Autodeterminazione, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, Sessualità

Sessualità: da oggetto a soggetto del desiderio

Sono stata stuprata quando avevo quindici anni. Ero andata a trovare una amica che mi disse Rimani! e io restai in un lettone che ospitava me, lei e il suo ragazzo. Lui scavalcò e mi stuprò. Il giorno dopo capii che la mia amica gli procurava le adolescenti per il suo sollazzo. Lei sapeva. Non ci vedemmo mai più. Io non capivo perché rimasi ferma, fingendo di dormire, quando era chiaro che non dormivo affatto dato che mi fece male. Era la mia prima volta e l’ho subita da oggetto del desiderio altrui. Non da soggetto. Non ero un soggetto desiderante e servì tempo per capire come difendermi da chi mi considerava oggetto e come esprimere la mia sessualità da soggetto.

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Consenso Vs Cultura dello stupro

La Fontaine – Tales and Novels in verse – v2

Se volete sapere qual è in Italia l’età del consenso basta cercare un po’ e la troverete, sempre che vi interessi davvero. Che cos’è la cultura dello stupro? E’ quella cultura per cui viene minimizzata, incoraggiata, normalizzata la violenza sessuale. Di più: viene giustificata, al punto da colpevolizzare la vittima che denuncia di essere stata stuprata. La colpevolizzazione della vittima si chiama Victim Blaming, tanto per saperlo.

Se nasci con una vagina tutto quello che ci si aspetta da te è che tu sia sempre disponibile allo sguardo, alle attenzioni, alle molestie e al desiderio sessuale maschile. Nessuno si pone il problema di quello che tu voglia. Cosa desideri, con chi vuoi stare o non vuoi stare. Men che meno se hai 6 o 10 anni e non hai ancora raggiunto l’età per poter dare il tuo consenso a nessun tipo di attenzione che un pedofilo decide di dedicare al tuo corpo, violandolo.

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Perché la verginità è un valore maschilista

Cintura di castità

Strega vede tante donne dolersi per aver consegnato la verginità ad uno stupratore prima che per aver subito l’orrore di uno stupro. Vede anche tante donne dolersi di non essere sufficientemente vergini da impedire uno stupro an4le a colui il quale intende esser nominato re delle prime volte.

Vi racconto una storia: è la storia del primo uomo e della donna appresso a lui che aveva interiorizzato la bibbia dell’uomo. Costui doveva assicurarsi che le fanciulle non la dessero via solo per mero desiderio sessuale. Essendo le donne oggetti e mai soggetti sessuali la scelta su quando, a chi, come darla non spettava a loro. Spettava ai padri e alle madri sorveglianti del buon onore delle figlie. Sull’onore si sono fatte leggi in difesa del quale all’uomo era perfino concesso di ammazzare le donne della sua famiglia (delitto d’onore abolito nel 1981). Per ogni fanciulla la cui verginità veniva meno si usava non solo il termine “onore”, riferendosi all’onore del padre o del fratello, comunque dell’uomo custode della ragazza. Si usava anche il termine “morale”. Colei che la dava via era una creatura immorale, se cedeva al proprio desiderio sessuale era perfino definita una strega. Tutte le volte che la sessualità della donna sfuggiva al controllo maschile c’era una parola adatta a criminalizzarla.

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Il maschilismo dei fluidi corporei

Il sudore di un uomo è segno di grande virilità, perfino il suo moccio ha un alto significato intrinseco nella cultura popolare. Ma quel che più di tutto occupa l’alto grado di valore è lo spermatozoo, singolo o in comitiva va bene lo stesso, perché l’uomo che tende a offuscare il talento intellettivo di una donna farebbe di tutto per vendertelo. Lo commercia per estorcere consenso, lo brandisce tra le dita unte, al bisogno, per riaffermarne le proprietà artistiche. Con esso puoi dipingerci un murales alto tre metri per tre, senza dubbio. Deve esserci una enorme agenzia di marketing che ha pensato e ripensato alla maniera in cui si può convincere una donna a ingoiarlo. Migliora la pelle, ammorbidisce il palato, scaccia i batteri dal tratto esofageo? Non ci è dato saperlo. Tutto ciò che sappiamo è che tanta scienza sconsiglia l’introduzione del medesimo in luoghi altrimenti destinati, salvo la vagina. Ogni obiettore di coscienza che si rispetti dovrà per forza insegnare ai propri figli e ai figli dei figli che quel delicato e proficuo seme non può essere sprecato in tale modo. La direzione è quella, mira lì, spara veloce e avrai il concepimento assicurato. Non dovrebbe essere così?

