Pensieri Liberi, Scrittura

Genere fantastico: appunti critici

Mi è stato suggerito di approfondire l’origine del genere fantastico in letteratura e come se dovessi preparare un esame ho iniziato a recuperare tutto ciò che conosco e che avevo già letto in materia. Pare che il genere abbia un pubblico corposo e a mio modo ne facevo parte fintanto che mi affascinavano le letture di Kafka, Edgar Allan Poe, Lovecraft, Mary Shelley, fino ad arrivare a quelli più attuali che tentano di proporre storie ispirate ai modelli dell’horror gotico o del fantastico ottocentesco. Quelle opere avevano una ragion d’essere in un’epoca in cui tutto faceva pensare che il progresso scientifico avrebbe condotto in luoghi talmente oscuri da giustificare paradossi come quello di Frankenstein. Era anche il momento in cui determinati scrittori si dedicavano all’occultismo e andava di moda non solo affidarsi ad una medium per parlare con i deceduti ma immaginare che qualcosa oltre la morte potesse ferire le persone vive. Le storie da incubo descritte per esorcizzare determinate paure diventavano un modo per contrapporre il racconto fantastico alle credenze popolari e ai pregiudizi di tanti ignoranti. Era un esercizio favoloso che riusciva ad affascinare i lettori prendendoli in giro, abilmente, per esempio con la creazione del Necronomicon ideato da Lovecraft.

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Personale/Politico, Scrittura

La curiosità

Continuo a studiare per documentarmi e capire come proporre in modo credibile un’ambientazione della mia prossima storia. Quel che ho capito è che siamo sulla terra da miliardi di anni e stiamo ancora su un carretto trainato da un mulo. Sappiamo molto poco di quello che ci riguarda, da dove veniamo, di cosa siamo fatti, come è nata la terra, come il nostro sistema solare, come certi elementi influenzano le nostre volte, come spazio e tempo si coniughino con la gravità, con tutto quanto. Ho anche capito che se qualcuno vorrebbe attraversare l’universo alla velocità della luce esploderebbe al primo tratto per l’enorme quantità di gas diffusa ovunque. Però è affascinante che ci sia crede che se vado in orbita un mio giorno corrisponde ad una settimana sulla terra o che esistono mondi paralleli. I fisici danno risposte e a volte se non possono darle inventano come noi scrittori di fantascienza. E’ meraviglioso, no? Meraviglioso sapere che il sole consentirà ancora miliardi di vita al nostro pianeta ma prima che i ricercatori comprenderanno i misteri che caratterizzano la nostra creazione e tutto il resto molto probabilmente gli umani uccideranno la terra per avidità ed egoismo. Incrociamo in termini interdisciplinare gli studi fisici a quelli dello sfruttamento dei combustibili fossili, della sovrapproduzione di diossido di carbonio, dell’ignoranza sul modo in cui riempiamo di immondizia tutto, si conclude che il nostro tempo è limitato da noi stessi. Catastrofista? No, realista.

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Pensieri Liberi, Personale/Politico, Scrittura

