Lui scrive:
Ciao. Volevo condividere con voi questa riflessione, pregandovi di restare anonimo. Un po’ perché non voglio catalizzare l’attenzione su di me, non voglio essere riconosciuto da chi mi conosce e spero che non accada in caso di pubblicazione, perché non lo reputo importante e perché mi vergogno parecchio, un po’ perché vorrei sapere se altri compagni si sono mai trovati in situazioni simili, e cosa ne pensano. Vorrei che un fatto personale venisse collettivizzato.
Cerco di farla breve, perché il contorno, lo scenario, non è così importante. Soprattutto, non è così extra ordinario. Basti sapere a chi legge che nella mia città da diverso tempo un gruppetto di resident* ha preso di mira diverse famiglie rom che avevano parcheggiato i loro camper in un parco pubblico. Nei mesi passati le azioni contro le famiglie rom hanno assunto tratti al limite del terrorismo politico, nel senso letterale della parola: blocchi stradali conditi da insulti e minacce, intimidazioni, aggressioni verbali e fisiche. La destra più becera ha cavalcato, e continua a cavalcare più o meno nell’ombra, questa situazione. Tra solidal* si è deciso di indire un presidio a sostegno di queste famiglie. Tutto bene fino a qui: il classico “presidio antifa”. Noi da una parte, loro dall’altra, le guardie in mezzo. Una situazione, questa sì, ordinaria: qualche intervento al microfono, un po’ di musica, sberleffi da una parte e dall’altra. In generale, un presidio che mi lascia con l’amaro in bocca, con un prurito di sconfitta, una sensazione di non aver saputo ribaltare i rapporti di forza, fatto indispensabile a impedire nuove iniziative razziste.
Continua a leggere “Compagni. Antisessisti. Talvolta un po’ machisti”