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Il Consenso appreso da chi dice che lo fa per il tuo bene

Mentre rivedo e faccio l’impaginazione in un unico file delle storie della campagna #tuttacolpamia mi viene in mente che la parola che contraddistingue tutte le storie è “consenso”. Ma non parlo del fatto che se dici No nessuno, e dico nessuno, potrà mai toccarti. Non parlo del fatto che quel consenso può essere a volte dato e poi ritirato in qualunque momento, in tal caso lui dovrà fermarsi o si chiama stupro. Parlo del fatto che la parola Consenso viene utilizzata in molti modi e richiesta sempre e comunque per il tuo bene.

Si parla, per esempio, di consenso in caso di intervento chirurgico. Si parla di consenso in caso di interruzione di gravidanza o di procedure per il parto. Si parla di consenso quando ti ricoverano in un reparto psichiatrico e il tuo consenso è dato nel matrimonio. Nessuno spiega effettivamente a cosa stai acconsentendo in realtà. E tutto ciò per cui neghi il consenso devi chiarirlo volta per volta e con molta fatica.

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Autodeterminazione, R-Esistenze

Per vent’anni ho parlato di stupro a ragazzi adolescenti. Ci sono cose che ancora non sanno!

Di: LAURIE HALSE ANDERSON (15 Gennaio 2019)

Articolo in lingua originale QUI. Traduzione di Francesca e Giulia del gruppo Abbatto i Muri

Anderson è autrice di successo di numerosi libri per bambini e ragazzi, tra cui ‘Speak’ e ‘Chains’ (NdT: Nella versione italiana: ‘Speak- Le parole non dette e ‘Catene’, inedito in Italia), entrambi finalisti ai National Book Awards (NdT: Premio letterario statunitense). La sua autobiografia, SHOUT, sarà pubblicata a Marzo 2019.

Ho cominciato a visitare le scuole vent’anni fa. È stato dopo la pubblicazione del mio romanzo, ‘Speak’, che racconta la storia di un’adolescente che combatte contro le conseguenze emotive di uno stupro. Viene comunemente letto nelle scuole superiori e nei corsi di letteratura universitari, e si è dimostrato un utile trampolino di lancio per iniziare conversazioni sulla mitologia dello stupro, la violenza sessuale e il consenso.

Pensavo di aver compreso lo stupro. È successo a me quando avevo 13 anni. Immaginavo che il mio lavoro fosse quello di rappresentare un modello di sopravvivenza, e di mostrare ai lettori come parlare apertamente dopo essere stati abusati, molestati o aggrediti. Davo per scontato che avrei dovuto parlare alle ragazze.

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Antisessismo, Autodeterminazione, La posta di Eretica, Personale/Politico, Sessualità, Storie

L’immaginario erotico vissuto con senso di colpa

Attenzione, questo testo parla esplicitamente di stupro

[Teniamo a precisare che dare spazio a questa narrazione non significa minimamente legittimare chi strumentalizza un racconto come questo per dire che dunque alle donne piacerebbe essere stuprate. Non è così. I gusti sessuali di dominazione/sottomissione sono cosa consensuale e ancora di più le fantasie sono semplici fantasie. Se non vi piace leggerne passate oltre. Grazie.]

