Comunicazione, Critica femminista, R-Esistenze

Doina Matei: perché forcaioli e repressione del dissenso stanno sullo stesso piano

Io so che quello che sto per dire è impopolare ma lo dico lo stesso. La storia della ragazza che avrebbe violato i termini della semilibertà per una foto su facebook sta continuando a essere pretesto per l’espressione di una Italia di destra, forcaiola, che immagina di non poter concedere a chi va in galera una seconda opportunità. Mai sorridere, mai ricominciare a esistere, mai mostrare il fatto che continui a respirare dopo aver subito una condanna. E allora smetto di parlare di questa donna, con tutto il rispetto per i parenti della sua vittima, e parlo di quel sentimento che serpeggia anche in contesti “femministi”. L’idea della certezza della pena, l’invocazione della pena di morte per reati quali la violenza sulle donne, lo stupro, il femminicidio, usando il dolore dei parenti delle vittime o delle sopravvissute, per spingere sempre più in là il confine tra giustizia e vendetta, non sono cose che riguardano solo Doina Matei. Ho visto parole di fuoco di donne che vogliono il sangue, che bene si mischierebbero ad altre persone che usano le donne abusate per giustificare razzismo qualora ad essere accusati siano uomini stranieri.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Critica femminista, R-Esistenze

Denuncia per “istigazione al favoreggiamento della prostituzione” (?) contro proposta di Zoning a Milano

Succede che l’avviso di esposto/denuncia da parte di un gruppo di abolizioniste della prostituzione nei confronti di persone che hanno proposto lo zoning, per i/le sex workers, a Milano, si è concretizzato il 25 Novembre. Tre associazioni di donne hanno depositato un’incredibile denuncia per istigazione al favoreggiamento della prostituzione (?) compiuto, secondo la loro opinione, da “chiunque”, a questo punto e se ho capito bene, parli di sex working a partire da un punto di vista non abolizionista. Non so se lo stesso tipo di denuncia potrebbe riguardare, per esempio, Amnesty, contro la quale di recente si è celebrata una campagna orribile per via della sua decisione che promuove la decriminalizzazione della prostituzione. O potrebbe riguardare, chi lo sa, anche media che danno voce a sex workers che si raccontano e spiegano di aver scelto liberamente quella professione. Potrebbe riguardare ogni parlamentare che presenta una proposta di legge non abolizionista sullo stesso tema. Potrebbe riguardare il Comitato per la difesa dei diritti civili delle prostitute, presieduto da Pia Covre, perché schierato in una battaglia sostenuta, per l’appunto, non solo da molte femministe, ricercatrici e associazioni, ma anche dall’Associazione Certi Diritti. Quel che a me preme dire è che se e quando un dibattito politico delega al tribunale la decisione su chi ha ragione e chi ha torto significa che non ci sono più argomenti. Mi amareggia molto questa notizia, perché speravo ancora che nel movimento femminista, anche con donne che la pensano in modo tanto diverso, ci fosse spazio per una sana e aperta, benché conflittuale, discussione politica. Lo speravo, per quanto fossi già consapevole del fatto che esprimere un’idea, sulla regolarizzazione del sex working, a partire dalle stesse rivendicazioni di tant* sex workers, è veramente molto difficile o, per meglio dire, quasi impossibile. Evidentemente non sbagliavo.

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Antiautoritarismo, L'Inchiostrato, R-Esistenze

Estinguere le carceri con canzoni di merda

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di Inchiostro

Metto musica di merda a tutto volume.
Accendo una sigaretta.
Ho un mal di testa lancinante, ma mi rifiuto di prendere degli analgesici.
Mi dico, piuttosto, che dovrei seriamente considerare il fatto di bere meno.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

Tassista stuprata a Roma: ‘Preferenziale Rosa’, sicure che il Registro Pubblico sia una soluzione?

Una tassista è stata stuprata a RomaGrave, gravissimo. Sono solidale con lei e con chiunque subisca un abuso, in orari di lavoro, in casa, in strada, ovunque. Pare che il tizio che l’ha stuprata ne avesse precedentemente molestata un’altra. Il fatto è venuto fuori a stupro già avvenuto. Così sappiamo che quest’uomo sarebbe ora accusato di molestie, violenze nei confronti della tassista e non so cos’altro.

