Antisessismo, Comunicazione, R-Esistenze, Vedere

Creature cyborg, questione di genere,cultura dello stupro

Ogni volta che scelgo di guardare un film, una serie, in cui si parla di robot spero che non replichino cliché che vogliono le creature cyborg piegate al volere degli umani. Spero che non ci sia qualcuno che le crea per farne l’uso che legalmente gli uomini non possono più agire sulle donne. Spero che non appaiano idioti che vogliono usarle pensando che non ci sia bisogno di chiederne il consenso. Spero che non servano per riprodurre la cultura dello stupro che vuole una donna disponibile sempre e comunque. Spero che l’umanizzazione dell’androide non avvenga solo perché si scopre che l’androide può generare un figlio.

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Personale/Politico, R-Esistenze

Lo spazio intimo, tra personal/politico e intimità

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Mentre la mia routine scorre sotto forma di terapie che alimentano le mie giornate, intorno a me non cambia niente. Cambia la mia acconciatura, perché i capelli si sono un po’ assottigliati e allora vado di treccine a volontà. Piccole, chiare, treccine che addobbano il mio cranio dove i neuroni, per fortuna, funzionano ancora. Il medico mi dice che lo smalto nero non permette di vedere tracce di regresso che dovrebbero essere misurate dal colore naturale delle unghie. E’ una questione di carenza vitaminica e altre sostanze. Ma il punto è che hanno a disposizione tutto il corpo per vedere come va e giusto le unghie per me rappresentano una sorta di specchio del futuro. Tutto tornerà normale, e io, cyberdonna, andrò in giro con treccine e smalto nero. Oggi mi sono anche truccata, ed è una cosa che non faccio quasi mai. Ho ritrovato vecchi cosmetici e mi sono divertita a sfumare l’ombretto, a creare zone chiaro-scure, ho perfino usato il fondotinta e ho rimesso a posto le mie scompigliate sopracciglia. Non che siano fastidiose, perché chiare come sono si vedono già poco, ma è che avevo voglia di sentirmi in ordine. Dopo mesi ho un accenno di mestruazione, ed è un buon segno, perché significa che il mio corpo riprende lentamente dal punto in cui si era accomodato. Non so fin quando il sangue scorrerà, perché ne facevo volentieri a meno. Se arriva una bella menopausa finalmente non dovrò preoccuparmi dei contraccettivi. Avete una vaga idea di cosa sia permettere al tuo compagno di venire dentro di te? Adoro quel calore, coscia contro coscia, e la tranquillità di un corpo che si abbandona su di me e non ha l’urgenza di mettere al riparo niente che possa far presagire a chissà quali indesiderate prospettive. E’ quieto, lui, quando respira piano sul mio collo e dice che ho un odore buono, sempre più buono, e non c’è malattia, cambiamento fisico, che possa attenuare il suo desiderio. Vederlo nei suoi occhi, sentirlo dalle sue mani, mi consola, anzi di più: mi eccita. Chissà qual è il segreto, il mistero, che unisce corpi che non possono lasciarsi, con quella voglia di restare attaccati, sempre insieme, toccandosi quando nessuno vede, timidamente, come fosse qualcosa di proibito, e poi lo sento che fa l’amore con la mia mano, mentre l’accarezza, e a occhi chiusi mi godo quella sensazione.

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Autodeterminazione, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

La sala operatoria, lo shuttle e le calze anti-trombo

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Giusto un aggiornamento, per chi mi pensa e si preoccupa per me. Anche per far notare che i miei neuroni non si sono ancora spenti.

Il giorno prima dell’intervento, mentre seguivo tutte le indicazioni date dai medici, mi sentivo prossima a una sorta di cataclisma. Qualcosa di irreversibile, senza ritorno. Affronto il ricovero, rivolgendo uno “scappiamo” a chi mi accompagnava.

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R-Esistenze, Storie

I cybercorpi

Teresa sposta il braccio con un movimento lento. Poi si ferma e resta imbambolata, come se fosse un manichino. Gli occhi socchiusi, una smorfia al posto delle labbra e quel braccio in una posa gentile, teso in aria, come se un filo lo reggesse dall’alto. Quando passa l’infermiera la chiama forte – TERESA – e lei compie un altro breve scatto e si ferma ancora dopo un attimo. E dire che dentro quel corpo, una volta, c’era una persona, con una vita, delle emozioni, cose che oggi sembra non provare più. Mi chiedo che ci faccia qui, poi vedo suo marito che arriva, tutti i giorni, assieme ad una infinita quantità di uomini che assistono le mogli, le madri, le sorelle, le fidanzate, alla faccia di chi vorrebbe che i ruoli di cura fossero soltanto peculiari predisposizioni femminili, e questi badanti le pettinano, le lavano, le nutrono, le accompagnano lungo l’arco della giornata, incoraggiandole e intristendosi, poi, quando sono soli, per il terrore di perdere quelle donne o per il terrore che il dolore duri troppo.

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