 

Lei scrive:

Ciao Eretica.
Ho già scritto alla pagina, ma per un argomento completamente differente. Quello di cui sto per parlare è un tema scomodo, a tratti vergognoso, ma che penso vada portato alla luce e sviscerato senza pregiudizi.

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Antisessismo, Autodeterminazione, Comunicazione, Precarietà, R-Esistenze, Sessualità, Welfare

Il potere dei soldi, tra autodeterminazione e oggettivizzazione

A proposito dell’eterno dibattito su quel che è autodeterminazione e oggettivizzazione, quando c’è di mezzo la dimensione sessuale delle donne, c’è un post sul sito EveryDayFeminism in cui si tenta di rappresentare la discussione e le contraddizioni in vignette che possono essere un buon punto di partenza, un perfetto spunto di discussione.

Il post descrive il fatto che, nell’ambito del lavoro – e io estenderei il discorso ad ogni lavoro possibile – parlare di libera scelta è complesso e per quanto sia chiara la distinzione rispetto al fatto che è il potere del denaro a farti fare scelte obbligate, il punto è capire quel che va fatto per rendere più semplice la vita a soggetti che altrimenti sarebbero senza diritti. Nel caso del sex work, per esempio, le sex workers affermano il diritto alla libera scelta o, in caso contrario, dicono che sicuramente lo fanno per soldi ma che come per qualunque altro lavoro vorrebbero godere di pari diritti rispetto a qualunque altro lavoratore. Diritti che non possono essere garantiti se si riduce in clandestinità un lavoro comunque esistente. Perché la pressione economica non si elimina vietando una professione ma decriminalizzandola, vale a dire consentendo di fare quel tale lavoro senza rischiare la prigione, e creando le condizioni sociali ed economiche affinché chi oggi sceglie il sex working per guadagnare domani potrà scegliere altro. Continua a leggere “Il potere dei soldi, tra autodeterminazione e oggettivizzazione”

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No sesso di gruppo: non perché non si deve ma perché non mi piace!

imagesLei scrive:

Ho ventidue anni e credo che la cosa più importante per la vita di una persona sia la libertà. Per me il femminismo è questo. E’ libertà di amare, vestire, stirare, scopare, essere. Non credo che si debbano porre limiti alla vita degli altri, credo che i (pre)concetti di giusto e sbagliato ci annebbino e non facciano altro che renderci progressivamente più lontani. Ieri sera, due ragazze e tre ragazzi, la mia amica, un ragazzo che conosco un po’, uno che mi piace abbastanza e uno che non ho mai visto. Beviamo e parliamo in una taverna, c’è un camino.

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Faccio lo spogliarelllista: nessuna crociata per l’uso del mio corpo?

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Sono Mike, ho 28 anni e faccio lo spogliarellista. Lavoro in un locale gestito da una donna. È lei la manager ed è lei che decide quel che dobbiamo fare. A volte lavoriamo in gruppo o uno alla volta. Possiamo sperimentare nuovi costumi di scena e nuove coreografie ma l’obiettivo è quello di eccitare le donne. Esistono anche gli spogliarellisti per locali gay ma io non ho mai lavorato lì.

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Il mio compagno ama essere picchiato da me

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Odio restare umida. Subito dopo un rapporto sessuale ho la necessità di ripulirmi, asciugarmi, perché non ho voglia di sentire sulla pelle nulla di così appiccicaticcio. Così il mio partner dirige i suoi liquidi altrove. Il fatto che io non nutra una particolare passione per lo sperma ha offeso alcuni uomini con cui ho avuto storie in passato. Dicevano che era come se ne rifiutassi l’essenza. L’essenza di un uomo espressa con gli spermatozoi. Una visione ridotta di sé che meriterebbe una seria analisi sessuale e antropologica.

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Sesso e lividi: perché vuoi censurare i miei desideri?

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Lei scrive:

Ciao Eretica, sono una ragazza a cui piace il dolore, finché è sopportabile sia chiaro, mi fa sentire viva, per quanto possa sembrare sarcastico ho bisogno di ricordarmi di essere viva. È una cosa insolita è vero, ma per una ragazza che in passato ha fatto boxe per 2 anni, non dovrebbe esserlo.

