Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Contributi Critici, Critica femminista, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, R-Esistenze

Donna e Femminismo come Brand (per legittimare culture reazionarie)

L’altro aspetto che riguarda le donne che possono essere usate come mezzo di liberazione per le donne bianche (le colf, ad esempio come già scritto qui) riguarda il fatto che le donne di questo paese non si interessano della volontà delle donne straniere di migrare. Ovvero se ne interessano solo quando si parla di tratta confondendola con il traffico di esseri umani. Molto spesso le vittime di tratta sono semplicemente donne che vogliono migrare e che pagano qualcuno per poter varcare illegalmente le frontiere, costrette dalla legislazione razzista del paese che vogliono raggiungere, quindi facendo debiti con chi promette loro opportunità e lavoro presso il luogo in cui stanno andando. Non si tratta di donne rapite affinché poi siano impiegate nell’esercizio della prostituzione. Più spesso si tratta di donne che arrivate nel luogo che volevano raggiungere non trovano assolutamente il lavoro che gli era stato promesso e non sanno come ripagare il debito nei confronti di chi ha consentito loro di passare le frontiere.

Di conseguenza provano a trovare un lavoro, senza poter utilizzare titoli di studio o senza avere una formazione richiesta, e si ritrovano con la prospettiva di accettare impieghi a pochi euro l’ora oppure di scendere in strada e prostituirsi per racimolare più soldi e liberarsi prima possibile dei creditori. Ci sono associazioni antitratta che non capiscono il fatto di non dover confondere la tratta con il traffico di esseri umani o confondono volontariamente le due cose per legittimare le politiche razziste invece che combatterle. Spalleggiate dallo stato vengono finanziate operazioni che molto spesso accennano alla restituzione della purezza delle donne rapite con lo scopo di farle prostituire, disegnando un immaginario che è utile alla società paternalista e allo stato patriarcale. Se volessero realmente combattere la tratta si opporrebbero fermamente alle politiche razziste che non consentono alle donne di migrare senza dover indebitarsi con tutti coloro ai quali poi dovranno soldi da recuperare in fretta.

Utilizzare le donne ed un pseudo femminismo come brand per finanziare campagne antitratta significa in realtà rendere più difficile la loro vita e fare in modo che esse si consegnino ai trafficanti per poter passare le frontiere. D’altro canto non è il primo caso in cui vediamo donne pronte a legittimare culture reazionarie il nome della sicurezza delle loro simili. Ci sono donne impegnate in politica che hanno votato assieme agli uomini dei propri partiti molte delibere cittadine che il nome della preservazione della moralità degli abitanti confinano le prostitute in luoghi sempre più periferici e marginali in cui è più semplice che a loro avvenga qualunque tipo di violenza. Quelle donne hanno votato quelle delibere per anticipare un’eventuale legislazione che criminalizza i clienti arrivando addirittura a multare le stesse prostitute per violazione della moralità collettiva. Le multe vengono estese ai clienti ma molto più spesso colpiscono criminalizzando le prostitute che saranno così costrette a trovare luoghi ancora più nascosti in cui i clienti violenti potranno agire impunemente.

Quel che queste donne vorrebbero preservare è l’idea di una fanciulla innocente che bisogna salvare e strappare alle grinfie del cliente o del pappone. Non si pongono minimamente il problema del fatto che le sex workers in questo modo vengono ridotte alla fame perché se si prostituiscono evidentemente lo fanno perché hanno cercato invano anche altri mezzi di sostentamento. Affamare le sex worker sembrerebbe dunque la giusta soluzione il nome delle donne e della loro salvezza senza tener conto dell’opinione stessa delle prostitute che il più delle volte si intende siano salvate da sé stesse. Altri provvedimenti sono stati adottati ancora in nome della sicurezza delle donne: l’enorme rete di distribuzione di telecamere di controllo, il fatto che la  polizia municipale sia munita di manganello, come per sostituire le ronde messe in piedi dai leghisti, le stesse richieste di finanziamento ulteriore sempre in direzione delle forze dell’ordine, mentre i centri antiviolenza vengono esclusi da queste intenzioni e le case rifugio sono costretta a chiudere per mancanza di finanziamenti, politiche oppressive e repressive molto più spesso nei confronti dell’uomo nero, che sarebbe il responsabile della violenza nei confronti delle donne.

Non posso fare a meno di ricordare che ogni qualvolta una donna viene aggredita da uno straniero, cosa che raramente avviene perché le donne sono picchiate, stuprate e maltrattate per la maggior parte da familiari in casa, si chiede alle femministe dove siano, perché non proferiscono parola o non scendano in piazza assieme ai fascisti immediatamente pronti a sventolare svastiche il nome delle donne. In realtà i fascisti o i scendono in piazza per difendere “le nostre donne” e non tutte le donne che hanno subito violenza. La contraddizione risulta evidente quando per esempio ad essere accusati di stupro sono membri delle forze dell’ordine, come è accaduto per le americane a Firenze, dei quali si dirà che sono solo mele marce.  Il fatto che per ogni notizia di cronaca che coinvolge una donna uccisa o stuprata, si inserisca una immagine di un’auto della polizia o dei carabinieri dimostra chiaramente quanto sia spropositato e funzionale il marketing istituzionale che sponsorizza l’idea di una sicurezza che deriverebbe dall’uomo che difende la donna innocente invece che dalla donna stessa che dovrà poter utilizzare gli strumenti che saranno messi a sua disposizione per potersi difendere e uscire dalla violenza.

Il tema della donna è utilizzato come brand anche nella formazione di governi la cui composizione risulta per metà al femminile senza però tenere conto del fatto che quelle donne abbiano una formazione in questioni di genere. Quel governo che si auto nomina in quanto antisessista in realtà usa le donne per portare avanti politiche sempre più sessiste. Il femminismo è stato usato come brand quando ministra alle pari opportunità era una donna di centrodestra che in un convegno internazionale sulla violenza sulle donne sfoggia un manifesto con una rosa bianca, per dimostrare la purezza delle donne, macchiata di nero, per dimostrare che il nostro unico rischio era lo straniero. Le donne come brand sono state usate quando ministri di centrodestra e di centrosinistra dicevano di voler essere unite in difesa delle donne quando in realtà non condividevano nessuna prospettiva di genere e nessuna prospettiva femminista. Il fatto è che essere donne non significa necessariamente essere femministe. Essere sedicenti femministe non significa necessariamente rispettare la prospettiva di genere e agire politiche che favoriscano l’autodeterminazione delle donne invece che imporre l’assillo della sicurezza che viene da altri invece che ascoltare le richieste che le donne stesse fanno per ottenere case reddito e quindi costruire la propria personale sicurezza. 

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