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Prostitute in Rivolta: un libro da leggere

Prostitute in rivolta è un libro pubblicato dalla Tamu edizioni e scritto da Molly Smith e Juno Mac, con prefazione di Barbara Bonomi Romagnoli e Giulia Geymonat e postfazione del gruppo Ombre Rosse. Il libro sarà presentato In un evento organizzato dal mit Sex worker Fest dal 26 al 28 maggio dove sarà presentato anche “Naked and organized. Sex work as practice and representation“. 

Il libro parla di tutti gli argomenti che riguardano il sex work a partire da chi vive svolgendo quel lavoro, esaminando le legislazioni di paesi europei, statunitensi, asiatici, neozelandesi. Con una disamina articolata che dà voce alla complessità insita in questo tema si mette a fuoco l’opposizione delle femministe carcerarie e liberali che sposano il modello nordico, si racconta il supporto di chi pur dando voce alle sex workers tende ad esaltare il lavoro come fosse una sorta di empowerment, si riferisce di analisi di ricercatrici e soprattutto grande spazio trovano voci che arrivano proprio dalle organizzazioni di sex worker.

Quel che ci è chiaro è che si sentono sovradeterminate e soprattutto spiegano con attenzione quali sono gli effetti negativi delle politiche che criminalizzano i clienti e/o criminalizzano la prostituzione. Ci spiegano come il lavoro sessuale possa essere una scelta o semplicemente un modo per sopravvivere, ma che in ogni caso esso viene criminalizzato nel momento in cui ci si affida alle forze di polizia e alla tutela dello Stato con l’ideale utopistico di cancellare la violenza maschile senza fare attenzione agli effetti negativi che tutto ciò ha sulle sex worker.

Spiegano come il modello nordico per esempio spinga le sex workers ad accettare clienti ad alto rischio, senza l’uso del preservativo o temendo possibili violenze, perché essi sono gli unici che vanno a chiedere una prestazione sessuale in una situazione in cui i clienti sono criminalizzati. Spiegano come non vi sia nessuna soluzione di supporto per aiutare una donna che vuole lasciare il lavoro sessuale ma che dovrà continuare a lavorare per esistere. Allo stesso tempo spiegano come diventi assai più semplice affidarsi a papponi che possano aiutarle a restare invisibili mentre corrono il rischio di essere arrestate dalla polizia.

Precisano poi che ad essere colpite soprattutto dalla criminalizzazione sono le straniere e non le prostitute bianche o europee, come se ciò facesse parte di un disegno preciso di epurazione e di eugenetica della nordica purissima Europa. La criminalizzazione diventa devastante Negli Stati Uniti e in altri paesi di cui si parla nel libro, dove allo stesso modo vengono perseguitate donne nere e straniere per essere condotte in centri di espulsione e rimpatriate a prescindere dal fatto che siano state vittime di tratta o meno.

Parlando dell’Inghilterra ricordano quanto sia feroce la criminalizzazione sposata dalle femministe abolizioniste, che assegnano alla polizia il potere di sfrattare, sequestrare beni, arrestare le prostitute sebbene si dica che non siano loro ad essere oggetto di criminalizzazione. In realtà vengono accusate di realizzare attività illecita, come un bordello, solo perché vivono in due in un appartamento per tentare di affrontare il lavoro con la sicurezza di avere un’amica pronta ad intervenire nel caso ce ne fosse bisogno.

Si parla della legalizzazione in alcuni paesi nord europei evidenziando il fatto che le prostitute sono costrette a rivelare la propria identità per essere incluse in un registro pubblico, oltre a dover sottoporsi ad esami clinici continui, cosa che perpetua la convinzione che la puttana sia malata e contagiosa, e a dover sottoporsi perfino a perizia psichiatrica perché qualcuno giudichi la sua scelta lecita o dettata da qualunque tipo di malattia o disagio mentale. Nei paesi in cui la prostituzione è legale pare sia costoso dover affittare una vetrina per la propria esposizione e quel che viene favorito è la protezione degli affari dei manager dei bordelli che assumono moltissime donne per creare concorrenza e più scelta per i clienti. 

