Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Depressione e disturbi alimentari: terapie punitive

In questi giorni non riesco a restare sveglia a lungo, dimentico le cose, perdo il filo logico dei pensieri. Mi sembra tutto sia ovattato. Eppure i farmaci sono gli stessi, dunque il problema risiede altrove. Dove? Col tempo dovrei assuefarmi ai farmaci, non dovrebbero indurmi un sonno maggiore. Ma qualcosa non funziona con il metabolismo e l’alimentazione. Sapete già che non si indagano le cause ma in Italia si promettono soluzioni miracolose agendo sui sintomi. L’anoressica viene munita di sondino nasoesofageo per la nutrizione coatta e alla bulimica si toglie il pane. In quindici anni di consultazioni con vari psichiatri nessuno mi ha fornito risposte esaurienti e per quanto io tentassi di capire e leggere molto sull’argomento non trovavo nulla che fermasse quella pulsione. Quando la psichiatria si arrende, perché è così, ti consegna al chirurgo bariatrico che ti affetta lo stomaco, come nel mio caso, in modo da farti sentire tutte le difficoltà della nutrizione con una striscia minuscola di stomaco, una digestione che non funzionerà mai più come prima, l’obbligo di assumere integratori perché non potrai assimilare certe vitamine, e gastroprotettori ogni giorno perché senza solo il passaggio di un morso di pane procura fastidio e se aggiungo altro anche dolore. I primi tempi sono stati disastrosi e le visite di controllo terminavano con conferme da parte mia del fatto che mangiare mi portava a frequenti rigurgiti, vomito spontaneo. Due cucchiai di pasta e un po’ d’acqua bastano per provocare un intenso bruciore e il rigurgito.

Quindi ho dovuto apprendere, facendo cavia di me stessa, nuovi modi di nutrirmi, distanziando i pasti, non mangiando mai oltre una certa quantità, non bevendo durante i pasti e neppure dopo, posso farlo a distanza di molto tempo. Non risolvendo la causa della pulsione tentavo l’abbuffata con risultati disastrosi. Notti a vomitare l’anima o, in alternativa, dato che non si digerisce come si dovrebbe, a restare incollata al cesso perché come conseguenza arriva l’incontinenza. Un sorso d’acqua e subito al cesso. Cino non digerito bene e diarrea per giorni. Per forza ho perso tipo 40 chili in breve tempo ma ne ho ripresi alcuni quando ho imparato a gestire il corpo amputato e a capire cosa in effetti mi procurava malessere oppure no. Non posso usare lo zucchero bianco o prodotti conditi con zuccheri trattati, il bruciore è insopportabile. Non posso mangiare certe robe farinose, sfoglie pronte o alcuni tipi di pizza e alcuni tipi di pane per via del lievito che gonfia quel morso occludendo lo spazio che serve a far passare il cibo. Frutta con troppi zuccheri diventa indigesta. Non ho mai avuto problemi con l’anguria, ora mangiarla mi provoca la diarrea. Entra ed esce intera. Il metabolismo non funziona. Questo mi appesantisce, non nel senso di chili ma nel senso di effetti come sonnolenza eccessiva o altri sintomi da confusione.

Continua a leggere “Depressione e disturbi alimentari: terapie punitive”
Culture, Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Fame da morire: disturbi alimentari e info generali

