Ancora sulle malattie mentali e sulle origini dello stigma che pesa sulle persone affette da qualunque tipo di disturbo a partire dal medioevo e poi negli anni dell’inquisizione e in quelli successivi. Negli anni in cui la chiesa esercitò un’influenza terribile nei confronti della cultura medica, ancora di più nei luoghi colpiti dall’inquisizione cattolica per via della colonizzazione della Spagna (Inclusa la Sicilia), non solo venivano perseguite tutte le persone, in gran parte donne, che esercitavano ruolo da curatrici, ma in generale si descrissero le malattie di qualunque genere in un settore a parte definito demonologia. Le malattie erano considerate come il chiaro segno sul corpo delle persone dell’influenza del demonio. Tale influenza veniva trattata attraverso il rito dell’esorcismo praticato con metodi crudeli e in seguito unito in realtà alla consegna di misture di erbe prese in prestito da chi praticava medicina in senso alchemico e scientifico. Immaginate cosa dovesse voler dire per una donna con attacchi epilettici subire non solo lo stigma da parte della Chiesa ma anche il rito esorcista per allontanare il presunto demonio dal corpo malato.
Dopo il sedicesimo secolo, per via delle riflessioni in seguito all’acquisizione culturale della dottrina di Lutero, si escluse l’influenza del demonio sulla vita dell’uomo ma la chiesa ritenne necessario trovare altre spiegazioni al male e alla sofferenza e richiese alla teologia cattolica un’ulteriore ripensamento dottrinale sul dolore.
“Il Concilio di Trento si pronuncia in proposito distinguendo tra male fisico e male morale: il primo dovuto alla caducità e imperfezione umana, il secondo alla volontà; ma i teologi continuano a lungo ad attribuire al demonio la causa della malattia, determinando l’estensione incontrollata della pratica dell’esorcismo. L’atteggiamento ambiguo delle autorità religiose, che da una parte teorizzano la separazione tra male fisico e morale e dall’altra esortano all’esorcismo, influisce anche sulla medicina e sulla magia, incerte se la causa del male sia interna o esterna all’uomo. In tutte le terapie si ritrova infatti che ci si serve dell’una o dell’altra soluzione, a riprova di un intenso legame culturale tra chi pensa sia necessario curare i corpi e chi ritiene di dover curare lo spirito. Per guaritori e guaritrici l’origine della malattia dipende da un intervento richiesto da un nemico del malato del mondo invisibile ovvero in un rapporto errato di questo col mondo magico: praticamente o è il demonio a produrre la malattia o sono altri esseri misteriosi come gli spiriti e le fate. Nella rappresentazione popolare, fra le cause delle malattie vi sono gli inconsapevoli rapporti degli infermi con il mondo occulto: a volte il malanno è attribuito all’aver spinto involontariamente una strega invisibile che passava per strada, a non averle ceduto il passo, all’essersi seduti sopra una fata, all’avere calpestato acqua stregata, al non aver lasciato la casa ordinata prima di andare a letto, recando offesa alle streghe invisibili venute di notte in visita: le spiegazioni dipendono dalla fantasia più o meno sbrigliata del guaritore.” Citazione da “Inquisitori, negromanti e streghe della Sicilia moderna” di Maria Sofia Messana.
Così mentre il medico viene indebolito del proprio ruolo, o addirittura chiamato ad assistere un sacerdote esorcista che tenta di estirpare il demonio dalla persona malata, la pratica esorcista si rafforza e continua ancora oggi mentre si continua a diffondere il concetto dell’origine della malattia attribuita all’intervento del diavolo ora per punire le donne, a quel tempo si punivano gli eretici e gli ebrei, si punivano i Mori e le persone di pelle nera, poi arrivò il tempo degli omosessuali con l’AIDS, e si continua ancora nei secoli dei secoli. L’immaginario arricchito divisioni spettrali e soprannaturali non ha reso di certo un buon servizio alla cura delle malattie e in particolare a quella delle malattie mentali. Queste venivano attribuite in particolare alle donne come naturali depositarie di fragilità ed eventuale attenzione di un demonio alla ricerca di corpi facili da possedere.
