Appunti per la mia autobiografia.

Dopo aver vissuto sulla mia pelle gli effetti della violenza di genere cominciai ad approfondire per mio conto. Ritagli di giornale, cronache di donne uccise dai mariti o dai padri o dai fratelli. Donne stuprate e massacrate lasciate sul ciglio di strade di provincia, in quel caso parlavano sempre e solo di anonime prostitute, come se non si trattasse di persone, di esseri umani. Ma la questione era semplice. Il termine umano viene da uomo e le donne si pensava tutto fossero meno che uomini, anzi erano uomini mancati. Nel libro “Casanova e l’Invidia del grembro” di Carlo Flamigni si discute di come eminenti scienziati discutessero dell’eventualità che la donna, uomo mancato, vivesse seguendo la ragione dell’utero, considerato come alieno pensante dentro il corpo femminile. Non era la donna a pensare ma l’utero e l’utero, si sa, pensa sempre male. Tutte le volte che un uomo dice “hai le tue cose” o “ragioni con l’utero” si riferisce a quella cultura vecchia di duecento anni e dura a morire.
Lo stesso valeva per l’isteria, pseudo malattia attribuita al cattivo funzionamento dell’utero pensante. Avrei voluto sapere di tutto questo quando mio padre mi dava dell’isterica e dirgli che ho un cervello anch’io e di certo non sta in quelle zone addette alla riproduzione. Forse era lui che ragionava col cazzo, come tanti uomini spinti dal desiderio e dalla mentalità maschilista a misurarsi col prossimo secondo la lunghezza del pene.
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