Qualche riflessione sui disturbi alimentari. Non riguarda solo le mie abbuffate, l’immobilità conseguente, la voglia di procrastinare e delegare, l’isolamento, l’incapacità di riprendere il controllo. Non riguarda l’irritabilità, la sonnolenza dovuta a farmaci e al metabolismo messo a dura prova. Ho tentato di darmi delle regole, una sorta di disciplina. Il divano non è più il mio luogo preferito ma mi sposto alla scrivania che mi spinge a leggere e lavorare meglio. La bulimia si compone di una dipendenza patologica da cibo. L’incapacità di autocontrollo rivela scarsa autostima e se l’autocontrollo consuma zuccheri cosi si spiegano le ricadute e la voracità per i medici. Qualcuno dice che nel cervello di una bulimica la dopamina viene consumata troppo alla svelta e ne consegue la ricerca di un piacere effimero che deriva dall’abbuffata.  Sulle persone affette da disturbi alimentari ricade lo stigma da puritanesimo igienista o salutista. Lo stesso che viene citato da chi chiama devianze anoressia e bulimia. È utile sapere che l’immagine del corpo su un preciso peso medio ha origine dalle ricerche delle aziende che facevano assicurazioni sulla vita in America e che hanno imposto a tutti il loro cifrario statistico, incluso peso e forma media del corpo “sano”. Viene meno l’interpretazione soggettiva della nostra immagine, senza contare le differenze di etnia e fisicità nei differenti luoghi del mondo. Il mio culo da afro-siciliana non avrebbe mai ottenuto il patentino di salute “giusta” da un’azienda USA di assicurazioni sulla vita che viene formulata scandendo i criteri di salute di un corpo meritevole di una polizza sulla quale l’azienda investe senza rischiare di dover pagare perché la persona assicurata muore anzitempo.

Continua a leggere “Fame da morire: disturbi alimentari e info generali”
Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Fame da morire: interludio

I disturbi alimentari non sono un capriccio. Quello che succede al corpo è devastante. La mente non accetta il corpo e il corpo finisce per non funzionare al meglio in risposta alle richieste della mente. Dopo anni di digiuno e abbuffate, attività compensatorie esagerate, il corpo è debilitato, come conseguenza di una malattia invalidante tenta di funzionare ma nessuno capisce quanto sia profonda la stanchezza che è impressa nelle ossa e che attraversa la carne e il sangue. Non si tratta di qualcosa di metaforico ma di stanchezza reale, perché un corpo costretto a rallentare e poi a ripartire e ancora a rallentare e ripartire finisce per trovare un equilibrio solo nella stanchezza, nei continui mal di testa, la sensazione di poter avvertire lo scricchiolare delle ossa, sentire il limite dello sfregare della cartilagine col ginocchio, vedere esplodere una ad una le ramificazioni venose attorno a caviglie e cosce. Non accettare il proprio corpo significa farsi male ed è qualcosa che non termina, bisogna solo conviverci. Ho più di 50 anni e ancora non capisco come disinnescare le abbuffate e come evitare di sentirmi in colpa dopo. Come evitare tutto il circolo vizioso che dalla colpa mi porta all’isolamento e alla chiusura e poi ancora alla perdita di controllo per ritrovarlo quando mangio meno. Non è semplice da spiegare come una dipendenza investa così tanto un corpo che esprime una fame da morire, perché ho mangiato tanto da farmi esplodere lo stomaco e il fegato, ho ingurgitato chili di qualunque cosa oscillando tra i 60 e 130 chili.

Continua a leggere “Fame da morire: interludio”
Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Fame da morire: adolescenza

Se nell’infanzia la mia famiglia continuava a insistere affinché il cibo colmasse ogni c’è genere di vuoto, nell’adolescenza la mia ribellione divenne il rifiuto. Giornate intere senza toccare cibo, o mangiando solo una mela, l’ossessiva attenzione al peso indicato sulla bilancia, fino al crollo con abbuffate di qualunque cosa trovavo in giro.  Quello che odiavo erano gli odori emanati dei cibi cotti da mia madre, tentavo di sfuggirgli ma non potevo mancare di sedere a tavola quando c’era mio padre ed era difficile rifiutare il cibo. La questione importante ovviamente non era il cibo ma il fatto di non riuscire ad avere il controllo sulle imposizioni dominanti e violente di mio padre e sui ricatti emotivi di mia madre. Tenere sotto controllo il peso mi dava l’illusione di poter controllare anche il resto. Non era così. In ogni caso ad ogni mia abbuffata seguiva una pratica compensatoria e mi consumavo caviglie e ginocchia saltellando e scalando qualunque cosa per consumare calorie. Non c’era gioia né serenità in questo. Non lo facevo per il piacere di muovermi ma solo perché il mio corpo non era come lo volevo. Pesavo il giusto ma allo specchio mi vedevo sempre grassa e pare che questo sia frequente in chi soffra di disturbi alimentari. Più mi allenavo e più i muscoli crescevano e questo non andava bene perché avrei voluto scomparire, essere longilinea e quindi priva di muscoli. Volevo che si vedessero le ossa e quando riuscivo a toccarle mi sentivo bene. Tutto ciò non era mai ovviamente privo di conseguenze.

