Antisessismo, Comunicazione, Contributi Critici, R-Esistenze

Spot #Gillette: il meglio degli uomini Vs mascolinità tossica

Questo è il nuovo spot Gillette che mostra un altro tipo di mascolinità. Dopo la pubblicazione il marchio Gillette è stato preso d’assalto con invito al boicottaggio da parte di una serie di attacchi squadristi organizzati dei vari maschilisti che si riconoscono in alcune ideologie d’odio contro le donne e contro il “maschio” che da tempo ha mollato la clava. Parlo di Mra, antifemministi, quelli dell’Alt Right per intenderci, RedPillers, Pua, MgTow, Incels eccetera. Le critiche sono state orrende e tutte tese ad aggiustare questa coraggiosa narrazione al maschile affinché si sappia che chi sostiene lo spot altro non è che una femmina, non sarebbe un vero uomo, starebbe abbandonando i giusti valori per tradire il branco e perciò merita un castigo divino. Lo squadrismo online di costoro, come solitamente fanno, si manifesta attraverso una pioggia di “Non mi piace”. Altro metodo è l’affondo con centinaia di commenti che impediscono ogni ragionamento. Senza parlare poi del presunto anticapitalismo che gli squadristi, solitamente di destra, usano come pretesto per attirare le simpatie dei “maschi” di sinistra. Altro pretesto è quello di usare argomenti femministi per opporsi e massacrare ancora il marchio. Da bravi Mansplainer hanno infatti tirato fuori perfino il termine PinkWashing che è riferito all’uso di linguaggi antisessisti da parte di chi lucra e si arricchisce su qualcosa. Ma il linguaggio degli spot pubblicitari è anche semplice comunicazione che nel tempo è stata “educativa” di modelli conformisti e maschilisti. In quel caso i nostri bravi critici non hanno speso una parola negativa, anzi. E’ partita anche una campagna di boicottaggio su twitter ma, di tutto questo, si parlerà nell’articolo del Guardian che Silvia (revisione di Leda) del gruppo Abbatto i Muri ha tradotto per noi.

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Antisessismo, Culture, Personale/Politico, R-Esistenze

L’American Psychological Association collega l’ideologia maschilista all’omofobia, alla misoginia

Questo testo racconta di quanto il maschilismo sia fonte di molti malesseri per gli uomini che ne interpretano le caratteristiche. A raccontare questa verità sono gli psicologi e non gli psichiatri. Non si tenta di patologizzare il maschilismo in se, altrimenti certi uomini potrebbero trovare giustificazione nel fatto che agiscono male perché malati. Gli psicologi dicono che il fenomeno è culturale e che però le conseguenze ricadono su tutta la società. L’Ideologia della mascolinità stereotipata, così come la chiamano, si manifesta nelle azioni violente di molti uomini, nell’uccisione di molte donne e nel disagio degli uomini stessi che se non raggiungono standard fedeli agli stereotipi subiscono depressione con conseguenze letali, come per il suicidio. Quindi questo testo e le linee guida sell’APA vanno interpretati per quello che sono. Buona lettura!

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Post in lingua originale QUI. (traduzione di Isabella)

Per la prima volta nella sua storia di 127 anni, l’APA ha emanato linee guida per aiutare gli psicologi ad affrontare in modo specifico le questioni di uomini e ragazzi. Continua a leggere “L’American Psychological Association collega l’ideologia maschilista all’omofobia, alla misoginia”

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Mi trucco e mi vesto come voglio: non per questo sono una “nuova donna”

Lui scrive:

“Ciao Eretica, seguo spesso la pagina e volevo condividere un piccolo sfogo circa i miei pensieri e il mio vissuto. Ho sentito spesso ( anzi, spessisimo ) la frase “gli uomini sono le nuove donne“, e spesso questo splendido slogan l’ho paradossalmente sentito pronunciare da ragazze che generalmente si sentono femministe.

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#MascolinitàFragile: disimparare il #machismo, storia di un uomo

Immagine di Fuxia Block per Sciopero Otto marzo #NonUnaDiMeno
Immagine di Fuxia Block per Sciopero Otto marzo #NonUnaDiMeno

 

Cara Eretica,

sono un uomo, bianco, etero, cis. Avessi voluto vivere secondo le norme maschiliste ed etero/patriarcali sarei stato uno tra i tanti che si cullano sul fatto di avere dei privilegi senza neppure rendersene conto. Invece ho fatto i conti con tutto questo perché quei “privilegi” per me sono stati una condanna.

