Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, Il Femminismo secondo la Depressa Sobria, R-Esistenze, Salute Mentale

Quando ti danno della malata mentale per toglierti il diritto di parola 

Tra le tante mail che ricevo ce ne sono alcune che raccontano storie di donne che vengono considerate malate mentali anche se non lo sono soltanto perché non seguono le norme imposte. Per lungo tempo si è pensato per esempio che le donne lesbiche fossero malate mentali così come gli uomini gay da correggere per riportarli a interpretare la norma eterosessuale. Ci sono le persone trans che prima di poter accedere alle terapie per la transizione passavano attraverso una perizia psichiatrica che doveva assicurarsi che non fossero pazze. Quando la malattia mentale viene tirata in ballo perché le tue scelte non coincidono con quelle di altre persone diventa solo un metodo di controllo sociale per riportare tutti a interpretare norme ordinate dall’alto del credo patriarcale. In questi casi è veramente difficile affrontare la mentalità comune che giudica matte tutte le persone che la pensano in modo differente. Il concetto di malattia mentale viene tirato in ballo in maniera inadeguata, ingiusta, semplicemente per agire in modo censorio sulle scelte altrui.

Di malattia mentale mi ha parlato una persona che mi ha raccontato di svolgere l’attività di sex worker senza vergognarsene e per sua scelta. In questo caso sono altre donne che le dicono che se le piace ciò che fa si intende che deve essere necessariamente pazza. Se le persone conoscessero realmente il significato dei termini che usano per stigmatizzare le libere scelte altrui forse non lo farebbero così superficialmente. E come se io dessi della pazza ad una donna solo perché preferisce vestire con abiti di colore viola che a me non piacciono. Perciò il concetto di pazzia ancora oggi viene utilizzato come spartiacque tra persone cosiddette normali e altre che vengono giudicate anormali secondo la cultura corrente è la mentalità comune. E immagino che sia già difficile vivere la propria vita conducendo scelte complicate senza dover subire anche lo stigma della malattia mentale da parte di chi ritiene di volerti correggere per riportarti alla normalità.

Le donne come ho già detto più volte sono tante e diverse l’una dall’altra e questa diversità e solo una ricchezza e non un impoverimento. La diversità dell’altra non deve mettere in discussione le scelte che tu fai ogni giorno. Oltretutto diventa una forma di offesa per chi di malattia mentale soffre davvero aggravando lo stigma che già pesa su di loro mentre stanno tentando di curarsi per guarire. Il fatto stesso che queste persone soffrano di malattie mentali non vuol dire che non sappiano compiere scelte libere o che non sappiano pensare con la propria testa e raccontare la propria storia. Usare la malattia mentale per mettere a tacere qualcuno e indurre senso di colpa e vergogna facendoti sentire sbagliata per le scelte che fai è assolutamente sbagliato e ricorda molto il metodo degli antichi patriarchi. Le persone di ogni genere vivono sulla propria pelle la difficoltà della propria scelta, o del fatto di seguire la propria indole, senza che vi sia alcun bisogno del peso che lo stigma arreca alle loro vite. Nel corso delle discussioni femministe è capitato spesso che le femministe radicali, cosiddette perché hanno acquisito il nome dalle radical feminist Degli Stati Uniti, utilizzassero lo stigma della malattia mentale per far tacere la propria interlocutrice che non la pensava come loro.

Ad una sex worker che fa questo lavoro per libera scelta è stato detto non solo che era pazza ma anche ninfomane e pervertita se non si rendeva conto del fatto di creare un ipotetico danno a tutte le donne. A me che supporto come tante altre femministe le battaglie delle sex workers è stato detto di essere pericolosa e malata prima ancora che in me agissero i sintomi della depressione. Alle donne trans queste femministe radicali hanno detto che sono malate, schiave del patriarcato, infiltrate, intenzionate a compiere violenze nei confronti delle vere donne. Queste femministe non solo amplificano gli stereotipi che danneggiano queste persone ma aggravano lo stigma che pesa su di loro. Parole come fatti curare, vai da uno bravo, vengono dette con una leggerezza che non ci si aspetterebbe da chi si dice femminista. Perché evidentemente queste donne non sanno quanto sia difficile vivere in condizioni di discriminazione e perire dire per le scelte che si fanno. Solo di recente infatti le femministe hanno cominciato a raccontare in quanto femminicidio il delitto che coinvolge una donna trans come vittima. Prima delle tante discussioni fatte non ci si rendeva neanche conto di quanto fosse grave la discriminazione che subivano e i pericoli che correvano esattamente come qualunque altra donna. Se non bastasse questo a renderle nostre sorelle non so che altro si potrebbe dire. Le sex worker e le donne trans sono nostre sorelle e non sono malate, perché tali. Le malate mentali sono di diverso tipo e se volete ne parliamo ma di certo non dipende dal genere ma dallo stigma che le viola impunemente e le rivittimizza quando sono già vittime di discriminazione.

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