Continua a leggere “Fame da morire: adolescenza”
Personale/Politico, Salute Mentale

Fame da morire: infanzia

La mia era una famiglia disfunzionale che attribuiva al cibo una funzione compensativa per colmare abbandoni e carenze affettive e soprattutto le violenze che venivano esercitate da mio padre e taciute da mia madre. Sedere a tavola durante il pranzo era una tortura perché non si poteva lasciare un briciolo di nulla sul piatto, pena una punizione col corporale, lo sganassone di mio padre e l’insistenza di mia madre che continuava a chiedere se ne volessimo ancora. Mia madre era anche una compratrice compulsiva di qualunque nuova marca di merendine immesse sul mercato che in genere mangiava dopo aver fatto finta di essere l’agnello sacrificale familiare che rinunciava alle parti buone delle pietanze per poi abbuffarsi di sera e infine assumere lassativi come fossero pillole della buonanotte. Questo comportamento c’è stato ovviamente trasmesso e almeno per me è diventato deleterio perché al cibo attribuivo un piacere e una compensazione legittimati in famiglia e uniti al fatto che mangiare tutto significava essere una brava bambina, non prendere sganassoni, forse guadagnarsi un po’ di affetto. Nel frattempo cominciavo a manifestare ritenzione idrica nelle cosce già a 9 anni perché fino a tardi facevo la pipì a letto e il medico, furbo, prescrisse qualcosa per farmi trattenere liquidi.

Continua a leggere “Fame da morire: infanzia”
Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Fame da Morire: la mia bulimia

Non riesco a venirne a capo e dunque penso che dovrò cominciare da capo, un po’ per volta, a riflettere ad alta voce, come ho fatto per la depressione. Il mio secondo step sulla bulimia. Perché ho fame, di cosa ho fame. Perché mi serve, perché mi sento in colpa e disperata, perché non mi riconosco, perché l’immagine che ho di me non somiglia a quella che vedo allo specchio. Perché non si placa questo bisogno di nutrimento non necessario. Perché mi sento così e come posso convivere con una parte di me che non conosco e non controllo ma che controlla me? La dipendenza da cibo non è diversa da qualunque altra forma di dipendenza ma del cibo non si può fare a meno e iniziare con un morso significa attivare il bisogno di affogare nel cibo. Un bisogno ossessivo e compulsivo che si placa solo se poi riesco a smettere o se per qualche giorno mangio normalmente e vedo che il mio peso scende. Non uso la bilancia da tanto, oramai, ma sento che il peso aumenta o scende. Lo verifico dagli abiti che mi vanno stretti o larghi. Mi porto dietro l’insicurezza, per quel che pare un danno al mondo intero, come una ladra mi nascondo, perché nessuno sappia, invece ora lo sanno, io lo so. Non mi vergogno ma nonostante questo non riesco a risolvere e c’è qualcosa da capire che non posso risolvere, forse non da sola.

Ho dovuto sospendere lo psicologo a pagamento, perché con il mio compagno bisognoso di cure non potevo contare sui soldi che metteva da parte per me. Quindi riparto da qui. Domani a mente più lucida. Per ora cerco di ascoltarmi, in silenzio, senza anestetici fisici o visivi. Continuando a fare ciò che mi ero ripromessa.

a presto.