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Lo stupro e l’omertà

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Lei scrive:

30 anni dopo…

Leggo distratta il suo nome su Facebook, un amico e’ diventato suo amico.
Eppure, mi dice qualcosa, forse lo conosco, stessa citta’ natale, stessi amici…

Ritorno al mio quotidiano, e all’improvviso mi ricordo.

Eravamo stati insieme meno di un mese, poche settimane di cui una passata a Londra. Cosa avrei dato per andarci anche io, per me neo 15enne naïf e romantica Londra era un mito…

Il resto del tempo era stato solo un incalzare di richieste di 18enne assetato di sesso che non avevano trovato seguito. Non ero pronta, totalmente inesperta e totalmente inibita. Era fin troppo evidente che non volevamo le stesse cose. Mi aveva quindi scaricato senza problemi ma senza lasciare tracce.

La storia sembrava serenamente finita li’. E invece, un mese dopo ci incontriamo in radio. Lui mi chiede se posso aiutarlo a cercare dei dischi nell’archivio. Lo seguo, da adolescente felice che pensa a un ritorno di fiamma.

Mi si butta addosso senza troppi preamboli, mi strappa la camicia, il reggiseno. Svicolo, mi stringe il collo, mi chiude in un angolo. Dietro di me c’e’ un vecchio filo elettrico piatto inchiodato alla parete. Toccando i chiodi con la pelle sudata si prende una leggera scarica. Leggera ma dolorosa. Ogni volta che mi si butta addosso la sento. Cerco di non farglielo capire, e cerco di spostarmi. Mi allunga su un tavolo, e cerca di salirmi sopra e di sbottonarmi i jeans. Sono esausta ma non cedo.

Urla, le mie.

Omerta’, i suoi amici. La vigliaccheria di quello che capisce benissimo cosa stia succedendo negli archivi della radio della parrocchia dei tal dei tali, ma preferisce mettere un casco a tutto volume sulle orecchie di padre Giovanni per non fargli sentire le mie grida piuttosto che venire ad aiutarmi.

Altro che cavalieri e principesse…
Ma io non sono una dolce pulzella esile, e non porto mai la gonna. Mi difendo ancora come posso.
I miei jeans diventano zuppi e collosi di sudore e si trasformano in una corazza.

Minacce, preghiere, suppliche non servono a niente, ma finalmente qualcuno entra di colpo nella stanza, una folata di vento che ricompone tutti i pezzi della scena e lui se la svigna colpevole e infuriato.

Ora e’ li’ sul mio schermo.
Dalla foto sorride al sole, il tempo e’ passato anche per lui ma è ben riconoscibile.

Basterebbe un clic per ricontattarlo e provare a chiudere il cerchio, chiedergli perché, perché io, perché quel giorno li’, cosa scatta nella mente umana per trasformare una persona in una bestia… Ma in realtà mi piacerebbe solo dargli un calcio nelle palle e dirgli “Ti ricordi ? Era il giorno di S Anna del 1980”

Avrei dovuto denunciarlo, ma erano i tempi in cui la violenza sulle donne si misurava in centimetri, e perchè, in fondo, immaginavo il giudice dire « … il fatto non sussiste ».
Aveva creato attorno a me un’incredibile aura di ninfomane, (io ?!?) ma questo lo avrei scoperto anni dopo, e mi chiedo perché, sbuffonate tra amici o preparazione di un alibi se la cosa si fosse risaputa…

C’era anche lui nel mio passato, ma lo avevo rimosso.

Dopo aver scritto questo post, e’ lui che ha rimosso me, oscurandomi su Facebook rendendosi invisibile.
Si e’ nascosto.
Il mio calcio nelle palle, sebbene virtuale, gli e’ arrivato.

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Come può, un uomo, difendersi se lei parla male di lui?