Si parla poi della depenalizzazione neozelandese, unico sistema relativamente decente, che è stato concepito proprio con l’aiuto delle sex workers, che toglie potere alla polizia e restituisce alle sex workers la libertà di poter lavorare senza che nessuno possa arrestarle per nessun genere di reato. La Nuova Zelanda offre anche supporto a quelle che vogliono smettere di svolgere quel lavoro e sono le stesse organizzazioni delle sex workers a creare opportunità per tutte le altre.

Di vari metodi di esercizio di mutuo soccorso si parla in tutto il libro, fino alla postazione delle Ombre Rosse in cui si racconta del modello italiano che pur non prevedendo la criminalizzazione delle prostitute continua però a lasciare che i comuni multino le sex workers per indecenza o per adescamento e persiste il reato di istigazione o favoreggiamento della prostituzione che rende difficile poter affittare un appartamento in coppia, per lavorare al chiuso e al sicuro, così come diventa complicato trovare nuovi siti per annunci e per poter filtrare i clienti, perché al pari degli Stati Uniti (dove persiste un divieto assoluto di affiggere annunci in ogni luogo pubblico) anche in Italia, in relazione a servizi scandalistici, si rendono noti forum in cui le sex workers filtrano clienti rendendo più difficile a loro poter svolgere il lavoro senza rischi. 

Il libro, che spero di aver sintetizzato senza errori, si compone di 400 pagine circa di dettagli, numeri e fatti, precisamente citati con fonti autorevoli e articoli di cronaca, e racconta più di qualunque altro libro io abbia mai letto sull’argomento la realtà sulle sex workers per quella che è. Non è un mondo fatato, non si descrivono mostri al di là di quelli che ciascuna donna si aspetterebbe quando subisce violenza maschile, non è neppure fatto di persone invisibili e senza voce, inconsapevoli e manipolabili. Le autrici condannano con forza la tratta ma spiegano anche che per contrastarla bisognerebbe dare meno finanziamenti alle polizie di frontiera e permettere alle donne di viaggiare liberamente tra un paese e l’altro senza doversi affidare a trafficanti che pur promettendo lavori leciti infine richiedono il pagamento di un debito che le donne devono accettare per potersi permettere quel viaggio.

Le donne che migrano vengono descritte come consapevoli dei possibili rischi e si dice con chiarezza che se hanno scelto di viaggiare in quella situazione probabilmente non avevano alternativa. Il fatto che si pensi molto più a punirle che non ad aiutarle dice molto su quelle che sono le politiche razziste e di frontiera contro i migranti in genere. Il fatto che dopo aver ripagato il debito queste donne continuino a svolgere il lavoro sessuale può dipendere da molte situazioni. Primo tra tutti il fatto che se sono state arrestate in relazione al sex work diventa impossibile per loro trovare un un impiego diverso. Diversamente possono continuare semplicemente perché si trovano in uno stato di necessità che le obbliga a fare un lavoro senza orari né scadenze, tentando di guadagnare il più possibile per garantirsi la sopravvivenza, talvolta per mantenere figli che lo Stato minaccia di togliergli, altre volte perché tossicodipendenti e quindi obbligate a comprare droga.

Con uno sguardo disincantato le autrici parlano del mondo che le riguarda senza animare facili entusiasmi ma dando un nome ad ogni problema e chiarendo che l’obiettivo è sempre quello di stare dalla parte delle sex workers, facilitare il loro lavoro e la loro vita, eventualmente dare delle alternative quando vogliono smettere di svolgere il lavoro sessuale. È uno scritto che può risultare dannatamente difficile da leggere, un pugno allo stomaco, per la dose di realismo impiegata e per la puntualità di ogni riferimento citato.

Non c’è retorica e non è neppure una vuota sponsorizzazione del sex working come se fosse il lavoro migliore del mondo. Si spiega che come in ogni altro lavoro, se criminalizzato, a subirne le conseguenze sarà il lavoratore e non altri che quello. Depenalizzare il lavoro diventa perciò l’obiettivo plausibile e di buon senso pensando anche ai diritti umani delle persone che svolgono il sex work e provando a cambiare mentalità e cultura che si nutrono di uno stigma pesante da reggere per le sex workers.

Per il resto vi invito fortemente a leggere questo libro, qualunque sia la vostra opinione in merito, sono certa che troverete materiale interessantissimo che vi farà pensare un po’ di più prima di elargire facili sentenze sulla questione. 

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