Comunicazione, Personale/Politico

Come scrivere un libro

Mi hanno chiesto come faccio a scrivere un libro e non avendo alcuna presunzione in materia posso solo dirvi come faccio io. Quello che faccio è cominciare a ragionare sulla storia che prima di scriverla conosco dal principio alla fine. Andare avanti inventando e senza conoscere la conclusione in genere mi ha portato a scrivere contenuti dispersivi che volgevano verso finali che non riuscivo più ad immaginare. Perciò devo conoscere la storia nel dettaglio, immaginando di averla vissuta, come se mi appartenesse e quando scrivo diventa un resoconto di memorie che va arricchita a seconda dello stile che scegli. Puoi scrivere in prima persona, al presente o al passato o in terza persona. Ho sperimentato diversi stili, perché fin da bambina dopo aver letto un autore riuscivo ad imitarli fino a quando non ho trovato il mio, caratteristico del mio modo di essere e sentire. Uno stile non è solo una faccenda di punteggiatura e di sintassi ma è la maniera in cui tu offri a chi legge l’argomento che hai scelto di trattare e per me è fondamentale giacché la mia scrittura non è scissa dall’interesse politico, personale e sociale. Non è arte per l’arte ma un modo per raccogliere un filo e offrirlo ad altre persone che potranno poi condividerlo ancora, per tessere una trama di esperienze vissute.

Poi c’è il genere che si adatta meglio a quello che vuoi raccontare e io preferisco il genere distopico fantascientifico, non perché conosca il futuro ma perché la distopia ben si presta a raccontare fatti attuali in una chiave futuristica sebbene il tratto debba essere convincente e devi raccontarla come se la vivessi adesso. Per prepararmi a scrivere io leggo molto, per appropriarmi di linguaggi e codici di comunicazione, per arricchire il vocabolario e fare in modo che la scrittura diventi fluente e chiara quando racconti qualcosa. Non si può pretendere che chi legge segua un filo tessuto male o aggrovigliato. Bisogna offrirlo già semplificato, perciò devi averlo chiaro nella tua testa prima di poter raccontarlo ad altre persone. Perché la scrittura è un mezzo di comunicazione e in quanto tale serve eliminare dopo una prima stesura di getto tutto quello che non è utile alla narrazione, quel che rende farraginosa la lettura, ogni aggettivo o avverbio che non serve.

Nelle mie prove di scrittura, nell’adolescenza e anche più tardi, mi ha aiutato il giornalismo che chiedeva un tot di battute e un concetto espresso chiaramente, quando io invece frignavo perché non avrei voluto tagliare un solo rigo di quel che avevo scritto perché tutto per me assumeva grande importanza. Poi ho cominciato a usare lo sguardo del lettore e per farlo bisogna scrivere, io almeno faccio così, lasciare decantare, se non si ha fretta di comunicare qualcosa (é mi è capitato) e dopo la decantazione torni a rileggere e trovi quel testo estraneo o comunque inadeguato, mi è capitato di tagliare intere parti o di riscriverlo tutto da capo, perché la scrittura viaggia di comune accordo con il tuo stadio di crescita, perciò quel che scrivi oggi può sembrarti totalmente fuorviante in un secondo momento.

La scrittura terapeutica è un diario che dà voce solo a te stessa. La scrittura per narrare di altre voci deve essere aperta al ricordo di linguaggi ed esperienze che non sono tue. Due personaggi che descrivi possono usare un linguaggio differente, dovrebbero farlo, perciò i dialoghi sono complicati e forse più difficili della descrizione di un ambiente in cui certi scrittori si dilungano in un esercizio puramente estetico che se fatto bene può tenere il lettore bloccato ad attendere la pagina successiva ma se noioso diventa solo un modo per rinviare i fatti salienti di un romanzo all’infinito. Si chiama allungare il brodo. Io non sono brava in questo. Quando scrivo scandisco le vicende sapendo dove voglio arrivare. A volte ho avuto fretta e altre volte sono riuscita a rendere chiaro il punto che volevo fosse compreso. Mi piacciono i romanzi brevi, più popolari in Inghilterra o negli stati uniti. Per scrivere un buon romanzo lungo devi essere Tolstoj e studiare Anna Karenina come fosse una bibbia. Ma non tutti sono così bravi, io non credo di esserlo.

Per scrivere poi ci sono diverse correnti di pensiero: ci sono quelli per cui la scrittura narra e basta e quelli che vogliono che trapeli un messaggio. In ogni caso devi saper comunicare per fare entrambe le cose. Io appartengo alla seconda categoria. Senza messaggio non c’è storia. Senza il realismo non c’è passione per raccontare una storia che merita tutto l’impeto e il tuo coinvolgimento quando la scrivi. Quell’impeto dipende dal tuo sentire e non dalla semplice passione per la scrittura. Se sono riuscita anche con poche frasi a trasmettere quello che voglio comunicare sono soddisfatta, pur non avendo un agente letterario o un editore che riscrive per me tutto il libro, pur non usando un ghost writer che scriva al mio posto, firmo solo quello che ho scritto io, nel bene e nel male ed essendo la scrittura un terreno poco redditizio, a meno che non sei una persona nota o fai parte del mondo dello spettacolo, probabilmente ti leggeranno in pochi ma per pochi che siano sarai felice di aver scritto qualcosa che altri avranno letto.

Ora sto studiando per scrivere una distopia ambiziosa, non so se mai ci riuscirò ma sto studiando e leggendo molto per prepararmi a scrivere una storia di cui conosco tutto, ho disegnato mappe, inventato un territorio, nomi e personaggi, non mi sono appropriata ancora del linguaggio giusto adeguato alla descrizione di un’epoca e mezzi di sussistenza che non sono attuali. Perciò ho bisogno di studiare perché non è un sapere che viene dalla mia esperienza. La scrittura perciò è anche arricchimento soggettivo, per chi scrive e chi legge ma più di ogni altra cosa è un istinto, qualcosa di cui non puoi fare a meno. Se scrivi per diventare ricco non ha senso. Io scrivo perché lo faccio dall’età di sei anni e perché per me è come respirare. Non posso farne a meno. Non so se sia un talento o una maledizione ma so che se non lo faccio non potrò dire e dare quello di cui sono consapevole. L’unica ricchezza che possiedo è il mio sapere. L’unica ricchezza che posso lasciare in eredità è la mia scrittura.

Baci a tutti e tutte

Eretica Antonella

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2 pensieri su “Come scrivere un libro”

  1. Scrivi in maniera fluente, chiara ed efficace. Ho visto i tuoi recenti video e trovo che parli con estrema educazione. Sei una donna acculturata e dolce; per certi versi non me lo aspettavo dato alcune tue vecchie battaglie dove sembravi piuttosto belligerante. Si percepisce anche la tua fragilità, purtroppo. Ma ne stai venendo fuori. Coraggio! In tanti ti seguiamo.

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