Sergio è un insegnante di musica. Suona il pianoforte. Ha 56 anni. Insegnava a ragazzini ma anche a persone adulte. Una delle sue “alunne”, più che maggiorenne, un giorno le confidò di avere una cotta per lui. Lui dapprima rimase impassibile e rispose di non ricambiarla e poi iniziò a pensare a lei senza più smettere. Si innamorò dell’innamorata. Forse per narcisismo e perché gli piaceva essere adorato da una splendida 24enne o forse, semplicemente, perché voleva darsi una possibilità. In fondo era un bell’uomo, con una separazione alle spalle, niente figli e una vita ricca di interessi. Non gli mancavano le possibilità di incontrare qualcuna di cui innamorarsi ma lei era così talentuosa, intelligente. Cominciarono a vedersi in altri orari. Lei arrivava verso le cinque del pomeriggio e andava via intorno alle sette, sette e mezzo. Facevano l’amore, parlavano, ridevano, non c’era nulla di sbagliato. Poi a lui venne la bella idea di vederla in altri orari. Voleva portarla a cena, a vedere un concerto, voleva che lei facesse a tutti gli effetti parte della sua vita. Scoprì così, per via della ritrosia della ragazza ad accettare inviti, che lei era fidanzata e che probabilmente si sarebbe sposata nei mesi successivi, o tra un anno. Così Sergio diventò l’amante delle cinque, ormai dipendente da lei e intenzionato a farle cambiare idea. Chissà perché ma quando pensi di perdere una persona la ami ancora di più e non vuoi altro a parte che farle piacere.

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#Stupro: il consenso può essere revocato

Lei scrive:

Ciao,
vorrei dare il mio contributo (alla riflessione collettiva) raccontandoti due episodi di un bel po’ di tempo fa.

Il primo. 2001, una delle mie prime trasferte di lavoro. Mi hanno chiamata come collaboratrice per un campus estivo frequentato da ragazzi di età molto variabile, per la maggior parte compresa tra i 16 e i 22 anni. Di giorno si fa lezione e si studia, di sera si fa bisboccia. Io le serate le passo a volte coi docenti, ma più spesso con gli allievi. Siamo tutti alloggiati nello stesso albergo e, come succede tra ragazzi, alla sera non c’è più la stanza mia e la stanza tua, ma tutte le stanze sono di tutti, le porte rimangono aperte e si passa da una stanza all’altra. Sono in una stanza con un gruppetto di ragazzi e ragazze, e dal corridoio si sente una voce: “voglio scopare”. La voce si sposta, la sentiamo entrare ed uscire dalle stanze ripetendo sempre quelle parole. Nel mio gruppetto c’è qualcuno che la conosce: “È V., sta fuori come un balcone”. Alla fine la ragazza approda nella nostra stanza, è evidente che è ubriaca, ma è presente a se stessa, cammina senza sostegni, la sua dizione è chiara ed è stata in grado di spogliarsi e mettersi in camicia da notte senza aiuto; abbraccia uno, “ti prego scopami”, ne abbraccia un altro, noi tutti ridevamo, e infine si mette a cavalcioni sopra un ragazzo seduto su una sedia. Un ultimo “scopami”, uno strusciamento, poi la ragazza appoggia la testa sulla spalla del ragazzo, lo abbraccia e stacca la spina. Un attimo di imbarazzo, qualche altra risata e poi ricominciamo a chiacchierare come prima; il ragazzo cinge la ragazza perché non cada, come si fa quando si tiene in braccio un bambino addormentato e si rimette anche lui a chiacchierare. Al momento di andare a dormire la scuote con dolcezza, lei si riprende e si ritira nella sua stanza. Il giorno dopo non ricorda più niente, le raccontiamo del suo show della sera prima e lei ride divertita e incredula. E dopo quasi 15 anni penso che è bello che le cose siano andate in modo da poterci ridere sopra, e penso anche che il ragazzo su cui lei si è strusciata non è né frocio né coglione, ma semplicemente normale.

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