Non sono sparita: mi sto documentando

Da giorni leggo, ascolto, guardo, cucino, sistemo, mi faccio tante docce perché non voglio accendere il condizionatore, porto calze che mi aiutano nella circolazione, altrimenti i piedi gonfiano, attendo notizie dall’assistente sociale per capire quando potrò iniziare il reinserimento socio lavorativo, prendo i farmaci, esco solo se necessario perché il caldo mi uccide, quello di Firenze ancora di più. Per cercare di realizzare uno scenario per un libro ho cominciato a leggere di geologia, terra, cosmo, stelle, terremoti, vulcani, placche, saprà Salvini che la placca africana spinge verso nord contro quella euroasiatica a colpi di 6 centimetri all’anno? Se li ritroverà sotto casa comunque dato che per il disastro ambientale c’è parte del sud desertificata e la gente ha fame e vuole mangiare. Ho letto di combustibili fossili, di energie alternative, di effetti da radiazioni, di quello che accade all’atmosfera, il buco nell’ozono, di quanto resta da vivere alla stella che chiamiamo sole, ho letto di rifiuti, di deforestazioni e cementificazione di letti di fiumi e aree che finiranno sott’acqua. la natura riprende ogni pezzo che gli abbiamo tolto. ho letto di ghiacciai, di glaciazione e scioglimento, di superficie marina che aumenta di un tot all’anno e di coste che saranno travolte, ho letto indagini accurate e approvate dai pari, quegli scienziati che ad ogni pubblicazione scientifica danno l’approvazione perché certi delle cose dette, non solo in teoria, ma per gli esperimenti fatti, con una causalità ed effetti previsionali incidenti. ho letto di fisica, meccanica quantistica, di entropia e indeterminazione, di macchine e intelligenze artificiali, ho capito il perché alcuni scrittori di fantascienza sono o erano fisici, poiché delusi da un certo dogmatismo che gli impedisce i vedere oltre. quindi scrivono fantascienza, non senza poggiare le invenzioni su dati reali. ho rivisto vecchi film basati su sceneggiature che parlano di disastri e maremoti, terremoti e onde anomale, di elettromagnetismo e sole che sputa raggi ultravioletti senza che possiamo filtrarli (non basta una crema solare per questo). ho letto di intere specie estinte, di fossili e altri disastri e di tante donne che lottano per impedire la colonizzazione della terra, ecofemministe o come volete chiamarle. Di come gli allevamenti intensivi e le colture per nutrire gli animali da macellare stanno distruggendo il pianeta, perché serve tanta terra, deforestata, dunque c’è più produzione di biossido di carbonio che non può più essere assorbito dal mare perché anche i pesci muoiono, così come intere barriere coralline.

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Pubblicazioni, Scrittura

La vita delle altre – un libro a cui tengo

Vi anticipo qui qualche pagina, e spero lo amerete quanto lo amo io.

Prologo

Quando ero piccola osavo chiedermi perché io ero solo io e non fossi qualcun’altra. Avrei voluto indossare i corpi altrui per saggiarne le vite, i privilegi, talvolta i dolori. Non si trattava della ricerca di una fuga, perché sapevo di dover fare i conti con me stessa, ma la vita altrui mi incuriosiva, per il bagaglio di conoscenze che possedeva, per l’esperienza da devolvere, per esercitare una mimesi umana che mi lasciasse informe, senza genere, obblighi e ruoli sociali. Così cominciai a pensare ad un modo per proiettare la mia coscienza nei corpi delle altre. Infine vi riuscii, non senza sofferenza e sacrificio, perché ogni viaggio aveva effetti collaterali. Riportavo indietro pensieri non miei, abitudini mai avute prima, con le conoscenze delle altre raccattavo anche la loro immondizia, i segreti celati, le violenze subite. Pensavo che le vite altrui fossero migliori della mia. Mi resi conto che non era affatto così. Per arrivare a questa conclusione però dovetti osare molto e sacrificare parte di me stessa. L’ultimo viaggio mi impediva di tornare indietro, perciò dovetti uccidere colei che mi tratteneva. L’esercizio di dominazione tra una coscienza e un’altra poteva avvenire in modo involontario. In quel caso lei voleva intrappolarmi, dunque mi liberai. 

La vita delle altre è disponibile ora in ebook. Potete trovarla Qui.

Disponibile anche in cartaceo QUI

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Le Pazze, R-Esistenze, Scrittura

Le Pazze – ottavo capitolo

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8

Ci ritrovammo in piedi, a Piazza Marina, tra Corso Vittorio Emanuele e Porta Felice, a Palermo. Non c’erano carrozze, quindi potevamo escludere di essere nel passato. Non c’erano neppure automobili né la normale ressa attorno al negozio che vendeva pane con la milza. Tutto era chiuso. Forse era troppo presto per fare il conto con un possibile futuro palermitano, ma era il mio ambiente. Finalmente ero nel mio elemento naturale. Un luogo di cui conoscevo quasi tutto, incluse le follie sparse un tanto al grammo, per ogni singolo abitante. Noi non avremmo fatto eccezione. Saremmo state un po’ com’erano tutti. Bastava solo adeguarsi e tentare di non apparire troppo strane. Le altre, fiorentine, assieme a Cecco, guardavano i dintorni con meraviglia. Non sapevano nulla della mia città natìa. Se Firenze era stata costretta a tornare agli orti e alla pesca, Palermo sarebbe stata in preda alla siccità e agli acquazzoni di ottobre. Non sapevo come potevamo cavarcela. Quello che riuscivo a vedere erano strade vuote e suggerii di avviarci per percorrere il centro storico. Salendo per la Vuccirìa, poi Ballarò, poi a destra per andare verso il teatro dell’Opera e continuando per Piazza Politeama.

