Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Culture, R-Esistenze, Violenza

#LegittimaDifesa per le donne contrasta col potere del patriarcato

Continua la riflessione su questo. Anche grazie alle testimonianze che sto pubblicando sulla pagina (ringrazio chi le inviate perché è doloroso). La destra spinge per la legittima difesa quando si parla di danno alla proprietà o più nel dettaglio se un uomo straniero si introduce in casa il bianco vuole avere il diritto di sparargli come nel far west. La legittima difesa è sempre uno strumento in mano a bianchi, ricchi, maschi. Così negli Usa.

Perché è così difficile parlare di legittima difesa per le donne che subiscono violenza di genere? In passato la donna era parte della proprietà che l’uomo riteneva di aver diritto di difendere con le armi, ovvero di distruggere per rimettere a posto l’onore della famiglia (delitto d’onore). All’uomo, dunque, non alla donna vittima di abusi, viene dato consenso sociale nel caso in cui egli decida di agire più per vendetta, non per legittima difesa. Alla donna viene detto che può rivolgersi a istituzioni patriarcali, a militari patriarchi, a patriarchi in generale, affinché ripristinino l’onore rubato o restituiscano un minimo di giustizia. Dopodiché, tra le mille foto di volanti e divise che vediamo accompagnare gli articoli di cronaca in cui si parla di femminicidio, in un costante marketing istituzionale, quei patriarchi arrivano sempre dopo che tutto si è compiuto, quando lei è morta o i giudici sono chiamati a valutare l’entità del danno che una donna stuprata ha subito presumendo culturalmente che lei sia presunta colpevole e lo stupratore presunto innocente.

Quando negli anni ’70 si cominciò a parlare di centri antiviolenza gestiti da donne fu quasi come aspirare una boccata d’ossigeno. Poi però si comprese che quei centri devono viaggiare con le istituzioni, affidarsi ad esse, chiedere finanziamenti e lasciare che la giustizia patriarcale abbia l’ultima parola. Non che le donne lo vogliano ma di fatto questa è la situazione. Perciò siamo impotenti o addirittura in stato di regresso giacché maschilisti e catto-integralisti hanno spinto i governi affinché lasciassero che con la denominazione centro antiviolenza si definisse qualunque luogo, perfino di gente antiabortista e antifemminista, sostenendo che la violenza, e che grande errore delle donne questo è stato, non è di genere ma sulle donne. Parrebbe una questione non rilevante ma di fatto lo è perché si è trovato il modo di perpetuare il potere maschilista e patriarcale perfino attraverso gli strumenti che dovevano essere delle donne e femministi.

A tutto ciò si aggiunge il fatto che per cultura si continua a ritenere che la donna sia naturalmente angelica, dedita alla cura, giammai forte e in grado di difendersi, più che altro può affidarsi di uomo in uomo fino a trovare quello un po’ meno manesco. Degli uomini si ritiene siano protettori, non cacciatori, non persecutori, non vantaggiosamente ricchi per godimento di privilegi maschili. Lui è l’uomo con la clava e lei pensa a marito e alla cura dei figli. Lui pensa alla caccia e lei ad allattare i piccoli. Lui difende le “sue” donne e lei si lascia strattonare dall’uomo che la usa e abusa in virtù della necessità di una protezione sociale ambita, imposta, pretesa da chiunque. Dunque lo Stato riconosce al protettore la facoltà di proteggere l’onore delle figlie ma alle figlie dedicherà ogni tipo di ignominia semmai non desiderassero essere protette. Chi ci protegge dai protettori? Questo è il punto.

Nel libro Il mostruoso femminile, edito Tlon, di Jude Ellison Sady Doyle, l’autrice analizza i mille modi in cui una donna viene disegnata come vittima nella cultura di ogni tempo e quel che viene poi inflitto alla donna che decide di difendersi da sola o di vivere semplicemente secondo le proprie regole. Sfuggire al controllo maschile vuol dire avere controllo sul proprio corpo, dunque sulla propria sessualità e sulla riproduzione. Inutile ricordare quante donne siano state sterminate per questa ragione. Si può facilmente riferirsi alla caccia alle streghe ma sarebbe come sparare sulla croce rossa. La questione è molto più sottile. Silvia Federici in Calibano e la strega parla di schiavitù riproduttiva che viene imposta in ogni periodo di crisi economica. Il corpo delle donne è un mezzo, tuttora inteso come appartenente a proprietari maschili. Mariti o istituzioni poco cambia. Se la denominazione varia i diritti delle donne invece continuano ad essere sempre messi in discussione. Per ogni donna che vuole avere diritto di scelta c’è un antiabortista pronto a cancellare la legge 194 o ad ammorbidirla qui e là. Per ogni donna che esige un reddito, pari salario rispetto agli uomini, c’è un uomo che legifera per dare alle donne un part time “per il bene dei figli” ovvero i famosi contratti a progetto che puoi fare tranquillamente anche da casa, così puoi di certo sostenere i costi della famiglia ma giammai da sola. Servono due stipendi e quello più congruo è sempre del marito.

Per ogni donna sola o con figli che esige diritto alla casa c’è un patriarca che ha fatto sfornare alla moglie dieci figli e chiede che la casa sia un privilegio di chi inorgoglisce la nazione di nuovi nascituri, possibilmente ariani. Gli stranieri sono un ostacolo, e se ora puoi portare in giro un fucile facendo finta di cacciare cinghiali al parco giochi puoi eliminarli come ti pare.

Quel che intendo è che lo status quo imperversa affinché le donne restino piegate e dipendenti e giammai libere. Se una donna subisce violenza e si difende finisce in carcere per aver ucciso il marito. Sui media viene dipinta come un mostro, una strega, né più e né meno. Se il marito uccide la moglie è la vittima ad aver provocato lui che viene descritto come innamorato, sofferente per l’abbandono. Quindi alle donne non viene dato uno strumento concreto per difendersi, casa, reddito, legittima difesa, perché di fatto non si appartiene. Lei non può rivendicare alcunché. Solo nascondersi, chiedere protezione ad altri uomini, fuggire altrove, diventare una perseguitata in ragione del fatto che l’uomo userà i figli per tenerla legata a sé.

Le donne continuano a morire, una alla volta, noi non smettiamo di contarle. Assieme a loro ci sono parenti, figli, famiglie distrutte e non sanno cosa sia andato storto e qualcuno dice che la responsabilità è della donna che vuole emanciparsi, invece di restare al proprio posto. Il punto, come mi ha chiesto una ragazza che è dovuta fuggire all’estero per sfuggire ad uno stalker, è “perché devo essere io a crepare?”, perché lei non può sperare di agire per autodifesa quando viene aggredita sessualmente? Perché ancora deve spiegare e giustificarsi quando viene stuprata, mentre tutta la comprensione va al suo stupratore? Se non cambiano i paradigmi della questione non penso che vedremo meno donne vittime di violenza di genere e siamo tutte stanche di nominare le vittime senza aver chiaro che bisogna pretendere di più. Siamo in guerra, questo è un fatto, e non da ora. I delitti contro le donne costituiscono un olocausto enorme in tuttto il mondo. Migliaia di donne uccise, milioni di donne stuprate, milioni di bambine vittime di abusi. E la giustizia arriva dopo o non arriva affatto. Dunque?

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