Sono gay e lo so dalle elementari, da quando avevo otto anni e tutte le mie coetanee cominciavano ad interessarsi ai maschietti e a fantasticare su un futuro accanto a loro. Ma io no, e ricordo di aver pensato che ‘gay’ era proprio quello che ero la prima volta che mi hanno spiegato cosa significasse. Non gli detti peso, ero una bambina e non mi sembrava un problema. Un giorno, in quinta, cominciarono a prendermi in giro chiamandomi lesbica, insistevano con cattiveria e ridevano di me. Sapevo che avevano ragione, e per la prima volta sentii tremendamente sbagliata per come ero e cominciai a convincermi che l’unico modo per vivere una vita felice sarebbe stato farmelo passare. Mi nascosi e piansi tutte le mie lacrime.
Ordunque, proverò ad essere sintetico, anche se sarebbe meglio dire stringato, per non evocare immagini di finzione – questa a una prima lettura, ammetto, risulterà astrusa. Vedi l’espressione i termini sono importanti –.
Il prossimo 23 gennaio avrà luogo in diverse piazze italiane la mobilitazione lanciata dalle principali associazioni LGBT italiane (Arcigay, Arcilesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Mit) in vista della discussione al Senato del ddl Cirinnà sulle unioni civili. Tantissime opinioni sono già state espresse su questo disegno di legge riguardo la sua incompletezza e la segregazione giuridica che potrebbe creare, ma il punto che vorrei analizzare è un altro.
Avete letto l’ultima trovata shock de Il Giornale? Hanno mandato un ragazzo con l’espressione da Urlo di Munch in giro per Centri Sociali, o per lo meno attualmente ne ha recensito uno, il Ri.Make. Che il Giornale e il Centro Destra milanese nutrano una evidente avversione nei confronti dei centri sociali non è cosa nuova per nessuno. Che li descrivano come luoghi di perdizione, depravazione e satanismo (talvolta) è già cosa nota. Mancava il piglio da Le Iene, a violare la privacy di persone che non hanno autorizzato nessuno a filmarli e poi a pubblicarne le immagini su un quotidiano. Eppure quest’uomo in balìa di un viaggio nel regno del terrore insiste su questo dettaglio ad ogni piè sospinto. Due pesi e due misure. Egli può infiltrarsi e raccattare qualche dettaglio buono per fare titoli sensazionalisti ma gli altri non possono praticare militanza con occupazione di spazi che vengono restituiti alla collettività per farne luoghi di incontro e di iniziative politiche che hanno un senso ben preciso.
L’attivista queer Yasmin Nair sostiene che la lotta per il matrimonio gay sia stata guidata da un movimento elitario e conservatore – 26 giugno 2015
La dott. Yasmin Nair è una scrittrice, attivista, accademica e commentatrice freelance di Chicago. È co-fondatrice del collettivo editoriale Against Equality (“Contro l’uguaglianza”) e componente di Gender JUST, un’organizzazione di attivismo radicale di base di Chicago. Figlia bastarda della teoria queer e del decostruzionismo, Nair ha al suo attivo numerosi saggi critici e recensioni editoriali, è fotografa e scrive come opinionista e giornalista investigativa. Ha pubblicato, tra gli altri, su These Times, Montlhy Review, The Awl, The Chicago Reader, GLQ, The Progressive, make/shift, Time Out Chicago, The Bilerico Project, Windy City Times, Bitch, Maximum Rock’n’Roll, e No More Potlucks.Continua a leggere “La vittoria del matrimonio gay non riguarda l’uguaglianza”
Una riflessione di Alice che ci invita alla discussione:
“Cara Eretica, ti scrivo per una riflessione sulle recenti questioni di matrimonio e genitorialità omosessuale, perché parlando con amici sono emersi molti punti di vista (…). Quando il matrimonio omosessuale è stato annunciato come approvato in tutti gli Stati Uniti, il punto su cui si è posto l’accento è l’amore. L’amore uguale per tutti, il volersi bene come fondamento dell’istituto matrimoniale.