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Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze, Violenza

Salvini, la castrazione chimica e i due minuti d’odio

La notizia è quella di una donna che dopo aver ordinato una pizza riceve a domicilio anche uno stupro. Se la news fosse stata pubblicata senza specificare la nazionalità dello stupratore i commenti, così come è avvenuto per un altro caso datato 21 aprile, ne sono certa, sarebbero stati tutti contro la donna. Si sarebbero sprecati i “è una bugiarda”, “se l’è cercata”, “prima l’ha scopato e poi si è pentita”, eccetera. Invece l’uomo denunciato è straniero, nordafricano, e allora, il prode Salvini, certamente non conscio del fatto di concedere al suo elettorato due minuti d’odio, dimenticando i tanti stupri e atti di violenza commessi da italiani, esprime il suo parare quieto e responsabile e propone la vecchia ricetta di sempre di stampo leghista. Castrazione chimica, con pregiudizio per gli stranieri, perché gli italiani veri proteggono le “loro” donne.

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Accusato, arrestato, assolto: non ho mai fatto stalking alla mia ex!

Sono un ex detenuto. Per la maggior parte ero ai domiciliari in attesa del processo. La carcerazione preventiva è ingiusta, disumana, perché se alla fine tu sei assolto nessuno ti risarcisce di niente. Sono stato accusato per stalking. Avrei stalkerizzato la mia ex. C’era stato un periodo di lascia e prendi. Lei mi chiamava, io la chiamavo, ogni tanto scopavamo di nascosto per non far sapere a tutti che eravamo amanti clandestini. Un giorno mi chiamò per dirmi che non dovevamo più vederci. Le dissi okay, non c’è problema. Non l’ho più cercata. Dopo qualche mese – e io ero a fare altre cose e me l’ero già scordata – vedo arrivare due militari che mi arrestano, poi passo qualche giorno dentro e infine mi hanno riportato a casa.

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Antiterrorismo: isteria collettiva, islamofobia e leggi liberticide

Dopo l’attentato alla redazione del Charlie Hebdo in tanti avevamo detto che il clamore attorno a quella tragica vicenda sarebbe stato utile a chi rivolgeva l’isteria collettiva e la spinta islamofoba per violare diritti civili dei migranti e per sacrificare altra privacy in nome della “sicurezza”. Fu così dopo l’11 settembre ed è lo stesso anche adesso. Non so se ricordate quel tempo in cui in Italia era una continua caccia alle streghe e si accusarono di vicinanza a gruppi terroristi perfino persone che non c’entravano nulla. Errori clamorosi furono compiuti nell’indifferenza generale e il motto era: “Meglio un innocente in galera che dieci terroristi fuori”.

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#Spagna: un emendamento impone la galera per chi scrive o diffonde contenuti sessisti!

censura5686Il governo spagnolo, lo stesso che vorrebbe vietare l’aborto alle donne, quello che dice che uccidere una prostituta non sarebbe violenza di genere, lo stesso che ha mandato in malora tante manifestazioni di movimenti per il reddito e la casa, con guardie a picchiare chiunque, lo stesso che impedisce la divulgazione di immagini in cui si vedono le guardie che manganellano i manifestanti, quello che ha stabilito regole economiche feroci contro la povera gente, sfrutta il brand della violenza di genere per farsi il make up con tanto di pinkwashing e guadagnare punti grazie ad una tutela paternalista nei confronti delle donne.

Paternalista e repressivo è il piglio, proprio come piace alle femministe radicali che non hanno alcun problema ad allearsi con persone di codesta natura politica pur di ottenere quel che desiderano da molto tempo: censura e reati d’opinione. Già con la pubblicazione della versione spagnola di un libro di Costanza Miriano diedero prova di assoluta assenza di pratica libertaria. Volevano non solo vietarne la pubblicazione ma incriminare la Miriano per apologia della violenza contro le donne. Una follia autoritaria e fascista, così com’è la tendenza dell’umore di quel governo.

