Antiautoritarismo, Pensieri Liberi

Ci colpirà il fall-out di 2500 esplosioni radioattive

Mentre continuo a studiare per costruire la mia ambientazione di un futuro distopico post apocalittico trovo questo e già sapevo delle sperimentazioni tra atomica e bombe all’idrogeno ad opera di vari paesi ma non pensavo fossero così tante.

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Antiautoritarismo, Antisessismo, R-Esistenze, Violenza

La guerra in casa nostra

In questo periodo si parla di guerra e io sono scesa in piazza tante volte contro la guerra. Sono scesa in piazza contro le basi nato e i missili. Sono scesa in piazza contro le occupazioni di pace In Kosovo. Contro la guerra in Afghanistan e in qualunque altro posto del mondo in cui si parlava di esportazione dei valori occidentali. 

Ma le guerre che mi hanno riguardato più da vicino e che forse hanno riguardato anche molti di voi sono guerre invisibili che combattiamo tutti i giorni. C’è la guerra contro la violenza di genere. Il Regno del terrore imposto dal padre padrone in casa. Sono quei momenti in cui metti l’indice sulle labbra per incutere silenzio quando il maschio parla. Il momento in cui ricopri la testa con le coperte sperando che lui non capisca che sei ancora sveglia. Il momento in cui fai finta di dormire quando lui ti tocca e speri che finisca in fretta.

Sono i momenti in cui non dormi la notte perché lui deve sfogarsi e ti lancia di tutto addosso. E poi ti colpisce ovunque con pugni e calci lasciando tracce e lividi dappertutto sul tuo corpo. Sono i momenti in cui cammini per strada e hai paura che qualcuno ti segua e ti bracchi e poi ti catturi per fare di te quello che vuole. 

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, R-Esistenze, Recensioni

La giovane comandante che affronta l’ISIS: “Se ti attaccano e ti stuprano, devi difenderti”

Pezzo in lingua originale da eldiario.es firmato Miguel Angel Villena (traduzione di Martina) 

La regista catalana Alba Sotorra presenta la prima proiezione del film Comandante Arian alla Seminci (La Semana Internacional de Cine de Valladolid), un coraggioso e rivendicativo documentario su una unità di miliziane che lottano contro l’ISIS

“Se ti attaccano e ti stuprano, devi difenderti”. Si può dire più forte, ma non più chiaramente. A pronunciare questa frase è la comandante Arian, una giovane trentenne e capo della unità di miliziane che combatte lo Stato Islamico nel nord della Siria.

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Donne di conforto: quelle vittime dei crimini dell’esercito giapponese

Mi serviva un po’ di riposo per ripensare alle mie priorità e per leggere e studiare seguendo la mia curiosità, la mia voglia di sapere, in un tempo in cui mi pare di aver già detto tutto, guardando alla storia che si ripete e all’incapacità di tant* di reagire e di sottrarsi alle stronzate dette da questo o quella.

Mi sono imbattuta in un documentario storico sulle Donne di Conforto che i giapponesi, in epoca pre seconda guerra mondiale, adoperavano per fornire prostitute gratuite ai soldati nei bordelli del grande impero giapponese. Queste donne, spesso anche bambine, venivano prese direttamente nelle case dei territori colonizzati e deportate in Giappone dove venivano rinchiuse come bestie, affamate e stuprate ogni giorno da un numero impressionante di soldati fino al punto da lasciarle crepare e poi sostituirle. E’ un capitolo mortificante della storia che però spiega la sostanza di quel che l’impero giapponese inflisse alle popolazioni che ha massacrato. In Corea e Cina fecero stragi di gente comune, donne, vecchi e bambini/e mentre l’America restava alleata al Giappone e quelle persone cercavano inutilmente di difendersi da sole.

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Zitta donna, è guerra. Torna il mito dell’uomo forte!

Combattente Curda in lotta contro L'Isis
Combattente Curda in lotta contro L’Isis

 

Parate militari, persone che se la giocano su quante verità abbia detto la Fallaci, lo Stato virile che con il volto di Alfano o Renzi assicura grandi mosse a protezione dell’Europa. Titoli di giornale sul salvatore parigino della donna “incinta”, ché dire donna e basta evidentemente non rendeva. Perfino su Valeria, assassinata dai terroristi, si scrive che avrebbe voluto essere madre. E tutto ciò mi ricorda il post 11 settembre descritto egregiamente da Susan Faludi nel libro “Il sesso del terrore”.