Maria Sofia Messana scrive: “la rappresentazione medica del corpo femminile vede la donna come un maschio incompleto, perciò fragile, imperfetto, inquietante, bisognoso di essere sorvegliato attentamente. Il corpo femminile, sulla scorta delle teorie di Galeno, è analogo ma inferiore a quello maschile e la rappresentazione anatomica degli organi di riproduzione della donna avviene come osservando in uno specchio quelli dell’uomo. Il medico olandese levino lemnio scrive che l’odore della donna è cattivo, il suo sangue mestruale produce la corruzione di tutto ciò che tocca, fa abortire gli animali, fuggire le api, morire i fiori. La teologia di derivazione paleocristiana sostiene inoltre che essa è bugiarda, superstiziosa e lasciva per natura. L’immagine religiosa e medica del corpo femminile guida la caccia alle streghe, nella quale entra anche la diabolizzazione dell’odorato, per cui l’uomo emana un odore buono e conseguentemente è buono, la donna è al contrario cattiva, come denuncia il suo odore. (…) Perciò è semplice ricondurre la donna a un ruolo subalterno e marginale, per riservare il sacerdozio al sesso maschile, insieme al monopolio del sacro e del contatto con la divinità. Nelle religioni occidentali prima della cristiana, la greca e la romana, il sacro era invece quasi un monopolio femminile, con le eccezioni della scienza aruspicina e di alcune ritualità connesse alla divinazione. Con questa rappresentazione dell’essenza femminile diventa facile attribuire alla donna la colpa di tutti i mali del mondo, che, come Pandora, essa ha scatenato aprendo il grande contenitore delle pratiche magiche, in cui il diavolo è signore incontrastato. Lo studio del corpo femminile e la sua progressiva demonizzazione sono strettamente legati allo sviluppo della demonologia. Anche la giurisprudenza laica ed ecclesiastica sono attente, fin dal medioevo, a ribadire la superiorità maschile e il dovere di obbedienza della donna all’uomo. Il successo della demonologia influisce pesantemente sulla concezione del corpo femminile: la sua lettura è esclusivamente riservata agli uomini, i quali, attraverso determinati segni presenti nel corpo della donna, pretendono di scoprirne i caratteri segreti, le peculiarità e i rapporti col demonio. Uno dei primi libri stampati nel quindicesimo secolo , il de secrets mulierum attribuito ad Alberto Magno, propone una lettura di questi segni, dai quali l’uomo può capire se la donna è vergine o no, se casta o impudica, se è adatta a procreare, se partorirà un maschio o una femmina. I segni hanno la loro matrice nelle antiche concezioni dualistiche della realtà, espresse nella destra-sinistra, maschio-femmina. Il maschio è come la destra, operoso, buono, leale; la femmina e la sinistra, pigra, cattiva, sleale, bugiarda.”
