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Fantascienza e malattia mentale

Immagino saprete che la maggior parte degli scrittori che scrivono di fantascienza abbiano problemi mentali. Alcuni tentarono il suicidio altri prendevano pasticche e alcol ed altri ancora si consumarono nella depressione trovando in essa una sorta di risorsa che forniva immagini che venivano poi descritte talvolta in maniera ossessiva, ripetute da un libro all’altro, talvolta diventavano reali intuizioni su ciò che sarebbe avvenuto nel futuro. In tempi nei quali lo stigma sulla malattia mentale obbligava questi autori a restarsene per conto proprio, mietendo vittime nelle loro relazioni, una donna dopo l’altra, essi sviluppavano una visione che diventava la traccia sulla quale avrebbero sviluppato le trame di un romanzo. Anche autrici o autori che scrivevano generi differenti soffrivano talvolta di malattie mentali e la scrittura diventava per loro il modo di osservare il mondo attraverso una lente diversa. Riuscivano a percepire ciò che altri non vedevano. Le donne soprattutto raccontavano la propria realtà o quella dei propri personaggi riuscendo a favorire una reale evoluzione culturale che solo in seguito poi sarebbe stata riconosciuta e premiata. La loro lungimiranza veniva considerata una stranezza, il disagio di vivere il presente diventava il modo di proiettarsi nel futuro. Non serve effettivamente avere una malattia mentale per riuscire a scrivere la trama di un romanzo ma per gli scrittori che sono stati i miei riferimenti per tanti anni evidentemente aiutava. Li aiutava a interferire in una realtà normalizzata con spunti visionari e inimmaginabili.

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Personale/Politico

La corsa dei matti

Il venerdì è il giorno della corsa tra matti. Dovrei recarmi a quell’appuntamento. L’operatrice aspetta e poi ci sono i matti. Immagino non siano riconoscibili se non per il fatto che il loro sole è oscurato dall’eclissi permanente che oscura le nostre menti. Così procedevo, senza sicurezza. Mi chiama una signora vicina del palazzo. Mi dice che ha visto prelevarmi da una finestra il fatidico giorno in cui… già, lo so, c’ero anch’io. Eppure non mi sembri… come…. Pazza? Lo sono invece. Pazza da legare, si dice così. Come pensava di trovarmi? Capelli a parte, ma il taglio mi è venuto male, è che non credo più all’amore e dunque le mie forbici anarchiche hanno dato del loro peggio. Pensavo fossi quieta, dice, un po’ più quieta. Non è così che sono i depressi? Minaccio un urlo e lei scappa. Devo averle fatto una gran brutta impressione. D’altronde l’accordo con il vicinato lo tiene quell’essere sano del mio ex. Io non ne ho mai conosciuti, di vicini, non vedo perché debba raccontargli i cazzi miei. Però lo sguardo, lo stesso del mio ex mentre parlavo, come se si aspettasse mi avessero fatto una lobotomia. Invece parlo e penso pure. Mi so difendere. Che stigma atroce esiste sulla malattia mentale.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Personale/Politico, R-Esistenze

Sono “anormale” e me ne vanto!

Ogni volta che leggo commenti su una pagina facebook subito dopo quasi me ne pento. Non perché io sia una snob ma perché mi sento davvero offesa da certe affermazioni. Che si tratti di un omicida, di un violento, di un omofobo, di un fascista, di uno che aggredisce i passanti o di una persona che scrive cose orribili la giustificazione è sempre la stessa: pazzo, malato mentale, da Tso, deve farsi curare, da rinchiudere, eccetera. Così non si fa altro che dimostrare tutto il contrario di quel che spesso si vuole dire. La violenza di genere, per esempio, è frutto della cultura sbagliata che viene diffusa anche grazie a queste giustificazioni. Non si realizza per pazzia ma perché quella cultura appartiene a chi commette quei crimini. L’omofobia/transfobia, anche quella, è frutto della cultura che legittima ogni aggressione a persone gay, lesbiche, trans.

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Quando non sei d’accordo e ti danno della pazza

Su questo blog parliamo spesso di malattie come la depressione, i disturbi alimentari, alcune volte abbiamo parlato di altro genere di disturbi, e quel che viene fuori in ogni caso è la difficoltà a dirsi “malati” perché ancora si considera che la malattia mentale, che può partire da squilibri chimici o da fattori educativi/ambientali e non so che altro, non c’entra niente con la cattiva considerazione che si ha degli altri.

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