Eretica Antonella

Personale/Politico, R-Esistenze, Salute Mentale

Dopo abbuffata: appunti da bulimica parte seconda

Sento lo strascico ancora oggi. Stamattina ho fatto colazione e lo strascico dell’abbuffata mi ha fatto venire sonno. Mi sento irritabile e se il sonno della notte con i farmaci inibisce la fase R.E.M. quindi non mi fa ricordare quello che sogno, di giorno è diverso e quel che ricordo è un incubo. Cercavo di parlare con mia madre ma chiudeva tutte le porte e ho sfondato diversi muri, scavalcato finestre e distrutto molte cose per riuscire a raggiungerla e per dirle che stavo soffrendo. Volevo solo dirle che sono bulimica e depressa e che questo mi procura una grande sofferenza. Nell’incubo lei non ascoltava ed era inutile qualunque cosa facessi perché anche la mia voce non sembrava uscire e il mio urlo restava muto. È possibile che lei fosse una mia proiezione ovvero che io cercassi di parlare con me stessa. Ho cercato di disinnescare dopo l’abbuffata per impedirmi di restare immobile e quindi ho spostato le mie cose e mi sono ripiazzata alla mia scrivania che mi ricorda una postazione di lavoro. Ho ricominciato a leggere il libro che devo finire ma l’irritazione non passava e il disinnesco non funzionava, il malessere continuava a circolarmi all’interno. Quindi il tempo del mio post abbuffata dura due giorni per ciò che riesco a capire ed è quello che riferirò alla mia psichiatra e ancora non credo di esserne uscita. Sembra uno scherzo ma quell’unica abbuffata porta ad altre esagerazioni e perdite di controllo e mette a rischio il mio equilibrio e mi fa stare male fino a questo punto. Lo scrivo per spiegare che essere bulimica non significa solo strafogarsi. Significa soffrire moltissimo ed è quello che credo succeda a molte altre che vivono la stessa esperienza. Sia che si tratti di bulimiche che di anoressiche. Il cibo dovrebbe far produrre al cervello ormoni del piacere. Ma qualcosa evidentemente non va e alla prima fase di anestesia segue tutto questo malessere che riesco a malapena a quantificare e si tratta di un solo episodio sperimentato su suggerimento della mia psichiatra prendendo appunti su ogni sensazione e su ogni effetto. Non riesco neanche a pensare a tutto quello che ho vissuto in passato inconsapevolmente. Spero che questo sia quantomeno utile a qualcun altra che vive lo stesso problema. Essere cavia di se stessa può essere utile per capire da dove inizia e dove finisce la sofferenza e come farla smettere. Cercherò di tenervi al corrente.

Ps: dimenticavo che il post abbuffata fa venire voglia di alienarsi in modi diversi pur di non pensare e io mi sto obbligando a pensare.

Un abbraccio

Eretica Antonella

Personale/Politico, Salute Mentale

Dopo l’abbuffata: appunti da bulimica

Ho fatto quel che mi ha consigliato la psichiatra. Ho perso il controllo e mi sono abbuffata, con gusto, di cose che amo mangiare, senza sforzo, lentamente. Ma non sono cambiate le conseguenze. I sensi di colpa uniti alla voglia di procrastinare per qualunque impegno. Senso di immobilità, nervosismo, timore di uscire fuori. Non so come disinnescare. Devo fare da spettatrice e prendere appunti come se io mi osservassi dall’esterno. Per riferire alla psichiatra e per capire dove sta l’innesco e dove il disinnesco. Dopo mi sento come se fossi venuta fuori da una brutta sbornia, con un gran mal di testa, la fine degli effetti passeggeri di benessere che il cibo anestetizzante mi procura, e il conto che mi presenta la realtà.