E ancora: “la matrice della generazione, gli organi genitali femminili sono considerati l’essenza della donna, ne governano l’intelletto e la volontà, possono condurre all’isteria o farla dominare dal demonio. Per curare la matrice o le patologie mestruali, la medicina tradizionale e quella magica mettono in atto i rimedi più fantasiosi, preparando lavaggi e unguenti, riempiendo la vagina di aglio contro gli spiriti, di erbe contro il demonio, facendo impacchi e suffumigi con materie putride e puzzolenti, con la conseguenza di produrre spesso sofferenze inutili. Su questo corpo, spesso martoriato, il sacerdote esorcista compie riti di liberazione da Satana, che ha sede nell’utero, mentre l’inquisitore ne verifica l’appartenenza al demonio, denudando per scrutarne i segni rivelatori, torturandolo, bruciandolo. Tuttavia è diritto dell’uomo pretendere dal corpo femminile la piena soddisfazione sessuale e anche a questo scopo si adoperano i libri di segreti, secondo i medici e i teologi, appena la donna non è più in grado di procreare a causa dell’età avanzata e non è più regolata dal mestruo, diviene maligna, impura, ricettacolo dei demoni, poiché non espelle il sangue cattivo (sangue pazzo nella cultura sicula): si è così delineato il profilo della strega vecchia, maligna è in contatto col demonio. La misoginia potrebbe spiegare in parte una serie di processi dell’inquisizione siciliana contro donne che hanno avuto l’ardire di immaginarsi in colloquio con Gesù e la Madonna, di operare veri e presunti prodigi, di andare in estasi, di credersi Sante, di mostrare di avere le stimmate. Diversi elementi accomunano le loro vicende che si svolgono tutte nel XVII, la relativa agiatezza delle famiglie di provenienza l’appartenenza ai terzi ordini mendicanti, le estasi e le visioni del mondo celeste, il profetismo, e le stimmate e altro ancora. Non sappiamo quanta isteria o simulazione sia contenuta nelle loro affermazioni, ma stranamente fra Il quinto e il sesto secolo, tra le donne ritenute Sante, per alcune delle quali si iniziano i processi di beatificazione, solo poche siciliane salgono agli onori dell’altare: fra queste Santa Rosalia, la cui figura femminile, con i connessi connotati fisici e morali, appare sbiadita dal trascorrere dei lunghi secoli che separano il periodo in cui probabilmente visse, il dodicesimo secolo, dalla sua canonizzazione nel diciassettesimo. Le teorie di levino lemnio sull’inferiorità delle donne, di Tommaso Campanella sulla loro predisposizione ad essere preda del demonio, Di Girolamo Mercuriale sulla velenosità del sangue femminile, segnano i confini di questa rappresentazione negativa del sesso femminile sulla quale lentamente verranno ad influire le teorie mediche di vasaio e falloppio, con cui si avvia il recupero del corpo della donna.”
Ancora: “Lo status giuridico che, in età moderna, determina la posizione sociale della donna, spesso il suo destino, è lo stato matrimoniale reso più sicuro dalla maternità; le altre situazioni sono ritenute di passaggio, di antitesi o complementari al matrimonio. Il nubilato è considerato una diminutio che le istituzioni e le famiglie si augurano sia solo temporanea, mentre è stigmatizzata la maternità al di fuori del matrimonio; ne è la prova il sistema delle doti fornite dallo stato e dalle opere pie alle giovani povere o violentate per il superamento delle situazioni critiche per la salvezza del neonato dalla pratica dell’infanticidio e dell’abbandono. L’essere separata o concubina è una ragione di ostracismo e di isolamento; La vedovanza è anch’essa una condizione socialmente debole, degna però di rispetto perché la vedova è stata sposata. Lo status religioso è a sua volta assimilabile allo stato matrimoniale, perché la suora è sposa di Gesù. In conclusione, il matrimonio, da una parte, consente alle donne protezione e sicurezza, dall’altra, rende possibile alle autorità laiche e religiose la sorveglianza capillare della società, attraverso la registrazione del vincolo matrimoniale delle nascite. Per questo, particolarmente dopo il Concilio di Trento, le istituzioni e la chiesa pongono il matrimonio sotto stretto controllo;”
L’esercizio della sessualità viene subordinato alla celebrazione del rito religioso e decadono tutte quelle pratiche connesse agli sponsali che permettevano la convivenza degli sposi prima della celebrazione del sacramento. Per le giovani donne la ricerca del marito diventa ancora più ardua, le difficili condizioni economiche fanno innalzare l’età matrimoniale ma con ciò proliferano le pratiche magiche della divinazione della fattura amorosa richieste da spose, fidanzate e nubili. È interessante vedere come dai documenti inquisitoriali il primo dato che viene richiesto è quello della condizione di appartenenza ad un uomo e il secondo la classe sociale.
