Personale/Politico, Salute Mentale

Gli effetti delle droghe legali

La biografia di Philip K Dick scritta da Emmanuel Carrére precisa come lo scrittore di fantascienza fosse un tossico che alternava calmanti e sonniferi e anfetamine. Per dormire e poi per restare sveglio e portare avanti il suo ritmo di lavoro, di scrittura instancabile per cui lo conosciamo dopo aver letto tantissimi suoi racconti. Non era l’unico. Tanti scrittori hanno fatto uso di droghe e tanti erano pazienti pschiatrici e tutti concordano nel dire che quel che è legale è droga, pur se non venduta dalla criminalità organizzata. Diverso è per i mercati in cui la sanità non è gratuita per cui certi farmaci si procurano anche sottobanco, come spaccio, sebbene si tratti di benzodiazepine.

Da noi non va bene parlare di marijuana, che pure calma e fa ridere, perché hanno deciso sia più dannosa di altri farmaci che io ho ingerito per quindici anni. Calmanti, ansiolitici, stabilizzatori dell’umore, roba per dormire, per stare sveglia, per connettere e regolare ritmi irregolari. Ho provato, con calma a fare senza ma quel che succede non mi è mai successo quando mi facevo le canne di marija. Prurito dappertutto, bruciori sparsi, malesseri tremendi, insonnia costante, cervello che brucia, panico incontrollato, perché quel che i farmaci non insegnano è la resilienza. Dunque non puoi farne a meno, si diventa dipendenti. Ti chiedi se ne hai abbastanza per finire il mese, ti preoccupi di quante pillole restano, poi ti chiedi a cosa serva esere dipendenti da farmaci che ti rincoglioniscono o ti fanno restare vigile come una molla. Di fatto il problema non viene affrontato se non in termini totalmente antipsichiatrici e va da sé che non è così che si può spingere un malato mentale a stare meglio.

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