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Antiautoritarismo, R-Esistenze

Linciaggio per #Schettino e per chi invoca il garantismo

Per me non è affatto una sorpresa leggere che mentre mi assentavo dal web stava accadendo quello che accade sempre. La società “innocente” si erge su tutto e tutti per delimitare spazi e dire chi può vivere o morire, pollice su o pollice giù. Gente alienata e facebook dipendente che avrà mille scheletri nell’armadio, che ha sicuramente fatto nella vita qualcosa di cui non va fier@, che stabilisce chi deve fare cosa, non secondo le leggi che determinano l’andamento della giustizia ma secondo la morale comune, quella del popolo, la stessa morale che può impiccare qualcuno sulla base di un sospetto o può rovinare la reputazione di una persona e non lasciarla in pace mai più soltanto perché non la pensa come noi. E’ il popolo dei linciatori e delle linciatrici morali, Savonarola dei nostri tempi, per cui il mondo va ripulito da esempi di imperfezione e di presunta o reale immoralità perché loro sono i giusti, i migliori, i puri.

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#SudCarolina: se non sei una madre carceriera ti arrestano e licenziano!

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Antonella mi scrive: “C’è tanto materiale in questo articolo (…) La storia viene dagli USA e racconta di come una madre sia stata arrestata (si, proprio così: arrestata!), perché durante le vacanze scolastiche della sua bimba di nove anni, non potendosi permettere campi estivi o altro, ha lasciato che questa giocasse “incustodita” nel parco di fronte al suo posto di lavoro. La storia brutta è diventata qualcosa di peggio quando la donna è stata addirittura licenziata. Insomma… tu donna devi essere madre e madre ineccepibile secondo canoni stabiliti, senza però preoccuparsi di garantire le eventuali condizioni minime per far si che questo accada….

Poi Antonella traduce anche due articoli che ne parlano. I testi originali in lingua inglese sono QUI e QUI. Nel secondo link si vede l’immagine della donna, afroamericana, povera, ritratta dopo l’arresto, a rischio di galera per un massimo di 10 anni, schedata come criminale, a monito delle altre madri, che mai e poi mai dovranno fare la stessa cosa pena lo stigma sociale che le tratterà peggio che se fossero delle assassine. E poi dice che alle donne non passa la voglia di avere figli. Comunque, in basso potete leggere le traduzioni in italiano.

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#Antiviolenza, stalking e carcerazione preventiva: la galera non è una soluzione!

Per fortuna c’è Il Garantista e Angela Azzaro che raccontano un’altra storia a proposito delle misure cautelari per gli accusati di stalking. Perché stiamo parlando di accusati, in attesa di giudizio, e a me continua a sembrare grave il fatto che le donne impegnate nella lotta contro la violenza ritengano corretto adoperare la carcerazione preventiva per salvare le donne dagli abusi.

Un accusato di stalking non è un condannato e se siamo noi, le donne, che come sempre lasciamo che lo Stato sottragga diritti a tutti noi in nome delle donne, legittimando un istituto liberticida, stiamo prestando il fianco ad una modalità repressiva e ad una tendenza giustizialista e carceraria grazie alla quale si reputa colpevole qualcuno già solo dall’accusa.

Non funziona così. Un’accusa non può essere in generale il pretesto per prestare il fianco a tendenza forcaiole, perché si è innocenti fino a condanna e la presunzione di innocenza vale per chiunque. Tra l’altro trovo che questo ragionamento si presti a quella modalità istituzionale che sceglie la repressione, il duro braccio della legge, il paternalismo come soluzione, evitando accuratamente di parlare di prevenzione e di valorizzare l’esperienza delle donne in fatto di antiviolenza.

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La retorica sul femminicidio non serve a niente

Da un nuovo quotidiano, Il Garantista, oggi per la prima volta in edicola, questo pezzo che condivido perfettamente. Vi segnalo allo stesso tempo un altro pezzo sulla versione online del giornale in cui Angela Azzaro parla della gogna mediatica riservata al presunto “colpevole” nel caso Gambirasio. Buona lettura!

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La retorica sul femminicidio non serve a niente

di Elettra Deiana

Nella tragica vicenda di Motta Visconti ci sono tutti gli elementi per rimettere in scena alla grande quell’horror pornografico che infesta la cronaca nera ed è diventato ormai l’ingrediente indispensabile di questo tipo di informazione. In realtà tutto questo non ha nulla o poco a che vedere con l’informazione. E’ al contrario, una narrazione costruita su una precisa semantica e su precisi meccanismi comunicativi, il cui fine è soprattutto il coinvolgimento emotivo di chi ascolta, guarda, compulsivamente si informa e sa tutto, in ossessiva continuità con luoghi dell’indagine e del giudizio.