“Tra le donne che sono state di interesse dell’inquisizione, quelle in giovane età, le vedove sono pochissime mentre i valori aumentano notevolmente nelle fasce comprese fra i 30 e i sessant’anni, con un picco massimo fra i 40 e 50, in cui 1/3 degli inquisiti ha già perduto il marito. In Sicilia la strega, la fattucchiera, non si dedicano alla magia perché vedove, ma come una vera e propria professione, come dimostra il notevole numero di operatrici magiche di età compresa fra i 18 e i 38 anni. Su circa 1000 soggetti perseguiti per pratiche magiche circa 520 sono donne, per più di metà non c’è alcuna condizione dello Stato civile, per il resto molte sono vedove, la maggior parte sposate, nubili, alcune cortigiane, una estendera cioè vive da sola e tre sono concubine.(…) In Sicilia in età moderna nessuna delle professioni e arti liberali sono aperte al sesso femminile: le donne non possono essere medici, chirurghi, avvocati, accedere al pubblico impiego. Resterebbero le corporazioni di arti e mestieri, ma vi sono poche opportunità di esercitare quelli più prestigiosi e quando le donne si cimentano nella musica, nel canto, nella letteratura, nella pittura faticano molto a farsi rispettare. Le opportunità di lavoro sono poche e si riducono ai mestieri di guaritrice, levatrice, tessitrice, ricamatrice, locandiera, lavandaia, affittaletti, bottegaia, oltre all’attività disprezzata di cortigiana. La donna occupa sempre un posto di secondo piano rispetto all’uomo: giuridicamente non ha voce se non quando è chiamata a testimoniare, ma anche in questo caso è soggetta a limitazioni, economicamente non ha capacità di stipulare atti giuridici e contratti se non affiancata dal padre, dal marito, dal tutore, socialmente non può ricoprire cariche pubbliche o occupare uffici, può dedicarsi al commercio ma in Sicilia i casi di questo genere sono rari alla capacità femminile e la donna viene solo affidata all’amministrazione della casa, il benessere dei suoi familiari, la cura dei familiari quando stanno male, ma quando quella disposizione di cura delle malattie si estende oltre alle mura matrimoniali diventa un reato. Gli inquisitori nel segnalare dei documenti processuali e la condizione dell’inquisito adottano una scala di valori fondata sulle appartenenze attuali e sul posto occupato nella scala sociale. Il primo segno distintivo è lo stato civile, seguono la condizione censuale, il mestiere, la qualità di vita. Innanzitutto il giudice annota se una donna è sposata, vedova, nubile, poi se il nobile, borghese o plebea, se è ricca e indipendente economicamente, se gitana, ebrea, vagabonda. L’essere terziaria di un ordine religioso è un privilegio, per la protezione giuridica, sociale ed economica connessa al legame con confraternite di qualsiasi tipo, il cui patronage è paragonabile alla protezione parentale. L’inquisitore considera un segno distintivo anche l’infima condizione, l’ascendenza morisca e mora, ossia nera, l’appartenenza al rito greco, la collocazione fra i gitani, gli schiavi, i poveri mendicanti e vagabondi. I banditi e gli incapaci portano il segno della condanna penale, dell’incapacità giuridica connessa a tale status. La donna inabile o incapace per sentenza di condanna perde la capacità di volere, è sotto perpetua sorveglianza delle autorità religiose e civili, deve sottostare in ogni decisione che la riguardi alla volontà dei giudici o degli inquisitori.”
Questo solo per dire che il sessismo e la misoginia arrivano da lontano e anche lo stigma contro le malattie e in particolare le malattie mentali a carico delle donne arrivano da lontano. Non è chiaro quanto la medicina abbia abbandonato del tutto quelle credenze o le stia via via recuperando mentre impone alle donne mentalità e cultura che le condannano a non essere mai considerate degli esseri umani.
La ricerca continua…
Eretica Antonella