Quello che mi ha comunicato della morte di mia sorella, i cui debiti ricadono su di me, dopo un mese e solo per ragioni burocratiche. Sa dei miei problemi ma dice che devo affrontarli e mi manda messaggi ansiosi perché non ho ancora ottenuto rinuncia da avvocato incaricato.
Come un uomo d’altri tempi pone uno stigma sulle malattie mentali. La sua ultima lettera di anni fa mi scaricava addosso vagonate di livore ostile di merda adolescenziale mai evidentemente superata.
Preoccupato della vita di una madre alla quale è legatissimo mi ha sempre vista come la pecora nera, quella che dava problemi o peggio li inventava. Tutto ciò che mi riguardava era solo un capriccio e ora che devo risolvere un problema di debiti che non so come pagare per via della sua fretta a chiudere le questioni di successione pare sempre che sia tutta colpa mia.
Poi si chiedono perché io non possa chiedere aiuto alla mia famiglia. Non l’ho fatto e non posso farlo. Loro sono causa dei miei problemi coi loro legami disfunzionali e il modo di farmi sentire sempre orfana e indesiderata o inadeguata rispetto alla efficienza martirizzante della santa madre.
Scivolo via e non so come fare a risalire. Mi aiuta il mio compagno cui non voglio delegare nulla ma sto davvero male e devo fissare appuntamenti e agire tra legali e ricorsi con soldi che non ho e questo in presenza di una malattia invalidante che l’inps ha dichiarato al 75%.
Se lo dice l’INPS forse mio fratello ora ci crederà o penserà sempre che io non sia capace di affrontare i problemi e le dinamiche di ruolo di genere che la mia famiglia voleva per me. Mi sento persa e mi rimproverano di essere la femmina che non ha assistito la sorella in punto di morte o la madre in lenta anzianità. Nessuno si è preso cura di me tranne il mio compagno in tanti anni e prima ero sola con l’aiuto di poche amiche. E ora pago tutto e pago caro per quello che non ho voluto essere e quel che non posso fare.
Tutto ruota all’infinito e mi pare di tornare sempre al principio. Vorrei dormire.
Eretica Antonella
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