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Femminicidi, mostri, forche e giustizialismo

La vignetta di Mauro Biani
La vignetta di Mauro Biani

Facciamo una ri-sintesi? E dunque abbiamo un tizio che dovrebbe essere figlio illegittimo di uno che dice di non avere figli illegittimi. Il Dna sarebbe pure compatibile a quello di una donna, sua sorella o sorellastra, perché in questa fiction non abbiamo capito molto, ma dopo tanto dire che era stato un marocchino perché una cattiva traduzione l’aveva inchiodato senza se e senza ma quest’ultima conclusione parrebbe un po’ più di buon senso. Intanto abbiamo il mostro in prima pagina, quasi ovunque, e poi anche la foto dei figli del presunto mostro, così, tanto per non farci mancare niente, anche se, giustamente, la Procura avrebbe voluto un minimo di prudenza, ché non si capisce come un ministro possa twittare che hanno preso l’assassino se ancora non c’è stato neanche un processo. Il garantismo l’è morto in Italia, e questo si sa, ma è morto anche il buon senso e siamo lì a goderci questi uomini della patria, paternalisti, che difendono donzelle indifese, cavalieri senza macchia e senza paura che twittano e facebookano e poi proclamano che loro, ecco, proteggeranno tutte le vergini innocenti e le madri e le mogli e le femmine sparse, purché non si parli di trans o prostitute o donne migranti rinchiuse nei Cie, perché in quel caso non vedremo mai un tweet del ministro che scrive “l’abbiamo preso!”.

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Le donne sono vittime di violenze, perciò tu sei colpevole!

Sono una avvocata e mai avrei pensato di poter dire quanto sto dicendo. Un giorno arriva da me un uomo, distrutto, devastato, completamente massacrato. Il volto sofferente, gli occhi gonfi, i lineamenti tirati. Magro, sfinito. Racconta che ha trascorso anni di inferno, vorrebbe uscire da un incubo e non è neppure in grado di articolare bene le parole. “Sono imbottito di farmaci perché altrimenti arrivano le crisi di panico” – mi dice, e strascicando sillaba dopo sillaba mi parla di una storia alla quale stentavo a credere. “Sono stato condannato ingiustamente“, spiega, e parla di una condanna in primo grado per violenze ai danni di una donna che lo avrebbe accusato di averle destinato attenzioni aggressive e ripetute molestie in ufficio.

Una collega, di quelle che tu saluti al mattino di passaggio tra l’ufficio A e l’ufficio B, con la quale resti nell’ascensore tra un piano e l’altro e che talvolta incontri nelle pause caffè all’angolo bar e scambi giusto due parole. Dicevano che questa signora fosse una molto in gamba, riconosciuta nel suo ambiente, non fosse per il fatto che nel suo computer, a volerle cercare, trovavi lettere di fuoco dirette ora ad uno ora all’altro con toni del tipo: “ti ho chiesto di accompagnarmi a quella festa e tu hai accettato. poi però non mi hai degnata di uno sguardo per tutta la sera e questo lo giudico offensivo“. Delle sue lettere però vi parlerò alla fine perché adesso il punto è che davanti a me ho un uomo che prova a dirmi perché la sua vita è andata in pezzi.

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La galera per gli uomini prima della fine di un processo?

Va bene. Adesso è chiaro dove vuole andare Repubblica e chi la segue/legge/ispira. Dopo la lettera della vittima/prigioniera ecco il punto. Vogliono l’aumento di pena per lo stalking di modo che sia consentita la custodia preventiva e comunque la galera invece che domiciliari dopo la condanna. Oppure vogliono la modifica del decreto svuota/carceri che dovrebbe decidere giusto in questo caso di fare una eccezione e di usare per le persone accusate di stalking, sulla base della loro pericolosità sociale che immagino sia relativa al sesso degli accusati (varrebbe anche per le donne?), la stessa regola che vale per chiunque sia accusat@ di un reato che preveda una pena superiore ai 4 anni.

Quella di decidere che un accusato di stalking – accusato e non condannato – sia da rinchiudere per evitare che ammazzi una donna, seguendo il consiglio di onorevoli della Lega che, fosse per loro, aspirerebbero anche a pene perfino più giustizialiste, ritenendolo colpevole sulla base di una casistica evidenziata sui quotidiani, senza attendere neppure l’esito del processo, a me sembra una decisione davvero degna di un paese che abdica alla galera ogni possibile soluzione in fatto di violenza sulle donne.

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