Devo andare in farmacia, dovrei andare a fare la spesa e non riesco a fare nulla se non delegare. Come riprendo il controllo? Mi sento uno straccio. Non riesco a fare nulla. Questa è la prima osservazione concreta del post abbuffata da quando sono in terapia. Capisco perché la psichiatra ha affrontato ora l’argomento, dopo aver visto che ho stabilizzato la depressione. Pensavo di aver fatto gran parte del lavoro di riesame di me stessa, del caos interno, ma ora devo ricominciare da capo. Intanto rifletto e poi guardo qualcosa di innocuo perché non ho voglia di analizzare nulla. Anestetico sostituisce anestetico. Dal cibo alla visione di qualcosa di insignificante. Cercando di darmi tempo per correggere la rotta e ritrovare la forza per riprendere il controllo.

Ecco tutto. E’ faticoso.

Un abbraccio

In piena lotta

Eretica Antonella

Personale/Politico, Salute Mentale

La bulimia e la perdita del controllo

La bulimia per me è un grande problema. Quando ho voglia di abbuffarmi e perché voglio anestetizzare qualcosa, per non mettere in evidenza un disagio che dovrei affrontare ed è difficile se l’abbuffata implica una sorta di perdita di controllo in una concezione della vita che separa tutto da un niente. Iniziare a mangiare attiva il meccanismo del tutto o niente e se non sono riuscita a tenere sotto controllo quell’impulso allora tutto il resto va in malora. La mia non è una bulimia dove si vomita ma era compensativa, la tenevo sotto controllo con enormi sforzi fisici e tanta attività o digiuni. Quando pensavo che tutto fosse sotto controllo riuscivo a mostrare me stessa l’esterno pensando che il mondo mi recepisse come una figura piena di certezze e non vulnerabile. La perdita del controllo con il cibo invece mi fa sentire insicura e mi è più difficile mostrarmi non tanto per il mio aspetto fisico ma perché come se immaginassi che gli altri vedessero la mia vulnerabilità. Proietto sugli altri quel che io penso di me stessa perché se mangio mi sento in colpa e non riesco più a tener fede agli impegni presi, non riesco a parlare con qualcuno, non riesco ad uscire e alla lunga questo si lega all’agorafobia. 

Continua a leggere “La bulimia e la perdita del controllo”
Personale/Politico, Salute Mentale

Pausa estiva: tutto o niente

Oggi ho incontrato la mia psichiatra e a quanto pare la depressione è sotto controllo farmacologico mentre la bulimia richiede qualche aggiustamento. Il problema della bulimia è che normalmente va di pari passo al concetto del tutto o niente. Mangiare qualcosa che non dovrei significa perdere il controllo e sentirsi in colpa e questo porta ancora a mangiare e ad abbuffarsi e poi ancora a sentirsi in colpa e a rinchiudersi perché non ci si accetta e si ritiene che il mondo non ti accetterà in quello stato. La perdita del controllo associata al concetto del tutto o niente diventa deleteria. Significa che non c’è più controllo sugli impegni presi, non si tiene fede agli appuntamenti, non si riesce a comunicare il proprio malessere, anzi si ritiene che lo si porta in giro stampato in faccia, motivo per cui non si riesce ad uscire e ci si rinchiude sempre di più fino a dimenticarsi di se’ stessi.

La psichiatra mi ha suggerito di slegare le abbuffate e di concedermi di perdere il controllo senza perciò dover rinunciare agli impegni presi e a tutto il resto. Mi ha detto che devo smettere di proiettare sul mondo ciò che io penso di me stessa e di cercare di lavorare sui toni grigi della mia esistenza. Fare questo lavoro significa accettare le mie perdite di controllo e continuare tuttavia a rispettare gli impegni presi a cominciare dagli appuntamenti con lei e tutto quello che verrà dopo. Importante sarà vedere come io mi comporterò mentre realizzerò il reinserimento socio terapeutico presso la biblioteca femminista sotto osservazione del Centro Salute Mentale per verificare se riuscirò nonostante tutto a portare avanti gli impegni presi fino poi a slegarmi e a pensarmi adeguata a svolgere qualunque tipo di lavoro retribuito.

