Altra storia, scritta di getto, da una ragazza che sta crescendo e che racconta a se stessa e a me/noi quanto le sia costato e quante belle speranze ripone nel suo futuro. Con un enorme augurio e un abbraccio per lei, auguro una buona lettura a voi!
Ciao Eretica, volevo innanzitutto ringraziarti: imbattermi nel tuo blog è stata per me una salvezza, mi ha aiutata a sentirmi meno sola, ed è magnifico trovarsi in un posto virtuale così variegato e aperto, quali che siano le storie raccontate riesco a trarre un po’ di forza interiore e ispirazione. Anche se in questo momento preciso non so da dove cominciare, vorrei raccontarti la mia.
Non voglio tirarla da troppo dietro, perchè alla fine dei conti ho avuto un’infanzia tranquilla. Ero la più grande tra i bambini del mio condominio, e la più alta, penso sia per questo che a volte mi abbiano un po’ trascurata, mentre i ragazzi più grandi, non so per quale motivo, mi hanno sempre presa di mira. Non erano insulti chissà quanto molesti ripensandoci ora, tanto per dirne una prendevano in giro la mia voce esasperandone i toni, ma ricordo bene come mi facessero sentire diversa o sbagliata in qualche modo.
Quando sono passata alle scuole medie tutto è peggiorato.
I miei compagni di classe facevano già gruppo dalle elementari, di mio ero una bambina timida, da queste premesse un po’ tutt* possono immaginare come questa storia prosegue.
Io non sapevo cosa aspettarmi, ma già il fatto di non avere uno stile nel vestire, dovuto al fatto che alle elementari portavo il grembiule e non aver mai pensato alle cose “da femmine”, è stata una grave discriminante. Ero sempre la più alta, nonostante non avessi ancora avuto le mestruazioni, e questa era una colpa. Odiavo quando mia madre, o altri parenti (perchè di amici non ne avevo) mi ripetavano il detto ‘altezza mezza bellezza’, perchè proprio quell’altezza mi faceva sentire deforme. Magari a molt* sembrerà stupido, ma mi sentii morire dentro quando una volta fui costretta a comprarmi un paio di infradito nel reparto uomo, perchè i miei piedi erano comunque troppo grandi per le calzature femminili della mia età.
I ragazzi mi hanno insultata in ogni maniera, storpiando il mio cognome per farlo assomigliare al nome di una malattia, a volte dandomi calci di nascosto da sotto i banchi, quando ho mentito dicendo di avere un ragazzo hanno cominciato a chiedermi se magari aveva gli occhi di vetro, una volta mi sono pure presa pallonate reagendo agli insulti in palestra, in attesa del prof di Educazione Fisica. Ricordo un giorno particolarmente brutto in cui quasi tutti non avevano il quaderno pentagrammato per l’ora di Educazione Musicale, prestai i fogli che potevo, arrivando a ridurlo all’osso e ai fogli già scritti da me, dissi che non potevo prestarne più e me lo tolsero via, strappandolo tutto e buttandolo nel cestino. Piansi, nella completa indifferenza della professoressa che nemmeno chiese cosa fosse successo vedendomi in lacrime.
Le ragazze invece per lo più mi ignoravano, almeno finchè non davano feste tra loro e si curavano di farmi sapere che io non ero stata invitata, o mi mettevano a segnare il punteggio a pallavolo durante le ore di educazione fisica, o ridendo delle battute dei maschi.
A casa non dicevo nulla, ma i miei capirono che qualcosa non andava. Si sono chiusi a chioccia su me, perchè a quel punto per loro ero fragile. Non mi hanno mai detto di reagire, al contrario il consiglio frequente era quello di tenere duro e attendere che quel periodo passasse. Alla fine quel periodo passò per fortuna, ma non mi resi conto che avrei affrontato ben altre difficoltà proprio in famiglia.
Volevo fare pittura, era il mio chiodo fisso sin dall’asilo, ma i miei mi convinsero a frequentare un percorso di studi sperimentale per le migliori prospettive lavorative (influenzati dallo stigma che un pittore muore di fame sotto un ponte e fa la fortuna solo quando crepa), in compenso riuscire a convincerli a iscrivermi al Liceo Artistico piuttosto che a un’altra scuola fu già una gran vittoria. Quando dissi che volevo andare a pranzo da un mio compagno di classe per fare i compiti, mio padre si impuntò subito volendo conoscere il ragazzo in questione, facendosi chissà che idea. Non ho mai potuto prendere la patente per il motorino, e ora che ho la patente per la macchina non me la lasciano guidare, nonostante sia andata a tutte le gite di classe più avanti non mi è stato permesso di andare a fare una vacanza al mare con la mia comitiva. Il brutto è che ora entrambi negano ogni cosa quando capita il discorso, come se fosse tutta una mia fantasia.
Per mia fortuna più nessuno mi ha presa in giro, ho stretto qualche amicizia e l’ambiente che frequentavo era così vario che mi sentivo a mio agio, per quanto sotto sotto mi sentivo ancora sbagliata, forse anche perchè i ragazzi che mi piacevano finivano sempre per non ricambiare i miei sentimenti. Vivevo nell’idillio del principe azzurro alternativo, che prima o poi sarebbe arrivato, perchè era l’unica cosa che da quel punto di vista avevo imparato. Nonostante mi fossi aperta al mondo, ero sempre chiusa in un bozzolo che, lentamente, mi stava soffocando senza che me ne rendessi conto. In sostanza ho fatto il torto più grande che una persona possa fare a sè stessa: lasciare le redini della propria vita nelle mani altrui.