Deviammo verso il quartiere del porto, a Borgo Vecchio, passando per il mercato ancora chiuso e tentando di raggiungere il mare. Restammo fermi vicino ad un chiosco che da quel che ricordavo vendeva angurie a fette. Era difficile stabilire in che modo il futuro di Palermo si fosse sviluppato. Sembrava una città abbandonata, il sole alto, era mattina o l’ora della pennichella. Non riuscivo a capire. Consigliai di tornare indietro, vicino al Teatro Massimo. Forse si sarebbero fatti vivi i turisti e i carretti siciliani in bella mostra. Potevamo incontrare il tizio che vendeva la grattatella, ghiaccio e limone. Pensare alle cose buone di Palermo mi faceva veniva l’acquolina in bocca. Poi un tale si avvicinò e osservando le nostre divise da lavoro fiorentino condensò il suo parere in un “minchia” di benvenuto. Si chiamava Totò e disse che per dei turisti come noi avrebbe fatto volentieri da guida. Risposi che non eravamo turisti e che ero palermitana anch’io. Voleva spillarci dei quattrini ma quando udì il mio accento si tirò indietro e provò a consigliarci.

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Antisessismo, Culture, La scrittura delle donne, Scrittura

La scrittura delle donne: capitolo due

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Capitolo due: donne scrittrici e nobili.

Ho lavorato per un po’ di tempo nella città di Palermo e tutte le scrittrici che venivano proposte erano quasi sempre appartenenti a famiglie nobili. Alcune vivevano all’estero e altre elargivano memorie della loro vita nobiliare, con acuta descrizione dei loro ambienti, le ville in cui vivevano, la genealogia che le caratterizzava. Le donne del Sud che scrivevano libri appartenevano ad una classe differente e quando leggevo le memorie dei racconti passati, con riti delle parenti a recitare il Rosario, con la descrizione esatta del momento in cui si consumava un pasto o una bevanda tipica del luogo, mi sentivo inadeguata. Dopo molto tempo compresi il perché. Non avevo mai vissuto in una villa, in casa non c’erano parenti che sgranavano rosari, non c’era il momento del dolce o della bevanda pomeridiana, non c’era nessuno che mi servisse un pasto a parte mia madre quando ero piccola. Palermo si divide in due contesti precisi, la classe nobiliare e la massa. Catania ha una natura più borghese e industriale ma Palermo continua a conservare quella divisione anche nelle memorie e nella pubblicazione di libri ad opera di donne che non rappresentano tutte le altre.

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Antisessismo, Autodeterminazione, Culture, La scrittura delle donne, R-Esistenze, Scrittura

La scrittura delle donne: capitolo uno

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Capitolo uno: reddito e una stanza tutta per sé. 

Vi siete mai chiesti perché la maggior parte degli scrittori famosi sono uomini? Semplicemente perché potevano. C’erano scrittrici che dovevano firmarsi con nomi da uomini per poter essere pubblicate. Diversamente le donne dovevano badare alla famiglia e alla casa ed eventualmente elevare il prestigio del marito. Delle mogli degli scrittori sappiamo molto poco a parte forse per gli autori contemporanei. Gli scrittori paraculo dicevano che le proprie mogli li ispiravano e le trattavano da Muse anche se poi erano semplicemente le loro serve. Altri scrittori ebbero rapporti molto conflittuali con le donne che non riuscivano a trovare spazio per sé stesse dove c’era già una prima donna. La prima donna era il marito, ovviamente. Gli scritti delle donne sono stati per lungo tempo disprezzati ho sminuiti a rango di romanzetti rosa. Si diceva che solo gli uomini potessero scrivere di argomenti interessanti perché le donne erano legate hai emotività e sentimenti che derivavano dal possedere un utero.  I romanzi scritti dalle donne venivano interpretati come troppo intimisti, troppo autoanalitici o autobiografici. In realtà le donne avevano un immaginario vastissimo e riuscivano a interpretare intere epoche in poche righe, riuscivano a dare vita a generi letterari a loro preclusi eccellendo in ogni caso.  