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#MascolinitàFragile: lontani dal modello machista, noi esistiamo

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Dear Eretica,

Ti scrivo per aggiungere un sassolino alla campagna mascolinità fragile.

Ti scrivo oggi dopo essere stato paralizzato ed incapace di lavorare per tutta la giornata. La mia ansia e la mia depressione forse dipendono dalla prematura scomparsa di mio padre, forse dagli abusi sessuali subiti da un vicino quando avevo poco più di otto anni, anche, e poi dalla solitudine e dalle difficoltà del quotidiano. Ti scrivo adesso, dopo avere, finalmente, pianto, avendo desiderato di piangere per tutta la giornata senza riuscirci. Senza riuscirci perché l’idea di piangere in pubblico attiva la mia modalità stoica e blocca qualsiasi emotività. Occhi asciutti, singhiozzo scomparso, ma mai scomparso davvero, nascosto, rimosso, per un po’. Perché non basta essere chiuso da solo in un ufficio o solo nella propria stanza o per strada in mezzo agli sconosciuti per scacciare il timore di essere visto piangere. I colleghi potrebbero sentire attraverso il muro, così i coinquilini, e come gli sconosciuti per strada, giudicare. Dico giudicare, ma è una mia razionalizzazione di quello che sento, che posso esprimere meglio solo come una sensazione di oppressione fisica a nascondere, a dissimulare, ad asciugare le lacrime e a fingere di sorridere.

Penso, forse sono io. Questa è una mia necessità. Poi però, aiutato anche dalle tante riflessioni lette sul tuo blog, non posso fare a meno di pensare che questa è, almeno in parte, la conseguenza di uno stereotipo di genere. Uno stereotipo che io vivo e ho interiorizzato. Perché penso alla mia collega che qualche giorno fa piangeva in ufficio perché le mancava il compagno da cui si é separata. All’altra collega che piangeva a Natale, anche lei per solitudine. E penso é normale, che c’é di strano? Una ragazza che piange. Io però, nella stessa situazione, nella stessa solitudine, non piango, non in pubblico. E così, non ho mai visto un collega e nemmeno un amico maschio piangere. Non sarebbe normale vederlo. Normale, nel senso di frequente, atteso. Non succede e cosi` non succede a me. Sono i miei colleghi uomini tutti felici e sereni?

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#MascolinitàFragile: la paura di svelare i miei desideri di sottomissione

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Ciao!
Ho letto più volte questo blog. Scrivo per la campagna #MascolinitàFragile.
Sono un ragazzo di 23 anni. Sono sempre stato timido, fin da molto piccolo, sia in generale che nei confronti dell’altro sesso. Nel corso dell’adolescenza ho avuto spesso problemi per una spiccata e, a volte, spropositata empatia e sensibilità nei confronti degli altri. Sono sempre stato appassionato d’arte, di filosofia e di musica; passioni che mi portano a passare molto tempo da solo.

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#MascolinitàFragile: racconto di come il machismo ha infettato la mia vita

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Cara Eretica,
seguo con grande passione “Abbatto i Muri” scoprendo tante storie interessanti che mi stimolano a lottare, nel mio piccolo, attivamente per i pari diritti. Ho imparato tanto grazie ai frammenti di vita e alle informazioni che quotidianamente riporti e per questo ti ringrazio.

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#MascolinitàFragile: la difficoltà a relazionarsi con l’altro sesso al di là dei ruoli imposti

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Sono un uomo di 26 anni e non ho mai avuto un rapporto completo con una donna, ma questo racconta ben poco di me.
Fin dai tempi del liceo preferisco e ricerco la compagnia femminile, ho molte amiche donne e sento che quel che più mi manca dall’assenza di una relazione amorosa è proprio la relazione, la possibilità di approfondire e conoscere meglio anche me stesso attraverso l’altra e la complicità. La dimensione sessuale certo può rappresentare talvolta un’ossessione, ma talvolta penso che la verginità è qualcosa di cui mi vorrei liberare non tanto per la ricerca del piacere del coito quanto per avere un pensiero in meno per la testa.

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#MascolinitàFragile: vi racconto il corpo, la pelle, la mia intimità

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Sono un uomo, ho 28 anni e sono vergine.

Naturalmente quest’ultima parola è semplicemente ridicola, ma la uso per intenderci. Credo sia la prima volta che lo comunico esplicitamente, a parole.

Non ho mai vissuto un momento di intimità con un’altra persona.

Non so spiegare perché, posso solo raccontare un po’ della mia storia, la storia di una mascolinità fragile.

