Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, R-Esistenze

Per dirsi femministe serve ascolto e fare attenzione ai contenuti divulgati

Mi è stato chiesto di parlare di femminismo. Per essere precisi mi è stato chiesto di parlare di un femminismo che fa bene alle donne. Esistono varie tipologie di femminismo che non consiglierei di seguire alle donne che vogliono conoscere sé stesse e imparare a percepirsi senza essere giudicate. Il femminismo della paura e quello che vi dice che non dovete andare per strada da sole, che dovrete sempre essere accompagnate, che dovete rivolgervi alle istituzioni paternaliste e patriarcali. Questo femminismo è anche detto carcerario. Non vuole sapere da voi quali siano i luoghi in cui subite violenza, accredita un dato circa il fatto che la direste maggiormente per strada e non in casa vostra. In ogni caso sponsorizza le istituzioni patriarcali come unico mezzo per uscire dalla violenza. Dunque colpevolizza le donne che non denunciano e non offrirà alcun aiuto alle donne che non si professano vittime secondo il modello estetico diffuso dalle istituzioni.

Quel modello è sempre descritto ed è corrispondente alla figura di una donna che non cerca in sé stessa la sicurezza e la fiducia per poter uscire da un rapporto violento ma si affida alle istituzioni che la condurranno come un cavaliere che salva la fanciulla in pericolo. Questo tipo di femminismo non fa emergere le contraddizioni di un sistema patriarcale che da un lato inibisce la libertà di scelta delle donne e dall’altro si offre di tutelarle. Non fa emergere neanche la contraddizione che si verifica quando la donna che dovrebbe essere tutelata è la straniera, la sex worker, la donna trans. Il sistema istituzionale criminalizza la donna straniera che vorrebbe semplicemente oltrepassare i confini di una nazione per realizzare un futuro diverso per sé stessa. Criminalizza la sex worker che dichiara di svolgere quel lavoro per scelta e non perché costretta. Criminalizza la donna trans perché sfugge alla norma eterosessuale e alle regole sociali di un sistema binario.

Un femminismo che non lotta intersezionalmente contro le leggi razziste che limitano i viaggi delle migranti, contro la criminalizzazione che investe le sex workers che scelgono quel lavoro per sfuggire alla precarietà o per qualunque altra ragione, contro la criminalizzazione la discriminazione che riguarda le donne trans, non è un femminismo che possa considerarsi realmente dedito alla lotta per il rispetto delle rivendicazioni autodeterminate di ciascuna di queste categorie di donne. Esiste un femminismo bianco e alieno da qualunque tipologia di precarietà che disconosce le donne che non corrispondono al modello sociale da loro imposto. Un modello sociale che è molto più spesso corrisponde a quello patriarcale o integralista cattolico. Il femminismo si svolge a partire da sé, è personale e politico, perciò riguarda tutte le rivendicazioni delle donne che di volta in volta per rappresentare sé stesse prendono parola e acquisiscono voce per non rischiare di essere sovradeterminate.  Le donne bianche e benestanti vorrebbero parlare a nome di tutte le altre. I mezzi di comunicazione invece oggi consentono che ciascuna faccia sentire la propria voce e la propria differente rivendicazione.

Le femministe che si schierano contro le donne trans, senza comprendere quanto siano contraddittorie e transfobiche le loro affermazioni, non sono diverse da maschilisti e patriarchi che continuano a spingere le donne affinché esse interpretino ruoli di genere dettati dalla norma eterosessuale. Non è più possibile accettare una colonizzazione dei pensieri e delle culture delle donne.  Non è possibile che a contare le vittime della violenza transfobica siano solo le trans femministe. Il femminicidio riguarda tutte le donne che vengono esposte a pericoli ignobili. Maggiore lo stigma che pesa su di loro è più semplice sarà per i carnefici ferirle o ucciderle. Maggiore è la marginalizzazione che subiranno queste donne e maggiore sarà il danno che ne ricaveranno. Non si può pensare alle donne migranti, per esempio, senza essere consapevoli del fatto che vengono accettate nella nostra società solo se svolgeranno ruoli di cura come badanti o colf, per liberare da quei ruoli le donne bianche e benestanti. Tutte le altre, quelle senza contratti di lavoro, quelle che viaggiano affidandosi a trafficanti, subiranno stupri, carcerazioni, torture, lutti, deportazione, femminicidi, di stampo istituzionale.

Anche riguardo le sex workers, criminalizzate da leggi infauste che lasciano spazio ai comuni poter marginalizzarle con delibere per il rispetto del decoro, qualora subiranno stupri, percosse, estorsioni, femminicidi, perché costrette a lavorare nell’invisibilità, senza riconoscimenti e diritti, quelle violenze saranno sempre da attribuire alle istituzioni che dicevano di volerle proteggere. Le donne trans, descritte da alcune femministe transfobiche come infiltrate nel movimento delle donne per poterci stuprare nei bagni durante le assemblee femministe, muoiono per lo stigma, l’isolamento, la precarietà, la discriminazione, tutto ciò dovuto ancora alle istituzioni e alle femministe che vorrebbero tutelare le donne a patto che siano nate con una vagina. Per tale ragione oggi si parla di femminismi e non di femminismo e per tale ragione esiste il trans femminismo, il femminismo afro americano, il femminismo post coloniale, il femminismo intersezionale, il femminismo sex positive, il femminismo della terza onda. Non ci si può aspettare che le donne tutte comprendano le nostre ragioni perché alcune giudicano e proiettano sulle altre le proprie visioni della vita. Non ci si può aspettare che tutte le donne ascoltino senza giudicare e che considerino come sorelle le altre pur nella diversità di scelte di vita e aspirazioni.

Nell’attuale epoca in cui parlare di donne o di femminismo ha assunto l’entità di un brand, potremmo leggere opinioni manifestamente maschiliste, paternaliste e transfobiche, pur se firmate da donne che dichiarano di essere femministe. Ciò che è importante è l’analisi dei contenuti che le donne diffondono e non il brand che usano per auto legittimarsi. Perciò è importante informarsi e ascoltare le posizioni di tutte le donne, incluse quelle che fanno scelte che non condividiamo, perché ci sia chiaro che il nostro sostegno va dato a quelle che non sostengono posizioni fasciste, razziste, transfobiche, sex worker escludenti, omofobiche, colonialiste, sovradeterminanti. Perciò il femminismo è a partire da sé ed è anche la capacità di ascolto che impieghiamo per empatizzare con rivendicazioni che potrebbero non riguardarci affatto. 

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1 pensiero su “Per dirsi femministe serve ascolto e fare attenzione ai contenuti divulgati”

  1. Etichettare la vita mi pare ormai obsoleto. Non penso si debba più farlo. Io parlo di rispetto per l’individuo, dell’essere umano qualsiasi sia il suo stile di vita, qualsiasi cambiamento voglia apportare alla propria esistenza. Sinceramente, tra politicamente corretto e inclusività, mi sento persa in un teatrino che non porta a nulla. All’apparenza che si sta facendo qualcosa è solo fumo negli occhi. Bisogna risanare la società dalla base, dalle scuole, dalle famiglie, con una politica di uguaglianza dell’individuo, per crescere generazioni meno condizionate da retaggi culturali che puzzano di credenze vecchie e stantie.

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