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Perché le donne migranti rumene soffrono della “sindrome dell’Italia”

Una ‘badante’, o carer, dalla Moldova ritratta con il suo datore di lavoro italiano in un parco di Roma [Romina Vinci/Al Jazeera]

di Lorelei Mihala& Romina Vinci (articolo in lingua originale QUI. Traduzione di Nadia e Naomi del Gruppo Abbatto i Muri)
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Storie di schiavitù del badantaggio: la figlia “zitella”!

Raccogliendo il mio appello a raccontare e raccontarsi sulle tante forme di schiavitù del badantaggio mi scrive Simona. Proverò a rendere la sua mail (lunga) un po’ più scorrevole perciò la riscrivo e la sintetizzo. Simona sostanzialmente dice:

Col cazzo che io mi prendo tutte le responsabilità in sostituzione di fratelli e sorelle perché sono l’unica a non essere sposata. Ho due fratelli e una sorella. Fratelli a fare le proprie cose e una sorella sposata e con bambini. Dato che non sono sposata devo sorbirmi non solo gli sguardi di compatimento perché c’è chi mi considera sfortunata. Sfigata perché non avrei trovato uno che mi si pigliava. Sfigata perché non ho un figlio. Sfigata in generale perché per compensare queste mancanze se non prendi almeno un Nobel praticamente puoi suicidarti il giorno dopo. Dunque c’è tutta la famiglia prodiga che per “aiutarmi” a stare meglio con me stessa mi dona le gioie dell’essere madre, figlia, moglie, sorella, badante, babysitter ogni volta che gli gira.

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Storie di schiavitù da badantaggio: donne senza libertà di scelta!

iodecidobadantiSe c’è un ruolo dal quale paternalisti e borghesi non hanno voglia di “salvarti” è quello della colf e della badante. Eppure esistono vere e proprie storie schiavitù in cui è chiaro il fatto che alle donne che svolgono certi compiti non viene per la maggior parte lasciata alcuna libertà di scelta. Al più si parla di “conciliazione” e se non vuoi conciliare alcunché bisogna che trasferisci la schiavitù ad altre donne, migranti, immaginando perfino di fare del bene. Le ragioni per cui accade tutto questo le conosciamo bene: il mondo si regge sui ruoli di cura a carico delle donne e la condivisione di questi ruoli anche con gli uomini trova le resistenze di conservatori/trici e seguaci delle correnti capitaliste che immaginano lo Stato suddiviso tra donne considerate come risorse che fanno risparmiare tanti soldi e che ammortizzano quei bisogni e uomini armati a produrre fuori per conto di imprese che comunque li sfruttano.

Allora vorrei dare il via a una serie di racconti di storie di schiavitù del badantaggio che nella mia terra abbondano.

Per dire: c’è Mariolina che è precaria e fa molta fatica a raccattare un lavoretto per rendersi indipendente. Ha due figli, fatti per scelta, però vorrebbe fare anche altro. Invece le tocca badare alla suocera perché il valore che sulla carne ha impresso è quello di riproduttrice e assistente per persone bisognose. E tutto ciò ovviamente è gratis, per la gloria, per ottenere l’amore del marito, della famiglia, perché quelli sono gli accordi per fare parte di quel clan.

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MenoePausa

Badare=Amare: fine contratto per morte della cliente!

La mia bambina ottantenne è spirata, infine. Avevo continuato a badare a lei già da un bel po’. Poi la figlia mi ha chiesto di fare un po’ più di ore perché s’è fatta grave. Non sentiva e non vedeva quasi più. Persa dietro un suo delirio e una sua storia, segnava un filo su per aria come indicasse la traiettoria per arrivare altrove. Quando fai questo lavoro bisogna tenere conto del fatto che non sei di ghiaccio. Quella donna, così vecchia, rughe infinite e infinite storie, finisce per entrarti dentro.

La badante non è un mestiere come un altro. Ci vuole affetto, tenerezza, ci sono mille implicazioni sentimentali. E che si fa quando quella bambina muore?

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