Stamattina, scorrendo le notizie sulla home di facebook, mi è comparso un post al quale un mio “amico” aveva messo Mi piace: non ne conosco personalmente, né per sentito dire, l’autore e nemmeno mi interessa, ma ho letto quello che c’era scritto. Si trattava di un breve commento al progetto della fotografa brasiliana “empowering me” (al quale questo blog aveva dedicato un breve articolo), dedicato alle donne con un corpo “fuorinorma”, per combattere i (pre)giudizi sulla bellezza legata alla taglia dei jeans. Questo tizio commentava che non sopportava l’”orgoglio” delle “chiattone”, affermando che il loro essere “malate” per scelta costa soldi alla sanità, denaro che potrebbe venire impiegato per chi ha un tumore e non ha certo mai voluto venire condannato a morte. Terminava il tutto con una frase paraculissima sul fatto che la bellezza è oggettiva, ma che una donna in sovrappeso se “sta sopra” lo ucciderebbe e quindi, se può, ne fa pure a meno.
Je suis Charlie, certo, ma sei Charlie tu e quindi lo posso essere anche io: permettimi qualche riflessione sul peso (visto che siamo in tema) delle tue parole su un argomento parecchio delicato.
Quindi, secondo te, sono “Orgogliose chiattone”, perché i chili in più automaticamente ti rendono un essere privo di dignità che non ha il diritto di replicare agli insulti e di affermare che sì, il suo corpo è fuori norma e sì, è ugualmente bello. Esseri malati ai quali non è data nemmeno la possibilità di avere una vita sessuale perché non possono “stare sopra”. Un peso per la società, perché si “mangiano” denaro pubblico che potrebbe benissimo venire impiegato per curare persone che se lo meritano di più (!!!).
Io ho amiche di tutte le forme e dimensioni: a pera, sottopeso, a clessidra, con le braccia cicciotte e con le dita tozze, con qualche chilo in più e qualche chilo in meno, con un metabolismo veloce, con la cellulite o con le cosce sottili. Ma quelle che del proprio peso ne hanno fatto una malattia sono troppe, davvero, davvero troppe.
Nel leggere il post di questo uomo “grassofobico” (cit. Eretica) ho pensato ad alcune di loro.
Ho pensato alla mia cara amica che ha sofferto di disturbi alimentari ed ora è visibilmente sovrappeso, al modo in cui la gente la guarda quando si siede in autobus e occupa più spazio di quello che il pensare comune definisce “consono”. Al percorso psicologico che da anni sta percorrendo per ritrovare la serenità e alle difficoltà che la preoccupano molto più dei chili in eccesso.
Ho pensato a quella coinquilina meravigliosa e con un cuore grande che si era convinta di non essere abbastanza magra ed era arrivata a pesare quaranta chili.
Ho pensato anche a quella che va in palestra tutti i giorni e che ha un corpo decisamente in forma e non si concede quasi nemmeno più un pezzo di cioccolata perché si vede sovrappeso e non si piace quando si guarda allo specchio.
E un poco ho pensato anche a me, a tutte le paranoie che da ex brutto anatroccolo mi sono fatta sul mio corpo: la pancetta, le gambe storte, le cosce robuste. Pensavo al fatto che sono normopeso, quasi magra (53.5 chili per 1.63m) e tuttavia non sono stata esente da commentini malevoli sul fatto che non ho il ventre piatto, o che forse “con un paio di chili in meno starei meglio”.
Sono stata vittima di bullismo per il mio aspetto fisico, quando ero ancora preadolescente: dicevano che ero brutta, che nessuno mi avrebbe mai voluto, che avrei dovuto andare dal chirurgo estetico per rendermi accettabile. Le ragazze mi escludevano, i ragazzi mi evitavano. Ora ho ventun’anni e sono una donna, consapevole di possedere una giusta dose di fascino e femminilità, mi sento bella e a mio agio con il mio corpo. Ma ricordo bene quanto fanno male certi sguardi, certe frasi, certe battute subdole che colpiscono tra le scapole e ti fanno cadere a terra.
E tu, tu che ti lamenti di quelle “chiattone” che si ammalano per scelta, non hai mai pensato che siete voi ad additarle come esseri immondi da curare? E che se la smetteste di giudicare da quello che vedete e non sapete, forse non avreste bisogno di elargire così tanta cattiveria gratuita?