Non mi interessa stabilire quanto e come il lavoro di Lorella Zanardo sia efficace nelle scuole. Lei è portatrice di una sua precisa idea di interpretazione del linguaggio dei media a proposito dei corpi delle donne e ha tutto il diritto di fare, dire, pensare, quello che vuole. Non condivido gran parte delle cose che scrive, se non l’idea di base che spiega di media che raccontano una immagine femminile sempre e solo funzionale ad un certo target sessista, ma una cosa è lo studio di un linguaggio comunicativo e un’altra è invece la maniera in cui poi da quell’idea viene fuori una pretesa evangelizzazione delle ragazzine. Trovo perciò maternalista il tono dell’ultimo post della Zanardo, perché mi pare ricalchi molto quello di Concita De Gregorio nelle sue ultime prove a proposito delle babysquillo e perchè, come purtroppo spesso viene fuori dagli scritti di questo tipo, le ragazze ne escono fuori tutte simili, con eguali esigenze e tutte bisognose di una grande madre che le guidi nella direzione giusta: di qua la maniera errata di mostrare il corpo e di là – ecco, sentite – vi spiego io qual è l’unico modo per essere nude e liberate. In questo senso mi pare che non ci siano “donne che odiano le ragazzine” – e già definirle ragazzine, quindi minorenni, da tutelare e proteggere, ergendosi ad unica protettrice della loro fragile identità, diventa una cosa che mette in chiaro quali siano i ruoli – mi pare invece che ci siano donne che auspicherebbero, come altre volte ho letto, che “giovani attiviste crescono“, dunque ragazze consapevoli e impegnate a puntare l’indignatissimo dito contro questa o quell’altra trasmissione televisiva, non già per costruire qualcosa di alternativo e diverso ma per continuare in una critica, moralizzazione, che finisce per rendere il femminismo un campo di battaglia. Lì è la semplificazione atroce, frutto di anni di cultura che finisce per essere, certo, moralista, in una lotta ideologica che pretende di partire dai bisogni delle “ragazzine” per poi vedere schierate, in campi contrapposti, le titolari dell’impegno a tutela del corpo delle donne e quelle che invece lo consegnerebbero ai maschilisti e al patriarcato.
Forse che parlare di corpi delle donne in un modo diverso e con altri toni, meno maternalisti, significa odiare le donne o addirittura le ragazzine? E non è questo forse il modo di polarizzare uno scontro, giusto a partire da chi usa toni di questo tipo liquidando le critiche come fossero banale frutto della macchinazione del nemico? Esisterebbero perciò le salvatrici con vocazione terapeutica per queste fanciulle dai corpi esposti e poi le altre, quelle che le guiderebbero verso una cattiva strada? Vi spiego cos’è una idea diversa del fare femminismo, che non sia un eterno ribadire che all’estero sarebbero tanto più civili di noi, perché anche noi leggiamo l’inglese e quello che troviamo è che c’è un femminismo mainstream, appunto, che recita lo stesso verbo utile alla vittimizzazione delle donne ma poi ce ne sono mille altri che raccontano cose completamente diverse. Sono, per esempio, femminismi che hanno ben chiara una idea dell’attivismo femminista che non necessariamente produce video, poi libri, seminari, in una perfetta idea manageriale e americaneggiante della diffusione di un pensiero che diventa la ricetta giusta con i dieci passi per vivere felici.
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