Autodeterminazione, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze, Salute Mentale

#Legittimadifesa: quando la violenza è economica

Mio padre teneva i soldi che guadagnava lavorando e li spendeva come voleva salvo distribuire una paghetta a mia madre che doveva, attraverso quella, pensare alla spesa, alle bollette, a tutte le esigenze dei figli. Mia madre non ebbe mai in comune il conto con mio padre e quando le chiesi perché non lo lasciava, giacché lui mi massacrava di botte, lei disse che non voleva finissimo in mezzo alla strada. Una delle cose che mio padre fece fu quella di privare mia madre perfino di una minima proprietà della nostra casa che lei aveva ricevuto in eredità dai genitori. Dunque tutto era sotto il controllo ansioso e paranoico di un uomo che pensava di essere l’unico a poter gestire per bene le nostre vite e l’economia familiare.

A differenza di ciò che si pensa, e traggo ciò dalle tante storie ricevute e ascoltate in tanti anni, questa forma di subdola violenza non è affatto isolata ma è molto diffusa. Ho letto spesso frasi come “lui non mi picchia e mi compra quel che mi serve”, si afferma questo senza capire che in quel preciso istante, quando è lui a decidere cosa serva a te e cosa no, tu non hai il controllo della tua vita e della sfera economica che pure, secondo contratto matrimoniale, ti appartiene. Le nostre nonne tentavano di supplire a questo genere di carenze mettendo sotto il materasso i soldi risparmiati dalla spesa. Le signore più giovani si chiedono come faranno a mollare il marito violento se non hanno lavoro e reddito e pensano di non avere diritto a nulla di quel che il marito guadagna. I mariti, d’altro canto, fanno di tutto per far credere che innanzitutto solo a loro spetta l’onere di guadagnare per la famiglia, lasciando alla moglie il compito della cura e dell’educazione dei figli, e se più moderni sollecitano la moglie a trovarsi un lavoro solo perché uno stipendio non basta più, come a risollevare l’ansia del patriarca, giammai per l’indipendenza stessa della donna.

Se un uomo ha manie di controllo spinge la donna a depositare anche il proprio stipendio sul conto del marito, perché lui solo potrà gestire con oculatezza quei soldi. Mio padre diceva che mia madre era spendacciona, nulla di vero, in realtà lui era l’unico che gestiva risorse familiari per accumulare beni di cui godeva in solitaria. La favola della femmina che non sa gestire il denaro e lo sperpererebbe in cose frivole giunge intatta fino a noi, perché la cultura non cambia, al punto che l’ex marito si oppone al pagamento degli alimenti per i figli adducendo come motivazione la natura sperperatrice e intrinsecamente avida della ex moglie. Non li spenderebbe per i figli ma per andare dal parrucchiere e fare la manicure. Profumi e imbellettamenti e niente balocchi per me, narrava una antica canzone che resta nell’aria come un mantra utile ai maschilisti.

Continua a leggere “#Legittimadifesa: quando la violenza è economica”
Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Culture, R-Esistenze, Violenza

#LegittimaDifesa e il controllo maschile del parto

Credo sia necessario ampliare il capitolo sulla legittima difesa che dovrebbe essere rivendicata dalle donne ponendo la necessaria attenzione al controllo patriarcale sulle nascite. Infantilizzare le donne, cioè ritenerle incapaci di assumersi la responsabilità di portare a termine la gravidanza, ovvero generare prole che diventi discendenza diretta del patriarca di turno, è una delle forme più gravi di violenza di genere con l’ausilio a volte della scienza, che collude col patriarcato, altre volte della morale sociale e religiosa.

Se le donne sono descritte come bambine incoscienti e inadeguate va da sé che il controllo del loro utero sarà rivendicato dagli uomini. Il nocciolo attorno al quale si basano molte discussioni sul diritto di scelta delle donne in fatto di riproduzione ruota proprio su questo. Così di volta in volta si trovano difetti che riportino le donne ad una condizione di dipendenza e minorità affinché si affidino alle sicure mani di medici e mariti che potranno decidere in loro vece.

Non è un caso se per esempio si minaccia spesso di togliere i figli alla donna che soffre di anoressia nervosa o altro genere di malessere, come se questo inficiasse la capacità stessa della donna in quanto madre. Ci sono casi in cui lo Stato si riappropria dei figli di queste donne stabilendo che esse siano non in grado di crescerli adeguatamente. Non ci si pone il problema dell’assenza di risorse, reddito o casa, tentando di sopperire alla povertà che può derivare da disagi e disabilità. Non si offrono a queste donne strumenti per poter crescere i figli senza che dipendano da nessuno. Si preferisce toglierli e affidarli a istituti lasciando alle donne quel senso di totale fallimento e lo stigma che finirà per accompagnarle a imperitura memoria.

Continua a leggere “#LegittimaDifesa e il controllo maschile del parto”
Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Culture, R-Esistenze, Violenza

#LegittimaDifesa per le donne contrasta col potere del patriarcato

Continua la riflessione su questo. Anche grazie alle testimonianze che sto pubblicando sulla pagina (ringrazio chi le inviate perché è doloroso). La destra spinge per la legittima difesa quando si parla di danno alla proprietà o più nel dettaglio se un uomo straniero si introduce in casa il bianco vuole avere il diritto di sparargli come nel far west. La legittima difesa è sempre uno strumento in mano a bianchi, ricchi, maschi. Così negli Usa.