Lo stesso argomento è tra i più radicati, o perlomeno più mediaticamente citati, in relazione alle adozioni e ai figli di genitori omosessuali: famiglia è dove c’è amore. A me, però, questa sembra una estremizzazione ideologica. Dal mio punto di vista gli omosessuali, esattamente come tutti gli altri, hanno il diritto di essere genitori perché cittadini e persone. Di conseguenza, hanno anche il diritto di essere cattivi genitori, genitori assenti, annoiati, recalcitranti.
Non che questa, per me, sia ovviamente la situazione ideale: un figlio e una figlia dovrebbero davvero nascere in un contesto che assicura amore, protezione, stima e sostegno durante la loro vita. Ma se questo non accade per madri e padri etero, perché dovrebbe essere un requisito fondamentale delle famiglie arcobaleno? Mi pare che, puntando tutte le “fishes” sulla casella dell’amore, si metta una nuova gabbia e nuove aspettative irrealistiche sui figli di omosessuali.
Ogniqualvolta una coppia omosessuale si mostrerà come una cattiva coppia di genitori, così, sarà un pretesto per mettere in discussione la bontà del diritto genitoriale omo tout court. Ogni volta che un bambino di madri o padri omo sarà maltrattato o subirà trattamenti violenti, umilianti o dolorosi, la colpa sarà attribuita all’orientamento sessuale di chi l’ha cresciuto, invece che alle sue scelte e comportamenti quotidiani.
In sintesi, quello che mi chiedo è se l’amore, che per me è, in tutte le sue forme, una vera benzina di vita, sia l’argomentazione più adatta e completa per sostenere il diritto gay alla famiglia, o se non si stia rischiando di chiudere queste persone in un nuovo recinto, dove saranno costrette ad essere per sempre felici e contente, pena lo shaming in pubblica piazza. Tu/voi che ne pensate?”
Ricevo questa storia e la condivido con voi. E’ bella, semplice e parla di genitori, figli e amore. Buona lettura!
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Ieri la mia più cara amica mi ha scritto su Whatsapp. Perché doveva raccontarmi una storia. A me è parsa una storia molto bella e siccome ci ho trovato dentro un sacco di cose, come quando ti fanno un regalo che sta dentro una scatola che però contiene altre scatole con altri regali ancora, ecco, insomma: volevo condividerla con te.
I prossimi casi di bullismo omofobico nelle scuole, legittimato anche da chi immagina che la prevenzione alla violenza sia un modo per colonizzare le menti dei bambini, ché, capisco, devono continuare ad avere la testa colonizzata di ogni tipo di cazzata che viene detta loro in nome della difesa dell’ideologia Etero/Cattolica/Omofobica, li addebiteremo agli alieni, o agli stessi genitori di questi bambini che non hanno avuto il buon gusto di annegarli da piccoli o di non consegnarli alle terapie “riparative” allo scopo di condurli, dritti dritti, alla disistima di sé, alla depressione, e, perché no, anche al suicidio.
Alla fine la Chiesa vince sullo Stato Laico, grazie a un governo e a ministri codardi e che, ultimi nella storia dell’occidente, ancora insistono nel considerare altre culture, quelle che ispirano le impiccagioni o le incarcerazioni dei gay, retrograde. Invece noi, che culo!, non li impicchiamo in pubblica piazza, non vietiamo loro di parlare ed esprimersi, ma giochiamo tutte le nostre carte per farli sentire in colpa, isolarli, indurli a condurre una vita ritirata, a fare certe cose in privato e mai in pubblico, e che la smettano di pensare di poter costruire famiglia, con figli e tutto, perché in quel caso la chiesa si finge femminista volendo ordinare alle donne di fare figli solo entro famiglie etero. Se sei lesbica invece non va bene e ancora di più non va bene se presti l’utero per fare un figlio per una coppia gay.
Abbiamo poi tante preghiere destinate alla salvezza di froci, trans, lesbiche, tutta quella gente molto confusa, che dovrebbe smetterla di sentirsi superiore agli etero. Non sono forse gli etero la componente sociale sulla quale si regge l’equilibrio, normativo, dell’intera società? Allora tutti in piazza a sentinellare. Io sentinello, tu sentinelli, egli/ella sentinella, noi sentinelliamo, voi sentinellate, essi sentinellano. Ovunque. Fuori. Dentro la scuola che dovrebbe essere pubblica ma non lo è.
