupro non si combatte con i “castriamoli”, nessun metodo incivile, inquisitorio, medioevale. La cultura dello stupro non si combatte neppure con un “rivestiti scostumata” perché è quello che ci hanno detto i patriarchi e i maschilisti per troppi secoli e non possiamo farci piacere quelle parole solo perché a pronunciarle è una donna.
Perdete un po’ di tempo a pensare, piuttosto, ed evitate di giudicare le altre. Siamo tante e diverse. Bisogna combattere affinché tutte siano libere di vivere come vogliono. Di tutto il resto possiamo fare a meno.
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