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Donne dell’Isis reclutate da estremisti ipnotizzatori

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Da un po’ di tempo non si fa che parlare delle donne dell’Isis. Di tutti gli argomenti che si potrebbero trattare a proposito di questa organizzazione estremista quello che più preme all’occidente, come sempre, è il ruolo, la funzione esercitata dalle donne. Dapprincipio sono stati pubblicati articoli in cui si parlava della maniera orrenda in cui gli uomini dell’Isis trattavano le donne. Vendute come schiave, uccise se non volevano sposarsi, costrette alla riproduzione per generare figli di jihadisti, con dei comandamenti da rispettare sotto stretta sorveglianza di altre donne cattivissime. Dopo un po’ cominciò a circolare un manifesto in cui ‘sta gente spiegava come doveva comportarsi una donna. Niente scuola o lavoro, figli, marito e famiglia, combattenti solo se necessario e sotto gli ordini dei capi maschi, preferibilmente nel ruolo, un po’ più nascosto, di cecchine.

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La bimba con le mani alzate e l’indignazione da tastiera

In questi giorni tutti avete visto e forse anche condiviso la foto di una bambina siriana, con le braccia alzate in segno di resa, perché aveva scambiato l’obiettivo fotografico per un fucile. Grazie alla community di Abbatto i Muri, attraverso alcuni link, sono riuscita a capire che la foto è di un

fotoreporter turco, Osman Sağırlı, che avrebbe scattato la foto alla piccola Hudea, nel campo profughi Atmeh in Siria con la madre e due fratelli, a circa 10 km dal confine turco e 150 km dalla loro casa di Hama. Immagine pubblicata lo scorso gennaio sul Türkiye“.

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#Afghanistan: a ricostruire la galera per adultere… hanno pensato i militari italiani!

Avete presente i militari italiani? Quelli che stanno in giro per il mondo per “missioni di pace”? Impegnati anche nella ricostruzione di quel che altri militari, di diversa nazionalità, hanno distrutto? Hanno realizzato anche questo carcere femminile per donne afghane a Herat e sembra essere il fiore all’occhiello che dovrebbe dimostrare l’efficacia della presenza umanitaria in Afghanistan. Recensito, filmato e fotografato da molti media italiani [1] [2] [3] [4] [5], giacché di propaganda istituzionale non siamo mai sazi, questo carcere “accoglie” (notare l’effetto e la semantica addolcita delle parole) donne che sono state arrestate in virtù delle leggi atroci che esistono in quel paese, aggravate, peraltro, anche dalla guerra che ha deposto tiranni di tipo A per piazzare al potere tiranni di tipo B fortemente misogini e integralisti.

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#Nigeria: quelle bambine usate come arma di guerra

Immagine a cura di Mauro Biani
Immagine a cura di Mauro Biani

Mentre i capi europei (come previsto) approfittano dell’attentato francese, commesso da persone nate e cresciute in Francia e non da immigrati senza permesso di soggiorno, per rimettere in discussione il Trattato di Schengen e dunque le leggi sull’immigrazione, rendendole più restrittive e violando così la libertà di circolazione degli esseri umani e mentre gli stessi capi, Hollande in testa, ne approfittino per rimettere in discussione anche le leggi che riguardano la libertà di opinione su internet presentando disegni di legge che prevedono la chiusura di siti web (bello combattere chi censura la libertà di opinione con una legge che censura quella stessa libertà) senza che ci sia neppure bisogno della sentenza, ovunque si discute di Charlie Hebdo e nessuno dedica un commento, seppur sbadato alle bambine usate come Kamikaze.