Da piccolo non mi piaceva il calcio e mi piaceva leggere, mi incazzavo e piangevo per le ingiustizie. Classica femminuccia, insomma.

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#MascolinitàFragile: cos’è stato per me essere un uomo fuori dagli stereotipi

salve,
ho iniziato di recente a leggere questa pagina (arrivando tramite un articolo sul fatto quotidiano) e l’ho trovata interessante e coinvolgente.
sono un uomo, e mi interesso di sessismo da quando non sapevo nemmeno che esistesse la parola, da quando negli anni del liceo ho cominciato a rifiutare mentalmente tutte le norme che mi volevano in un certo modo in quanto maschio. più in particolare ho sempre detestato le differenze, quelle socialmente imposte, tramandate di generazione in generazione.
questo mi ha portato a cercare di vivere fuori dagli stereotipi di genere negli ultimi 30 anni, senza riferirmi a modelli particolari, basandomi solo sul mio intuito e sull’empatia con gli altri.
il discorso sul sessismo è diventato (per fortuna) molto più visibile negli ultimi anni, e persino la parola femminismo sta piano piano uscendo dall’interpretazione ignorante e demonizzante che ha avuto per decenni, ma sicuramente ancora c’è tanta strada da fare.

quel che mi dispiace è constatare spesso che per un uomo è ancora difficile partecipare attivamente a molte discussioni, specie se vuole fare qualche distinzione critica. subito scatta il rischio di essere accusati di *deragliare* la discussione. e lo capisco, con tutti quelli che non hanno di meglio da fare che scrivere “e allora noi che dobbiamo pagare il conto?” e altri argomenti caposaldo degli uomini che si sentono vittime, loro.
io non mi sento affatto vittima, però le volte in cui accorgo che il mio punto di vista è considerato buono solo a “deragliare”, un po’ mi dispiace.

questo succede soprattutto quando si parla di atteggiamenti sessisti all’interno dei rapporti interpersonali, di comportamenti tipici di vario genere, come se fossero principalmente maschili, e come se inevitabilmente fossero precursori della violenza. a me viene naturalmente da rispondere “parliamone”, e non perché mi hanno raccontato che una volta un amico di mio cugino ha rifiutato una ragazza e lei gli ha fatto lo stalking.

non è questione di aneddoti, ma di tutta una vita di esperienza diretta e contraria. non ho mai aderito ai modi canonici del corteggiamento, e questo mi ha fatto trovare regolarmente nelle situazioni che vengono raccontate di solito da donne e ragazze.
esempi a caso per capire a cosa mi riferisco:
al liceo rifiuto -gentilmente- gli approcci di una ragazza carina che piaceva a mezza scuola. mi arrivano telefonate a casa, scherzi, lei che passa con amiche sotto la finestra della mia classe e urla il mio cognome aggiungendo “frocio” (per fortuna avevo già capito che non era una parola che poteva colpirmi, e che diceva più cose su chi la usava come insulto che su di me, ma la connessione che lei ha fatto tra il mio rifiuto e la sessualità resta).
oppure un’amica che frequentava la stessa compagnia, e flirtava in maniera molto pesante, facendo *complimenti* sessualmente espliciti ed invadendo continuamente il mio spazio personale. ho cercato di dirle che data la mia timidezza questo modo di fare mi metteva spesso a disagio (usando queste parole). lei si è offesa e da quel momento ha cominciato a trattarmi malissimo.
potrei andare avanti per pagine intere. è solo per dire che se un ragazzo (e poi un uomo) commette il peccato di comportarsi “da donna” (parole altrui che mi sono state ripetute per tutta la vita), trova spesso donne che ripetono i comportamenti aggressivi dei maschi rifiutati.
ripeto, non mi sento vittima, è solo la realtà di tutta la mia vita. ho imparato a navigarci. però quando si parla di aneddoti simili mi piacerebbe poter prendere parte alla discussione, soprattutto per dire che certi atteggiamenti non sono come dicevo sopra esclusivamente indicativi della possessività dell’uomo verso la donna e precursori della violenza maschile, ma più che altro un modo che molti di noi (esseri umani, di qualunque genere) abbiamo per gestire -male- il rifiuto.
penso anche che additare come intrinsecamente maschili certi atteggiamenti, rischia di dare l’opportunità di approfittare di queste contraddizioni a chi davvero vuole deragliare la discussione, a chi vuole delegittimare il femminismo o addirittura l’esistenza del sessismo nella nostra società.

ma troppo spesso per un uomo provare ad entrare in discussioni di questo genere significa leggere “si capita anche agli uomini, ma non è questo lo spazio in cui parlarne”.
e lo capisco, capisco il perché e capisco il valore che ha questa risposta.
quindi ho imparato a stare zitto e a leggere e basta, chiedendomi però dove sia lo spazio per avere questa discussione, lo spazio dove la mia esistenza (che non è un aneddoto) vale quanto qualunque altra.
il tono sembra forse drammatico ma non vuole esserlo.
se ho scritto a questa pagina è perché è una delle poche dove ho visto spesso e regolarmente un atteggiamento diverso(ma forse sono io che non conosco altri luoghi di discussione analoghi), e insomma “complimenti per la trasmissione”.

