Mi hanno chiesto come faccio a scrivere un libro e non avendo alcuna presunzione in materia posso solo dirvi come faccio io. Quello che faccio è cominciare a ragionare sulla storia che prima di scriverla conosco dal principio alla fine. Andare avanti inventando e senza conoscere la conclusione in genere mi ha portato a scrivere contenuti dispersivi che volgevano verso finali che non riuscivo più ad immaginare. Perciò devo conoscere la storia nel dettaglio, immaginando di averla vissuta, come se mi appartenesse e quando scrivo diventa un resoconto di memorie che va arricchita a seconda dello stile che scegli. Puoi scrivere in prima persona, al presente o al passato o in terza persona. Ho sperimentato diversi stili, perché fin da bambina dopo aver letto un autore riuscivo ad imitarli fino a quando non ho trovato il mio, caratteristico del mio modo di essere e sentire. Uno stile non è solo una faccenda di punteggiatura e di sintassi ma è la maniera in cui tu offri a chi legge l’argomento che hai scelto di trattare e per me è fondamentale giacché la mia scrittura non è scissa dall’interesse politico, personale e sociale. Non è arte per l’arte ma un modo per raccogliere un filo e offrirlo ad altre persone che potranno poi condividerlo ancora, per tessere una trama di esperienze vissute.
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La precarietà ti fa dimenticare le parole
Dopo mesi rinchiusa in quel microcosmo che è il villaggio vacanze mi serve recuperare i rapporti umani in sospeso. Tanti e vari, famiglia inclusa. Avrò mille impegni (precari) di lavoro (precario) e l’unica cosa alla quale penso in questo momento è al fatto di disintossicarmi dal maledetto lavoro stagionale che se non fosse stato perché ho tenuto attivo il mio senso critico e non ho spento mai il cervello mi avrebbe definitivamente impoverito il vocabolario e i pensieri.
Nelle conversazioni con i miei amici, io già lo so, dato che parlare è diverso che scrivere, mi mancheranno le parole. Mi verrano quei versi strani e tutto il codice di comunicazione orribile da idioti che siamo state costrette a usare al villaggio. Nonostante i libri. Nonostante me. Mi chiedo come sia la vita di chi per lavorare deve stare lontano da contesti che gli somigliano per molto più tempo.
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