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Le Pazze, Scrittura

Le Pazze – settimo capitolo

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7

Come previsto Diego lo stronzo, ottenne maggior consenso, proprio per via delle punizioni esemplari contro uomini violenti con le donne. Quelli che venivano cacciati fuori dalle loro case ottennero asilo presso organizzazioni religiose conservatrici a sud, gli stupratori menomati si accampavano nelle periferie, non potendo varcare le soglie della città. Diego andò a cercarli, uno per uno, e disse loro che avrebbero dovuto ribellarsi e capovolgere la situazione per riacquisire il potere del quale erano stati privati. Formarono un piccolo esercito, grazie all’aiuto delle chiese integraliste, e arrivarono alla Cattedrale per cacciare Mario e occuparla definitivamente. Presero anche il Palazzo della Signoria e allo stesso modo lasciarono senza casa le donne che si erano ribellate ai mariti violenti e gli uomini che avevano punito gli stupratori. Nacque l’Ordine per il ripristino per potere ecclesiastico e Diego divenne l’Inquisitore incaricato di arrestare, torturare e punire le streghe fiorentine. Per prima cosa Diego visitò il nostro luogo di lavoro, esigendo che gli fosse riferita ogni attività anomala. Pubblicarono un Editto che dichiarava l’aborto un crimine punibile con la morte della donna che abortiva e della levatrice che l’aveva assistita. Dichiararono che le abitazioni e i terreni, così come le attività commerciali e artigianali, erano di proprietà di un uomo.

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Le Pazze, Scrittura

Le pazze – sesto capitolo

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6

Continuavamo ad abitare assieme a Cecco, anche se Flavia dormiva con lui per tutto il tempo, ciascuna impegnata nel mestiere che aveva scelto, ci incontravamo la sera per cenare insieme e parlare di tutto quello che avevamo vissuto durante la giornata.  Eleonora era diventata ormai una pescatrice provetta, con un suo gruppo di riferimento che le insegnava tutti i segreti del mestiere. Michele e Flavia aiutavano Cecco ad ampliare l’orto, riuscendo a dare una mano anche ad altri coltivatori. Valentina, Isabella, Lella, ed io, continuavamo ad imparare l’attività di levatrici. A volte mi capitava di andare a dare una mano al prete Mario con il quale riuscivo a parlare di tante cose, come raramente mi riusciva con qualcuno. Forse non comprendeva esattamente quel che dicevo, ma mi ascoltava con attenzione e mi faceva sempre sentire la benvenuta, accogliendo ogni mio consiglio e il mio aiuto. Nel frattempo il tizio dei volantini, che poi scoprimmo chiamarsi Diego, continuava a fare proselitismo per cercare di riportare Firenze ai tempi in cui secondo lui tutto andava meglio.

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Le Pazze, Scrittura

Le pazze – quinto capitolo

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5

Una delle levatrici somigliava alla mia vecchia madre, un’artista del sabotaggio della memoria altrui per far conciliare i suoi ricordi con la realtà. Se c’era una persona che poteva farmi arrabbiare era mia madre, perennemente in cerca di un dettaglio da criticare o per l’appunto di una memoria da sabotare. La sua incoerenza era palese e la dissociazione che creo in me fu talmente grave che me ne resi conto solo quando fui adulta. Mi resi conto di quanto fosse semplice per lei minare le mie scelte, farmi sentire in colpa, sovvertire le narrazioni per acquisire un ruolo da protagonista che non aveva mai avuto. Era un’attrice o solo una bugiarda ed era in quell’ambiente che era maturata la mia depressione. Vedendo quella donna tanto simile a mia madre mi ritrassi di scatto e fuggi fuori a riprendere fiato. Non era lei ma solo l’idea di poterla rivedere mi causava un trauma talmente forte da indurmi a urlare, stringendo i pugni per la rabbia repressa troppo a lungo, contro colei che mi aveva dato la vita e perciò pretendeva anche di potermela togliere. Era la accentratrice delle vittorie altrui, la miserabile martire che esibiva il pianto con le vicine di casa per ottenere attenzione compassione, era una manipolatrice che aggiustava gli eventi per trarne beneficio. Mi raggiunse Valentina che non capiva il perché della mia reazione.