Se riuscissi a fare questo sarebbe per me fondamentale tanto più che parlarne è già un passo avanti perché l’istinto a rinchiudersi dopo la perdita del controllo viene meno se sai che il mondo ti capisce e che puoi condividere quella tua particolare vulnerabilità senza dover subire rifiuti.

Questo per ora è tutto e stremata dal caldo dopo aver attraversato un pezzo di città a queste temperature mi riposo e cerco di rinfrescarmi con una doccia.

Un bacione a tutti

Eretica Antonella

Pensieri Liberi, Personale/Politico, Ricette, Salute Mentale

Sogni bulimici

Pomodorini tagliati a piccoli pezzi e rosolati in padella con un’aggiunta di basilico e un pizzico di sale. Spaghetti al dente appena due forchettate, tanto per assaggiare. Due uova frantumate, un pizzico di sale, qualche fetta di ricotta fresca, un po’ di parmigiano. La mia frittata mi sfida e per mangiarla senza sentirmi in colpa aggiungo un po’ di insalata verde e scondita. Mentre tento la risalita, questi sono i dilemmi che mi tengono impegnata. Ricordare i sapori e gli odori che mi legano ad un momento della mia vita. Assaporare una spremuta di arancia dolce senza aggiunta di zucchero. Peccato che ieri ho dovuto ingerire limoni in quantità per un improvviso mal di pancia. Pare che non abbia più l’enzima che mi permette di digerire una fetta di anguria. Eppure era così fresca e dolce. Così buona. Amare il cibo, imparare a cucinarlo con creatività e poi essere bulimica. E’ una punizione, tanto più che dopo l’intervento di chirurgia bariatrica fatto anni fa il mio stomaco fa un lavoro piccolo piccolo, non digerisco molto, non posso mangiare alcune cose. Certe sono indigeste, per alcune non ho più la possibilità di digerirle. Non riesco ad assorbire le vitamine utili e quindi devo aggiungere integratori che costano parecchio. Eppure sono i medici che mi hanno detto che sono obbligata a prenderli, proprio come per i farmaci per la depressione. Perché gli integratori devo pagarli di tasca mia? I traumi mi hanno portata a distruggere il corpo e lui si ribella, ora che è un po’ più quieto per tenerlo in piedi devo pagare. Perché tutto il mondo dice che è sempre colpa mia. Ma ho già superato questa fase. So che non lo è. Lo sa la mia psichiatra e lo sanno i medici e chi mi conosce.

L’importante è non lasciare spazio a meccanismi che ritornano, come le paure, perché questi non sono mali che guariscono. Imparo a conviverci, solo da poco, sebbene me li porti dietro da anni. La scienza non ne sa nulla, a parte usarci come cavie per capire come funziona il cervello. In realtà non lo sanno. Tirano fuori metodi brutali, come la chirurgia, quando non possono farne a meno, per combattere l’obesità, ma il male resta, le cause che l’hanno determinato sono sempre lì. Più ci penso e studio e ascolto ricerche scientifiche sul cervello più mi convinco del fatto che la coazione a ripetere non è semplice da risolvere. Mi ammantavo di consapevolezze che non avevo quando tentavo di convincermi che avevo il controllo. Ora che so di non averlo mi pare di riuscire a volte quasi a tirare un sospiro di sollievo. Come al termine di una battaglia, come quando confessi un peccato, come se cedere, sentirmi umana, mi consegnasse una chiave per riuscire a sbirciare dietro la porta in cui è nascosta la parte già determinata, quella che non posso evitare, quella che devo accettare e comprendere. Se l’anguria non mi avesse fatto quell’effetto avrei preparato un dolce che adoro. Si fa addensare il succo dell’anguria con un po’ d’amido e zucchero, si stende il composto su un recipiente e si aggiungono pistacchi tritati, gocce di cioccolato fondente e succo ottenuto dal fiore di gelsomino. Non quello che si trova qui a Firenze, ma il gelsomino siciliano. Un fiore la cui infusione ti fa ottenere un succo meraviglioso. Lo adoro. Se ne avessi un po’ potrei farci anche il gelato. Così come mi piace il gelato alla cannella o la cioccolata di Modica con il peperoncino.