Oh, come prossimo libro di testo che ne dite se scegliamo una raccolta di discorsi a caso presi dal repertorio di qualche cardinale omofobo? Vedrete come aumenteranno le iscrizioni…
Ed è l’ultimo post amorevole e amoroso che scrivo prima del fermo chirurgico. State bene. Ci risentiamo tra un po’ di tempo. E buona lotta e buona resistenza a tutt*.
Ho visto bandiere rainbow ovunque. Dublino come un immenso arcobaleno. Scritte di incoraggiamento e sorrisi a chi ha volantinato senza sosta, a chi proponeva una firma in uno dei tanti banchetti, a chi voleva un badge in più. Colori dell’anima. Non solo ieri. Nei mesi passati. Ogni giorno. Questa vittoria è partita da tanto lontano. E ieri c’era pure il sole.
L’Irlanda ha votato si al referendum per il matrimonio gay. Molti e molte festeggiano. Tante persone dicono che è meglio che niente e in Italia il tono è del tipo: magari si potesse fare anche da noi. Accanto a queste e altre reazioni ci sono anche delle perplessità che provo a mettere assieme raccogliendo le riflessioni di due persone che mi hanno scritto.
Scrive Meggy (e QUI trovate la discussione che è seguita a questa riflessione):
“L’Irlanda ha votato sì al referendum sul matrimonio gay e questo viene indicato come un grande passo in avanti; è evidente che se la mettiamo sul piano pratico tra nessuna apertura al matrimonio omosessuale e un referendum il secondo è un passo avanti però a me sembra comunque aberrante che una scelta così privata come quella di volersi sposare sia sottoposta all’approvazione di tutta la popolazione votante. Forse è un punto di vista troppo estremo il mio ma a me pare abbastanza umiliante, come se si sottintendesse che se non c’è l’approvazione pubblica allora io non ho il diritto di scegliere di sposarmi.”
e continua:
“Nella cattolicissima Irlanda oggi vince il sì ai matrimoni gay” titolano quasi tutti i giornali italiani. La prima reazione è di gioia perchè finalmente viene riconosciuto un diritto di base. Dovrebbe essere un grande passo avanti, la dimostrazione che la società cambia, migliora e si autodetermina usando uno strumento istituzionale (il referendum). Per certi versi, questi pensieri rispecchiano i principi della democrazia greca che ci sono stati insegnati a scuola (potremmo discutere del fatto che la democrazia ateniese in realtà fosse un ristretto circolo di maschi ricchi e purosangue, ma non è questo il luogo). Eppure, c’è anche l’altro lato della medaglia e cioè che con il referendum è come se implicitamente si stesse dicendo: “cari connazionali,ho io il diritto di sposarmi con chi mi pare e mi piace?”. In pratica si sta chiedendo il permesso a esercitare un diritto. E purtroppo questo è solo uno dei tanti diritti non riconosciuti,non solo alla comunità lgbt ma a tutti gli uomini e le donne che ora sono oppressi. Allora forse è necessario pensare e praticare molteplici forme di lotta e magari provare a pensare a un mondo con qualche istituzione in meno e qualche libertà in più.
Vorrei rigraziare tutte le persone che hanno contribuito con le loro riflessioni.
La discussione parte da un messaggio che mi ha lasciato una ragazza. Dice:
“sono bisessuale e mi sono resa conto che non sono accettata né dagli etero né dalle lesbiche. ognuno mi vorrebbe solo di quella sponda. qualcuna mi ha chiamato traditrice, mi ha detto che non posso giocare coi sentimenti degli altri finché non capisco chi voglio essere. ma io so già cosa sono. sono bisessuale. perché la mia preferenza sessuale è discriminata da chiunque?”
Chiedo allora anch’io, perché? E mi rispondono in tante. Provo a fare una sintesi dei commenti per tenerne memoria ed estendere la discussione a chi legge il blog.