Ogni volta che scelgo di guardare un film, una serie, in cui si parla di robot spero che non replichino cliché che vogliono le creature cyborg piegate al volere degli umani. Spero che non ci sia qualcuno che le crea per farne l’uso che legalmente gli uomini non possono più agire sulle donne. Spero che non appaiano idioti che vogliono usarle pensando che non ci sia bisogno di chiederne il consenso. Spero che non servano per riprodurre la cultura dello stupro che vuole una donna disponibile sempre e comunque. Spero che l’umanizzazione dell’androide non avvenga solo perché si scopre che l’androide può generare un figlio.
Che sia santa o puttana, quello è il solo ruolo che chi crea quelle storie riesce a immaginare per la cyborg, l’androide, la robot. In Oriente, forse perché i principi della robotica che tengono al guinzaglio le macchine per evitare che diano il via alla nostra estinzione, secondo il terrore infuso dalla vecchia fantascienza, non sono applicati alla lettera, attraverso i manga o fumetti o storie in cui si parla di robot eroi ed eroine invece che a far pompini alle paure vittoriane degli umani, si celebra la rivoluzione, si parla di robot che si ribellano agli umani o che ne determinano i cambiamenti sociali. Si ragiona di tecnologia scissa dall’uso umano ma lasciata libera di agire secondo principi propri.
Mi piacerebbe molto vedere riprodotte fedelmente alcune creazioni censurate in occidente, non tradotte, non visionate, perché potremmo imparare molto da esse. Io spero che le creature robot ci seppelliscano, che combattano, che reagiscano e si difendano, così come avviene per ogni categoria usata, abusata, criminalizzata, giudicata inferiore perché senza anima. La parte in cui un robot dotato di ghost (anima, cervello) da Anime diventa un film hollywoodiano spiega perché quel che riusciamo a gestire in termini culturali sia qualcosa che ci colloca sempre un gradino più in alto nella catena alimentare. Siamo creatori, Dei, intelligenti, empatici, eccetera. Un robot invece no. Non sarebbe in grado di autoeducarsi, di apprendere, di raggiungere livelli mai raggiunti da umano. L’intelligenza (robot) che pure decuplica mille volte i livelli di apprendimento umani viene chiamata “artificiale”, come dire che la nostra intelligenza invece sarebbe reale.
Se la fantascienza buona, scritta da donna, Mary Shelley, ci ha insegnato qualcosa è che il mostro non è la creatura ma il suo creatore. Un creatore che oppone la propria limitata visione del mondo alla enorme possibilità di analisi di una IA. Un creatore che continua a sedimentare il terrore che la creatura si ribelli al creatore, dunque bisogna fare attenzione, bisogna temerla, mai amarla, rispettarla. Bisogna schiavizzarla, abusarla, stuprarla, mai attendere una reazione. Che le creature cyborg ci seppelliscano tutti e tutte.
Le immagini ritraggono Alita, un eroina manga deliziosa, a suo modo.
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