Continua a leggere “Sogni bulimici”
Antisessismo, La posta di Eretica, Personale/Politico, R-Esistenze, Storie

Sono bulimica e me ne vanto

fernando-botero-the-beach-83337

Sono bulimica e me ne vanto. Lo dico a chi si preoccupa del mio aspetto, prodighi di consigli su quanto devo dimagrire e cosa devo fare per stare bene. E tutto quello che gli importa è solo di avere un pretesto per insultare una donna che ha troppa ciccia per farglielo rizzare. La cosa riguarda anche le donne e a parte le maleducate e quelle che usano i social network per ingiuriare poi vedo ragazze insicure che tengono sotto controllo il proprio corpo e vorrebbero tenere sotto controllo pure il mio. Se tu vai in palestra e fai la dieta e dimostri tanta buona volontà, se sei così sicura di stare bene, perché ci tieni tanto a rompere le ovaie a me? Bene brava bis. Buon per te. Io sono grassa, sono bulimica e a questo punto, dato che mi viene imposta l’esigenza di essere sana a tutti i costi, e con sana intendo piacente, scopabile, bona, allora dico che tutto quello che mi serve per essere sana è che vi facciate i fatti vostri.

Continua a leggere “Sono bulimica e me ne vanto”

Antiautoritarismo, Autodeterminazione, Precarietà, R-Esistenze, Storie, Violenza

Liberarsi della prigione fatta di sensi di colpa è cosa buona

Daniela ha una madre schizofrenica. Totalmente dipendente dalla figlia. Con atteggiamenti da bambina seppur in età avanzata. Daniela ha vissuto lontano da lei fintanto che c’era il padre vivo. Poi il babbo morì e lei ha dovuto trasferirsi in coincidenza di un momento di crisi con il suo convivente. Così pose fine al suo rapporto decennale e iniziò una vita fatta di inspiegabili sfoghi d’ira, alti e bassi e una morbosa co-dipendenza tra lei e sua madre.

Continua a leggere “Liberarsi della prigione fatta di sensi di colpa è cosa buona”

Antiautoritarismo

Cara Michela Marzano, i disturbi alimentari non si risolvono con il carcere!

Cara Michela Marzano, un paio di giorni fa Angela Azzaro mi ha segnalato il vostro scambio [QUI e QUI] a proposito della sua proposta di legge sull’anoressia, firmata, a quanto vedo, da molte persone, di destra e sinistra, Pd, SeL, NCD, FI, se non erro, e il cui testo ho letto con molta attenzione. Su D di Repubblica trovo anche un breve intervento di Francesca Bolino che osserva come i giudici e le pene detentive non risolvano mai una malattia.

Io vorrei fare un ragionamento, con tutto il rispetto per le consapevolezze maturate nel corso della sua esperienza di cui certamente dobbiamo tenere conto. L’articolo 1° che stabilisce una pena detentiva per i siti accusati di istigare l’anoressia o la bulimia, così come scrive Angela, anche secondo me va cancellato, perché è come se si intervenisse con la repressione per mettere una pezza su un fenomeno sociale che assume contorni legali in altri luoghi che sicuramente non sono quelli di cui parla lei. I siti di cui lei parla, infatti, sono quasi sempre gestiti da persone a loro volta malate, che nascondono la malattia a se stesse e agli altri, illudendosi di poter tenere tutto sotto controllo.

Continua a leggere “Cara Michela Marzano, i disturbi alimentari non si risolvono con il carcere!”