Quello che succede al femminismo, che poi è quello che succede alle belle spinte rivoluzionarie quando si traducono in ideologia, è che la delega in bianco di tutto quel che lo riguarda è consegnata a persone che a parte definirsi “movimento di donne“, tanto per dire quanto il femminismo in realtà gli piaccia, giacché così meglio possono sdoganare fascismi mentre fanno i loro balli e girotondi bipartisan, hanno deciso di sostituirsi alle istanze autodeterminate che vengono dal basso.
In quanto aventi uteri proclamano di poter parlare a nome di tutte le donne. Il loro sentire dovrebbe corrispondere al mio. La loro morale diventa una prigione normativa entro la quale io sono costretta a muovermi. Sono le stesse che parlano di precarie ma se le precarie parlano e intervengono ad una loro iniziativa le fanno bloccare dalla polizia e poi le chiamano antidemocratiche. Le stesse che parlano di violenza sulle donne e poi zittiscono l’opinione di chi quella violenza l’ha subita. Le stesse che parlano di prostituzione e poi delegittimano le sex workers che si autorappresentano con rivendicazioni decisamente differenti. Le stesse che impongono un registro su quel che è sesso o perversione/stupro, quel che deve piacermi oppure no, nel senso che se mi piace con le corde sono certamente schiava di logiche patriarcali e se mi piace usare il mio corpo per fotografarlo ed esporlo dicono che il porno è male e che sarò certamente una complice di maschilisti.