Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, R-Esistenze

Inquisizione in Sicilia e Donne di fora

Appunti di studio sull’inquisizione siciliana che dura più di quattro secoli ha inizio comunque con la fase del re Federico II, peggiorando con i monarchi successivi e con l’invio dei domenicani a capeggiare il sant’uffizio palermitano che svolgeva compiti per il Regno di Spagna che ci aveva colonizzato. Federico II aveva ereditato una situazione debitoria dal padre che continuava nel suo programma di colonizzazione senza progredire in senso commerciale. Per cercare di risolvere la questione come prima cosa cacciò i Mori dal Regno, quelli di religione musulmana, spesso traghettati fino a noi solo per imporgli la schiavitù, talvolta erano stati ragazzi rapiti dalle navi per metterli a lavorare e costretti a convertirsi nel frattempo. La cacciata dei Mori significava anche la sottrazione di tutte le proprietà e i beni che si lasciavano dietro. Dopo Federico II con Carlo V dapprima si realizzano dei veri e propri pogrom per gente indesiderata e poi si avvia una campagna nefasta che porta alla cacciata degli ebrei (con appropriazione dei beni lasciati indietro) che vivevano in gran numero In Sicilia. Alcuni furono costretti a pagare per avere diritto alla conversione al cristianesimo, ma continuando a praticare nel segreto delle proprie case la religione natia furono comunque scoperti e cacciati in numero spropositato, senza contare quelli che furono arrestati, processati e condannati come se vi fosse in mente un futuro olocausto già in atto per far soccombere ogni altra religione a quella cristiana.

Il potere dei re di Spagna in questo aveva comunque un ruolo fondamentale perché per molti di questi provvedimenti a pari merito coesistevano l’eresia e la lesa maestà. L’inquisizione romana agì diversamente, non certo in modo migliore ma comunque non così sfacciatamente alla ricerca di ricchezza altrui delle quali appropriarsi per rinverdire i fasti del proprio Regno. In Spagna la particolarità consiste nel fatto che al re viene dato dal Papa (sebbene Sisto IV invii domenicani e si opponga con bolle varie mentre Innocenzo VIII sposa ogni richiesta del re) il potere di creazione di uffici inquisitoriali e investitura degli inquisitori (sottomettendo vescovi già in loco, scegliendo Torquemada inquisitore in Aragona perché legato alla regina Isabella – Antonio La Pena per il regno di Sicilia – e creando complicità con nobili delatori protetti) sulla base dei suoi interessi territoriali di conquista con il pretesto di riunire tutti i territori sotto un un’unica religione e di fatto sotto un unico re. Gli spagnoli tentarono di soggiogare musulmani ed ebrei in tutti i modi e per il resto continuarono ad arrestare persone che vivevano una crescita una cristianità diversa, più povera, in particolare decise di fare una crociata contro i catari che proclamavano la separazione tra lo spirito e il corpo e se volessimo paragonarli nelle abitudini alla gente di oggi diremmo che erano vegani. L’inquisizione in Sicilia si concentrò contro ogni forza di opposizione da reprimere e poi contro i cosiddetti negromanti che praticavano magia ovvero contro figure particolari che svolgevano un ruolo di guaritori e guaritrici laddove la chiesa imponeva un esorcismo per ogni male emerso giacché riteneva che la malattia forse il segno del dominio del demonio sul corpo della persona malata. Molte furono le donne arrestate e bruciate, in particolare quelle che vennero definite donne di fora, fueras in Spagna, che nel Regno avevano funzione magica, si diceva praticassero i sabba, cavalcassero Caproni neri, si lasciassero possedere dal demonio, mentre in Sicilia erano comunemente riconosciute come semplici guaritrici che attraverso l’uso di erbe e altre metodologie aiutavano il prossimo che poi le denunciava se non veniva correttamente guarito. Nella cultura spagnola le donne di fora erano parte di una setta che adorava la Sibilla, poi la dea della caccia Diana, altre divinità pagane, e un re sovrano di un mondo onirico e leggendario.

Nelle testimonianze rese dalle donne di fora arrestate in Sicilia, oculatamente consultate da Maria Sofia Messana, emerge che queste donne erano guaritrici e venivano messe in bocca a loro parole che ricordavano i pregiudizi relativi le streghe conosciute in Spagna. Particolare attenzione ovviamente veniva dedicata alle levatrici, arrestate perché avevano prestato intervento in favore di donne ebree o perché avevano aiutato a non morire di emorragia la donna che aveva abortito, per contrassegnare un limite che stabiliva chi avesse il controllo del corpo e della capacità riproduttiva della donna e riconsegnarla alla protezione patriarcale. Quanto maschilisti fossero questi interventi degli inquisitori e quanto crudele fu l’opera contro le donne In Sicilia, durata per l’appunto più di quattro secoli, è noto ed è perfettamente documentato nel libro di Maria Sofia Messana Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna. Di inquisizione siciliana, che aveva lasciato traccia nella cultura che tutte noi abbiamo ereditato, per la concezione della malattia come elemento demoniaco e per il fatto di considerare il sangue delle donne pazzo, ci si occupò con più attenzione solo dopo aver trovato i graffiti nelle prigioni di palazzo steri destinate alle persone prigioniere dell’inquisizione. In particolare emerse che la grande magnanimità e apertura culturale attribuita a Federico II poggiava su elementi storicamente falsati e su rimozioni del suo ruolo che diede inizio all’inquisizione spagnola quando ancora Carlo V e il Papa Sisto V (diversamente da Innocenzo totalmente complice) non avevano contezza di quel che succedeva.

Dall’inquisizione in poi molti furono i siciliani che dovettero cambiare cognome e che spesso, perché di provenienza araba o ebrea, assunsero un cognome che denotava il mestiere che esercitavano o una città qualunque conosciuta. Nella cultura siciliana restò comunque in auge la preoccupazione di doversi rivolgere alle guaritrici per qualunque cosa e certi segreti di guarigione venivano lasciati in eredità di madre in figlia in assoluta segretezza per evitare persecuzioni ben oltre la fine dell’inquisizione. Credo di avervi raccontato che mia nonna, che per cognome aveva il titolo di una città, sicuramente dovuto ad un cambiamento e ad una mimetizzazione imposte culturalmente anni prima, custodiva il segreto della rimozione dei vermi e poi della cura, con recita di apposite e incomprensibili litanie in latino, di varie malattie. Mio nonno, anche lui con un cognome di provenienza strana, che si perdeva nella genealogia familiare ad un certo punto, interessato di cura con le erbe, andava di pari passo a figure come gli aggiusta ossa e altre categorie curatrici senza mai evitare in ogni caso una certa diffidenza nei confronti del clero. Non sono certa che i loro avi siano mai stati perseguitati ma sono più che certa che la cultura della delazione, che dopo l’inquisizione fu intrapresa anche dai nazisti, non faceva sentire al sicuro nessuno o nessuna nei vari secoli. Nessuna delle culture eventuali dei loro avi ci è mai stata trasmessa, mentre noi crescevamo in una situazione di cristianità forzata, nel bel mezzo di una mentalità oramai forgiata da quella cultura imposta, che rafforzava in particolar modo la diffidenza e la misoginia nei confronti di tutte le donne. 

La ricerca continua 

Eretica Antonella   

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