Il documentario è su Netflix, molto interessante, raccoglie testimonianze di sex workers e dati sulla provenienza di chi a parole si schiera con le sopravvissute del traffico di donne e poi si scopre aver modificato nome e mission di precedenti organizzazioni dell’ultradestra cattolica conservatrice dedita a campagne contro aborto, matrimoni gay, e via dicendo.
Come penetrare un dibattito se non assumendo alcuni codici di linguaggio, facendoli propri, travisandoli e lanciandoli contro le femministe che da sempre lottano per l’autodeterminazione delle donne? Lo fanno i maschilisti da tempo, lo fanno anche i fascisti, lo fanno i moralisti, sessuofobi, abortisti, che praticano crociate contro una piattaforma per contenuti per adulti consenzienti attribuendo complicità (attraverso lo spauracchio della “pedofilia”) perfino alle sex workers che la usano per divulgarli (i contenuti per adulti).
Con grande onestà le sex workers parlano di limiti e criteri, di lotte per migliorare i luoghi di esposizione e divulgazione dei propri contenuti per adulti. Infine ci spiegano che sarebbe utile un controllo maggiore di moderazione per contenuti caricati da esterni, non riconoscibili, che buttano lì revenge porn cancellati tardi e dopo varie richieste. Tutto ciò però non ha nulla a che fare con il lavoro consensuale delle sex workers che se non possono guadagnarsi da vivere divulgando quei contenuti dovranno tornare a dipendere da case di produzione a tinte fosche, o dovranno andare a nascondersi e battere cassa sulle periferie.
Questo in fondo il senso del Fosta Sesta Act (targato USA e Trump), il cui impatto è stato cruento, non su chi sfrutta ma su chi deve nascondersi e quindi rischiare per evitare accuse di adescamento. Il punto è che se i crociati antiporno volessero davvero salvare le donne creerebbero altre opportunità per loro, farebbero in modo da renderle indipendenti economicamente, invece tutto suona come una persecuzione e se non sei d’accordo ti danno della sfruttatrice o della complice di chi diffonde contenuti per pedofili (cosa non dimostrata perché la categoria “teen” è interpretata da ragazze maggiorenni travestite da scolare).
Se vogliono davvero beccare le reti di pedofili dovrebbero guardare all’ultra destra cattolica, ai preti e ai benpensanti che si nascondono e non a donne adulte che mostrano video con le tette al vento per guadagnarsi da vivere. La crociata contro pornhub ora si è estesa ad altre piattaforme. Le sex workers sperano sempre che qualcuno le ascolti invece che sovradeterminarle e sostituirsi a loro con istanze di destra che mirano alle case chiuse. Non è forse la fine che stanno facendo alcune presunte femministe anche qui in Italia? Ammanicate all’ultradestra per difendere scampoli di potere maschilista e moralista. Bontà loro.
Buona visione.

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