Allora non capivo che dentro di me non mi consideravo abbastanza per nessuno, preferivo rimanere così perchè non volevo stare male. Ad un certo punto ho rinunciato persino a dichiararmi a ragazzi che mi piacevano perchè ero sicura che non sarei piaciuta, e il mio primo vero crollo è stato quando all’università, dopo la fatica di superare il test d’ingresso e di dare quasi tutti gli esami del primo anno, le cose sono cambiate, precludendomi l’indirizzo che avrei voluto percorrere.
A quel punto avevo una paura folle di rimanere da sola, specie dopo che la mia comitiva si allontanò da me. A me nemmeno fecero sapere che c’era un problema e che non volevano più vedermi, si limitarono a discutere con quella che a quel tempo era la mia migliore amica. Ad oggi non so che diavolo sia successo. Da lì, questa ragazza che oggi non riesco a non definire stronza, ha tirato su mura anche intorno a me, e gliel’ho lasciato fare senza opporre resistenza.
Ho vissuto la mia prima storia importante che andavo all’università e fatto con lui le mie prime esperienze vere visto che fino ad allora ero arrivata solamente a baciare un paio di ragazzi, e in quel momento ho cominciato a intravedere quanto mi stessi facendo terra bruciata attorno con la mia codardia. La mia amica mi disse che al mio posto avrebbe aspettato a fare l’amore, che era stato troppo presto, e mi ha fatto sentire a disagio, per quanto non l’ho mai giudicata per essersi buttata in una nuova storia d’amore nemmeno due mesi dopo la fine della relazione col suo ragazzo storico. Non so se avesse qualche progetto su di me, ma dopo pochi mesi di frequentazione fra me e questo ragazzo mi ha buttata via come una cartaccia, senza nemmeno due righe di spiegazioni salvo lamentarsi una volta che dedicavo più attenzioni a lui che non a lei. È semplicemente sparita a un certo punto, tagliando i ponti all’improvviso.
Il mio ragazzo al tempo mi ha aiutata a superare il colpo, e in qualche modo ho trovato nuovi amici che mi hanno spronata a essere più indipendente e sicura, una di loro in particolare mi ha letteralmente rimesso la matita in mano, riaccendendo in me la passione per il disegno, che avevo oramai messo da parte visto che come diceva l’ex amica “Il talento o ce l’hai o non ce l’hai”, e tutto ciò nonostante l’ostracismo selvaggio che i miei continuavano a fare verso i miei viaggi e verso questa storia a distanza che non credo abbiano mai approvato.
Alla fine io e il mio ragazzo ci siamo lasciati, ma in qualche modo siamo rimasti amici, cosa che fa stranire parecchie persone… Semplicemente lui non mi amava più, ed io oramai non volevo vivere l’ennesimo fallimento emotivo. Sono stata male, più di quanto i miei attuali amici si rendano conto.
Mi sono tenuta occupata, in qualche modo sono riuscita a superarla. Nonostante tutto quello che ho raccontato fino ad ora, mi sento forte e capace. Mi guardo indietro e vedo una me stessa grigia, che non ha mai vissuto davvero, una vita anestetizzata. Non auguro a nessuno di avere scossoni simili a quelli che ho avuto io, e quando vedo che c’è gente che ha avuto esperienze più difficili delle mie arrivo a vergognarmi un po’ di averla fatta tanto lunga, ma mi sento di aver ripreso controllo della mia vita. La strada è lunga e tortuosa, quel famoso bozzolo è ancora stretto attorno a me, ma sto seguendo le mie passioni, voglio provare a vivere attivamente la mia vita. Sto concludendo i miei studi, se voglio partire mi limito ad avvisare i miei, grazie a un lavoretto posso esigere che quei due soldi che guadagno li spendo come voglio e sto costruendo dei miei progetti di vita. Voglio trasferirmi altrove, e dare tutta me stessa per realizzare i miei sogni. Di storie serie non ne voglio nemmeno sentir parlare ora come ora, sono stata tra le braccia di un amico e nonostante fosse solo sesso, giuro che non mi è mai capitato di sentirmi altrettanto libera, amata e rispettata.
Rileggo la mia storia e vedo un urlo disperato, una richiesta di essere ascoltata, ma anche un urlo liberatorio, la promessa a me stessa di non permettere mai più a nessuno di controllare la mia vita. Anche se i miei continueranno a mettermi pressione sul futuro e cercheranno di inchiodarmi a casa, anche se tutti gli insulti e le pugnalate alle spalle fanno ancora male e scavano malignamente dentro di me.
Ti ringrazio per aver letto la mia storia, anche se non ti conosco, e spero che riesca a ispirare qualcuno a non lasciarsi mai andare come ho fatto io, così come leggere le storie di questo blog mi ha aiutata a essere più indipendente e sicura.
Grazie, a tutt*.