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Culture, Recensioni, Satira, Scrittura

Il rombo di Gunter Grass

Dopo aver letto un sacco di libri di fantascienza ho deciso di riprendere in mano dei libri che avevo letto quando ero adolescente. Non erano libri semplici ma mi piacevano e probabilmente non ne compresi il senso appieno ma leggevo di tutto e quindi mi era capitato anche di leggere di Gunther Grass. Oggi ho finito di leggere anzi di rileggere La ratta che parla di un futuro post apocalittico in cui solo i ratti sopravviveranno agli uomini che faranno di tutto per autodistruggersi. Nel romanzo c’è questo dialogo ipotetico tra un uomo che rimane intrappolato nello spazio e assiste alla fine della terra ma è in comunicazione con un ratto che gli spiega esattamente come sono andate le cose. Io non so se conoscete questo autore che peraltro è anche un premio Nobel ma il suo modo di scrivere è complesso e lui utilizza un sarcasmo che è veramente micidiale e che gli è costato parecchio perfino l’emigrazione quando pubblicava testi che contestavano tutto quello che aveva fatto la Germania e i modi autoassolutori che i tedeschi impiegavano culturalmente per rimuovere tutto ciò che avevano fatto di sbagliato. Una delle basi culturali della Germania che lui prende perennemente per il culo e quella fondata sulle favole dei fratelli Grimm che secondo lui sono assolutamente antifemministi, misogini, continuando a proclamare l’idea dell’esistenza di una vecchia strega la cui fine è quella che piaceva tanto a certi nazisti: ovvero bruciarla nel forno. Sto rileggendo adesso Il rombo che è una satira feroce delle faccende relative allo sviluppo storico e culturale del patriarcato e con sarcasmo narra di un pesce che dal neolitico in poi usava dare consigli ad un pescatore per portare avanti la causa della virilità maschile. In epoca più moderna il pesce si rende conto che questi uomini continuano ad essere dei frignoni e a portare alla rovina ogni loro piano e decide di schierarsi dalla parte opposta facendosi catturare da tre femministe che non accettano i suoi consigli paternalistici per un presunto ritorno in auge del matriarcato ma lo sottopongono, assieme ad una enorme schiera di gruppi femministi, ad un processo esilarante in cui si ripercorre la storia di uomini dipendenti dalla prima donna descritta con tre seni e la storia successiva in cui le varie fazioni femministe tentano di capire se solo la trisenita’ potrà dare valore al matriarcato. Non si riduce ovviamente tutto a questo ma c’è una descrizione veramente divertente sul mondo variegato femminista e sul paternalismo bieco di certi consiglieri che per l’appunto meriterebbero un processo invece che l’ascolto. Non posso descrivervi tutto perché l’uso delle parole così come la descrizione di ogni cosa per questo scrittore è veramente unica ma posso dirvi che rido da stamattina e ancor di più rido leggendo questo ulteriore libro che vi consiglio augurandovi una buona serata.

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Le Pazze, Scrittura

Le pazze – quarto capitolo

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4

Firenze era dunque tornata una città senza chiesa, i suoi abitanti probabilmente si erano spartiti i beni immobiliari e in denaro posseduti dal vescovo. La cattedrale aveva in effetti un aspetto insolito, per così dire. Il prete parlava con molte persone che gli chiedevano consigli di ogni tipo, e nel frattempo condivideva pasti e oggetti casalinghi che gli erano stati portati. Mario probabilmente non se ne rendeva conto ma aveva ridato a quella chiesa lo spirito che avrebbe dovuto dimostrare anche negli anni precedenti. Un uomo buffo, con un piccolo ciuffo di capelli scuri in testa, dei baffetti allungati e l’addome prominente. Camminava a passi svelti in ogni direzione e per ciascuno aveva un sorriso o una parola di conforto. Lungo le navate molte persone restavano sedute e alcune perfino sdraiate non in attesa di una benedizione ma del semplice e puro ristoro di un tetto e un pasto caldo. Cecco ci presento e subito il prete ci indicò una zona dietro l’altare in cui altre donne stavano cercando capi d’abbigliamento per coprirsi. C’erano abiti di ogni misura e forma, scarpe stivali, cappotti e impermeabili di ere passate, probabilmente un lascito di generazioni precedenti. Avrei avuto voglia di chiedere a Mario se la battaglia con il clero si limitasse all’occupazione di una chiesa o se non si temesse un ritorno gli eserciti del Vaticano per riprendersi la Toscana.

