Una delle madri che ha qui raccontato la sua storia da questo momento in poi ci regalerà un diario, riflessioni ad alta voce, che parlano del suo disagio. E’ il suo momento buio, di grande solitudine. Questo blog, per quel che può valere, le dà uno spazio che per lei possa rappresentare una finestra con il mondo esterno. Seguitela, a partire dalla categoria a lei dedicata, dialogate con lei e continuate a raccontare voi stesse. In basso la presentazione del’icona/personaggio che lei ha deciso di rappresentare per raccontarsi meglio. Evinrude non è un personaggio di pura fantasia. Così scrive:
“Mi chiamo Evinrude, come la libellula di Bianca&Bernie. Fragile, sempre in trappola, incagliata, incastrata. Ma con quelle ali lì, tra il trasparente e l’azzurrino, che un giorno mi consentiranno di riprendere quota, pur continuando a volare basso. O forse no, forse alto. Evinrude scrive: per lavoro e per diletto. Senza le parole non vive, anche se adesso non le bastano. Il secondo figlio di pochi mesi l’ha atterrita, devastata, annullata. Certe mattine non si alzerebbe affatto, darebbe non sa cosa pur di non affrontare un’altra giornata uguale a ieri: il pianto continuo, il tempo fagocitato, lo spazio mancante. A Evinrude mancano i libri, i viaggi, la cucina, il sesso. E le manca, soprattutto, la sua bambina più grande, sparita dal suo raggio visivo per colpa del neonato assorbente. Depressa? A Evinrude le categorie non piacciono. Sa solo che sta male, molto male. E che si sente sola, molto sola.”
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