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#Francia: dopo l’attentato ecco l’isteria collettiva e la spinta islamofoba

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Isteria collettiva attorno all’attentato al giornale satirico francese da parte di estremisti musulmani (?). Si riapre il percorso autoritario, stavolta europeo, attivato dopo l’11 settembre. Quante leggi razziste vedremo promosse e approvate in conseguenza di ciò? Quanta privacy sacrificheremo ancora in cambio di “sicurezza”? Quante norme repressive contro ogni tipo di dissenso ai governi passeranno prendendo a pretesto quanto è successo a Parigi? Quanta gente istigherà all’islamofobia? Quel che vedo è che perfino la “sinistra” insegue la destra estrema sui temi dell’immigrazione, pur di non lasciare vincere la Le Pen di turno. Di fatto, dunque, la sinistra, non esiste quasi più. Quasi.

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#Gaza #FreePalestine: ebrei che dicono “Not in my name!”

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Provo a fare una sintesi, parzialissima, di quello che sta succedendo in questi giorni in giro per il mondo in opposizione al massacro del popolo palestinese ad opera dell’esercito israeliano. Silenzio e complicità, direi, da parte di molti governi occidentali che hanno bisogno che Israele sia lì a rappresentare una roccaforte militarizzata e armata dall’occidente per il controllo del medio oriente. Si mobilitano invece moltissime persone che hanno tutt’altra idea di come si dovrebbero gestire le relazioni tra umani.

In generale ci si oppone a due argomenti che sembrano giustificare la guerra. C’è l’argomento principe, un po’ simil Bush, che dice che di là stanno dei terroristi e dunque bisogna fare una guerra che sembrerebbe “giusta”, e poi, tra un pezzo di propaganda militare e l’altra, c’è chi dice anche che una politica improntata sul pinkwashing, di qua in Israele siamo tutti liberi, le donne e i gay sono ripettat* e invece di là li tratterebbero malissimo, oppure basata sulla paura, sul terrore, di là ci sono i cattivi e dunque ergiamo muri, fottiamogli la terra, le case, l’accesso a terra, vento, cielo e mare, impediamogli di coltivare e di pescare, limitiamo le loro risorse d’acqua e bombardiamo i tunnel che usano per fare passare cibo e medicine per la popolazione, mentre di qua, in Israele, il sole splende, noi siamo tutti uguali, siamo quelli che conoscono il vero concetto di democrazia, al punto da esportarla con le bombe, insomma una guerra basata su questi presupposti sia un incanto.

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Genderizzare la Guerra al Terrore

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Da Incroci de-generi:

Sull’uso di quel micidiale dispositivo di potere e di assoggettamento che è il genere e sulla retorica “donneebambini” nella narrazione della Guerra al Terrore, la traduzione di un articolo di Maya Mikdashi pubblicato da Jadaliyya.

Maya Mikdashi ha conseguito un dottorato presso il Dipartimento di antropologia della Columbia University. E’ co-direttora del film documentario About Baghdad. Attualmente svolge ricerca e dirige il Centro Studi sul Medio Oriente al NYU Kevorkian Center. Mikdashi è inoltre co-fondatrice ed editora di Jadaliyya, rivista elettronica prodotta dall’Arab Studies Institute. Tutt* i collaboratori e le collaboratrici di Jadaliyya, accademici, giornalisti, attivisti e artisti dal e sul Medio Oriente, svolgono per la ezine attività volontaria e non retribuita.

Possono gli uomini palestinesi essere vittime? La genderizzazione della guerra di Israele contro Gaza Continua a leggere “Genderizzare la Guerra al Terrore”

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#Gaza: parlarne, non parlarne, e nel frattempo la Palestina muore!

[Nel video la regista Israeliana Naomi Levari che parla ai palestinesi. In basso la traduzione in italiano]

Giorni e giorni, status, post, commenti, dedicati all’opportunità, o meno, di discutere di quello che sta succedendo a Gaza. E’ meglio parlarne o non parlarne? E giù i motivi per cui sarebbe meglio che no piuttosto che si, e nel frattempo lì stanno crepando bambini, donne, uomini, persone, e mancano i medicinali, e hanno invaso gli ultimi metri di terra che gli israeliani non avevano ancora rubato con le ruspe, a demolire case, ad appropriarsi, metro dopo metro, della terra, a togliere luce e sole e acqua ai terreni che stanno al confine di quel grande muro che bisognerebbe abbattere.

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