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Le Pazze, Scrittura

Le pazze – terzo capitolo

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3

Cecco ci svegliò con una colazione a base di caffè d’orzo e pane appena sfornato. Lo aveva fatto da solo e l’aveva cucinato nel suo forno a legna che si era procurato per poter cucinare piatti squisiti. La sua modestia traspariva dall’arredamento, essenziale e utile. Ci chiese notizie dei danni riportati per lo straripamento e noi la domanda rivolgendogli quesiti su quanto fosse migliorata la vita in città. Si disse d’accordo ma non aveva memoria di come fosse prima, ai tempi dei suoi genitori oramai morti. Disse di essere nato in una situazione di ripresa e di essere abituato a vivere di quello che la natura gli donava. I suoi genitori gli parlavano dei turisti, dei grandi ristoranti sempre pieni di clienti, di automobili che sfrecciavano in ogni strada, di aerei che volavano sulla città. Lui non aveva conosciuto nulla di tutto ciò perché il mondo era radicalmente cambiato quando nacque. I genitori ebbero dapprima difficoltà ad adattarsi ma per lui era piuttosto semplice vivere secondo le tradizioni antiche. Aveva visto rifiorire le attività artigianali e poi ci fu la decisione dell’amministrazione comunale di devolvere agli abitanti ogni terreno per uso agricolo. Così ciascuno poteva coltivare qualcosa di cui nutrirsi e c’erano anche i luoghi in cui si potevano allevare polli, maiali, pecore, mucche. Disse che il giorno dopo sarebbe passato l’ambulante che portava il latte fresco appena munto e se fossimo rimaste avremmo anche potuto assaggiare dell’ottimo formaggio fresco.

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Le Pazze, Scrittura

Le Pazze – secondo capitolo

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2

Dopo esserci saziate di pesce decidemmo di continuare il nostro giro di esplorazione della città. Ci dirigemmo verso Ponte Vecchio dove stranamente non c’erano gioiellieri ma artigiani che lavoravano per strada, con laboratori aperti di falegnameria e ferramenta. Sembrava quasi una città del passato o forse una Firenze non più rivolta semplicemente ai turisti ma alle esigenze dei propri abitanti. Le piccole case sopra le botteghe degli artigiani erano arredate di panni stesi e c’erano donne che cantavano mentre svolgevano lavori casalinghi. Per poco non fumo colpite da una secchiata d’acqua gelata che veniva da un donnone enorme, alle prese con la pulizia delle imposte. Tutto il centro sembrava fiorire di attività artigiane, vicino agli Uffizi i pittori non raggranellavano qualche moneta facendo ritratti in pochi secondi. Erano intenti invece a realizzare opere di pregio, paesaggi, visioni d’insieme, scene di vita quotidiana, un pittore dipingeva la posa di un altro pittore posizionato dinanzi a lui. Lungo la piazza c’era anche uno spazio per la scultura e dove normalmente si vedevano persone in posa statica, raffiguranti Michelangelo o Dante Alighieri, si assisteva a performance costumi d’epoca.

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Le Pazze, Scrittura

Le pazze – primo capitolo

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1

Lo squarcio apparve all’improvviso. Ci tuffammo insieme, senza bisogno di concordare nulla. Il nulla sarebbe stato meglio della prigione in cui eravamo rinchiuse. Durò un secondo, forse meno, e fummo travolte dall’ossigeno. Ci trovavamo in aperta campagna, il sole brillava alto, una brezza leggera ci invitava a proseguire alla scoperta di una nuova primavera. C’era fiori dappertutto, il casolare, prima ospedale, era diroccato. Riconoscemmo il corridoio, alcune stanze, c’erano i legacci della contenzione su una barella senza materasso. Decidemmo di restare un po’ per discutere e capire dove andare. Dopo mesi di prigionia non riuscivamo a fare un passo. Nessuna infermiera o medico ci controllava, eppure stavamo lì a guardare le rovine senza sapere cosa fare. Trovammo sassi sui quali poggiare i nostri corpi e Lella fu la prima a urlare. Non di gioia ma per l’orrore. L’ipocondriaca non avrebbe più potuto fingersi malata. Per noi era tutta un’altra storia. Nessun farmaco, nessun sondino nasogastrico. Potevamo solo interpretare noi stesse, quel che eravamo davvero, senza amputazioni mentali. Le sensazioni arrivarono talmente in fretta da costringerci a tenerci strette. Michela, la bipolare, segnalava visioni celestiali, Valentina respirava meglio, senza l’oppressione dei farmaci, Bella parlava a ruota libera, raccontando il trauma che l’aveva ridotta tanto male.

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