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#MascolinitàFragile: cosa vuol dire l’espressione “sii uomo” e qual è l’errata lettura del femminismo della differenza

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Articolo originale pubblicato su Medical Daily.

Traduzione e note di Manu.

“Sii uomo”, “non piangere”, “non fare la femminuccia” sono solo alcune frasi scelte dal vasto repertorio di concetti ego-distruttori insiti nella società odierna.

Rinforzare la retorica che femminilizza l’espressione dell’emotività e mascolinizza la violenza ha il potere di inibire l’empatia, esalta la cultura della dominazione, e mette in correlazione il rispetto con la paura. I ragazzi nascono come creature fatte per amare, ma fin da piccolissimi vengono loro insegnati quei tratti, quei linguaggi sminuenti, quella mentalità che li allinea al concetto socialmente accettabile di cosa sia un uomo.

Gli Stati Uniti hanno dato forma ad una definizione irrealistica di mascolinità. Ogni giorno, tutti i giorni, c’è un ragazzino che si sente inferiore perchè non riesce ad adattarsi agli standard. Chi invece riesce a rientrare negli standard, in realtà è solo in grado di costruire una facciata a tutto tondo che nasconda ciò che realmente gli piace o non gli piace, le sue emozioni, priorità e passioni – recita uno show ad uso e consumo della società che lo circonda. Continua a leggere “#MascolinitàFragile: cosa vuol dire l’espressione “sii uomo” e qual è l’errata lettura del femminismo della differenza”

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#MascolinitàFragile: non mangio carne, non voglio figli, amo gli animali. E non sono meno uomo!

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Maschio. Sono nato maschio. Riconosco il genere che mi è stato attribuito. Cis, etero, maschio, bianco, occidentale. Ateo. Quello che non riconosco e non accetto è il modo in cui altri vorrebbero io declinassi il genere maschile.

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#MascolinitàFragile: Cosa significa essere un uomo transgender?

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Di Andrew Cacciatore

Premetto che quanto sto per scrivere è semplicemente il mio personale modo di vivere la mia condizione di uomo transgender e che non rappresenta la condizione generale.
Credo sia fondamentale che ognuno, cisgender e transgender, viva il genere che sente più suo nel suo personalissimo modo; ma trovo essenziale lasciare una mia testimonianza per mostrare alla gente come le minoranze sessuali e di genere siano facilmente vittime di abusi.

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#MascolinitàFragile: “Peccato che sei gay”

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Ho 25 anni, cresciuto da solo con mia madre, vivo fuori casa da quando ho 19 anni. Amante dei free party, degli after delle feste techno e tekno e ovviamente della psy. Dovendo usare un paio di definizioni sono un eterosessuale quasi bianco, per cui in linea teorica accettato dal mondo machista nel quale viviamo.

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#MascolinitàFragile: sono un uomo e racconto la violenza del sessismo

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Sono cresciuto in un contesto che mi ha lasciato libero di esprimermi. Mi sono reso conto della fortuna che ho avuto quando ho visto altri ragazzi che vivevano in una prigione fatta di paure, un recinto terribile che li castrava mentalmente e che non gli dava modo di mostrarsi per quel che erano realmente. Forse dico delle banalità ma per me era normale il fatto di non dover sforzarmi di essere eccitato alla vista di un culo di donna. Non credo che gli uomini, o almeno per me è così, siano sempre eccitati alla vista di una donna attraente. Il fatto di rapportarmi con l’altro sesso avendo in testa sempre e solo il bisogno di imporre il mio desiderio non è mai stata una mia prerogativa. Invece ho visto chi si sforzava di sembrare virilmente brutale esprimendosi per rutti, il turpiloquio, che non serve per mostrare alla donna quanto sia desiderata, ma è un gioco a dimostrazione degli altri maschi ed è così che ti metti al sicuro e sai che hai pagato una tangente per poter stare tranquillo ed essere trattato da vero maschio.

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