Perché è così difficile parlare di legittima difesa per le donne che subiscono violenza di genere? In passato la donna era parte della proprietà che l’uomo riteneva di aver diritto di difendere con le armi, ovvero di distruggere per rimettere a posto l’onore della famiglia (delitto d’onore). All’uomo, dunque, non alla donna vittima di abusi, viene dato consenso sociale nel caso in cui egli decida di agire più per vendetta, non per legittima difesa. Alla donna viene detto che può rivolgersi a istituzioni patriarcali, a militari patriarchi, a patriarchi in generale, affinché ripristinino l’onore rubato o restituiscano un minimo di giustizia. Dopodiché, tra le mille foto di volanti e divise che vediamo accompagnare gli articoli di cronaca in cui si parla di femminicidio, in un costante marketing istituzionale, quei patriarchi arrivano sempre dopo che tutto si è compiuto, quando lei è morta o i giudici sono chiamati a valutare l’entità del danno che una donna stuprata ha subito presumendo culturalmente che lei sia presunta colpevole e lo stupratore presunto innocente.

Continua a leggere “#LegittimaDifesa per le donne contrasta col potere del patriarcato”
Critica femminista, Culture, Violenza

Quando per la donna uccidere un uomo è legittima difesa?

La risposta parrebbe essere: mai!

Secondo la legge devono esserci ripetuti episodi di maltrattamenti ma evidentemente devono essere stati denunciati. E ci deve esser una situazione di reale pericolo, diversamente non viene considerata una difesa legittima ma un assassinio.

Per tentare di capire bisogna fare una premessa: una donna non denuncia e se è vittima di violenza molto spesso è terrorizzata e non ritiene, per questioni psiclogiche e per disistima, di poter essere creduta. Spesso molte riferiscono che le stesse famiglie non credono ai loro racconti e le incoraggiano a resistere per il bene dei figli. Si viene a creare una situazione di terrore nella quale una donna, manipolata e offesa dal marito violento, non ritiene di avere nessuna via d’uscita. Le botte non arrivano mai da sole. Un violento le accompagna con svalutazioni e spinte all’isolamento della donna. Non ti vorrà nessuno. Te lo meriti, è colpa tua, non dovevi fare questo o quello. Dunque qual è la via d’uscita che una donna in queste situazioni trova? Generalmente, giacché il rapporto di forza fisica è impari, decide di uccidere il marito nel sonno. Da sveglio non potrebbe avere la meglio. Ma uccidere nel sonno significa per la legge che lei non è in oggettivo e immediato pericolo e che ha premeditato l’assassinio. Non si tiene conto della cosiddetta sindrome della donna maltrattata, più conosciuta negli Usa, che impone alla donna di sentirsi in pericolo sempre, finanche quando lui le dorme accanto. Lei soggiace al di lui controllo e non riesce a salvarsi se non immaginando una via definitiva per sé e i figli. Le donne che uccidono gli uomini, per la maggior parte, senza voler giustificare le loro azioni, lo fanno in situazioni di violenze ripetute e mai denunciate. Situazioni di cui sapevano i vicini e i familiari ma venivano taciute. Situazioni perfino conosciute dai figl vittime di violenza assistita ai quali si impone lo stesso regime di omertoso silenzio.

Continua a leggere “Quando per la donna uccidere un uomo è legittima difesa?”
Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

#Monterotondo: legittima difesa. Ma perché i paternalisti parlano di bellezza e virtù dell’accusata?

Io non so come sia andata la storia della ragazza di Monterotondo, quella per cui si ipotizza la legittima difesa dopo la morte del padre dal quale l’intera famiglia, madre e sorelle, dovevano difendersi perché era un individuo violento. Mi sono soffermata a leggere del fatto che tutti sapessero ma nessuno aveva fatto nulla. I vicini di casa, i conoscenti, i parenti, Qualcuno che avrà visto i lividi o avrà sentito le urla? Ma si sa che i panni sporchi si lavano in famiglia e che tra moglie e marito non si osa mettere il dito. Quel che è certo è che a questa ragazza è toccata una sorte pessima perché non avrebbe dovuto essere costretta a difendere se stessa, la madre e le sorelle. Non avrebbe dovuto sostituirsi a nessuno. Invece ci si è trovata in mezzo e chi ha vissuto fatti violenti in famiglia sa perfettamente come capita quando l’ommu ‘i casa prende un oggetto e te lo lancia addosso, strattona tua madre o tua sorella o picchia tuo fratellino piccolo perché ha respirato con note che non gli suonavano giuste, manco fosse un direttore d’orchestra dei respiri familiari.

Continua a leggere “#Monterotondo: legittima difesa. Ma perché i paternalisti parlano di bellezza e virtù dell’accusata?”

Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie, Violenza

Mi ha salvata la ragazza del bar

La prima cosa che vedi quando stai per arrivare nella mia piccola città è un distributore di benzina, con tre capannine che la rilasciano se metti abbastanza soldi e con un nordafricano che fa la guardia non si capisce a cosa. Di certo non è semplice rubare il liquido e se riesci a rubare i soldi ti inchiodano le telecamere nascoste che filmano tutto.

Continua a leggere “Mi ha salvata la ragazza del bar”