Antiautoritarismo, Antisessismo, Autodeterminazione, Critica femminista, La posta di Eretica, R-Esistenze

La donna che non vuole stare con il figlio risponde ai commenti

Le reazioni al post Ho lasciato un figlio e sto benissimo sono quelle che ci aspettavamo. Lei ha scritto di nuovo ed ecco la sua lettera:

Lei scrive:

L’istinto materno è un costrutto sociale. In alcuni commenti, che inserirei in un capitolo titolato “Mistica della maternità”, ho letto che io sarei responsabile della psiche di questo bambino che viene definito abbandonato. Non sono qui per giustificarmi ma solo per chiarire ulteriormente come stanno le cose. C’è chi crede che la natura e la biologia ci obblighi a sentirci legate che ai figli che partoriamo. Di conseguenza state dicendo che il mio comportamento sarebbe contro natura. Io non mi sento legata a quel bambino più di quanto non mi senta legata a nessun altro bambino che vedo in giro.  Non mi commuove il suo sorriso, non mi interessa se mi somiglia un po’ perché non volevo una discendenza e ho fatto l’unica scelta possibile data la situazione in cui mi sono trovata. Il bambino cresce e sta bene con suo padre e sua nonna e la donna con cui il padre adesso divide la sua vita. Il fatto che lui compia ricatti emotivi facendomi sentire al telefono la voce del bambino è l’unico elemento violento della questione che può eventualmente compromettere la psiche del bambino. Se quella famiglia insiste nel dare al bambino l’impressione che all’altro capo del telefono ci sia una donna che non si interessa a lui sta ponendo le basi perché egli si possa sentire abbandonato.

Di fatto quello che stanno facendo è trovare un capro espiatorio contro il quale eventualmente scagliarsi nei momenti di difficoltà che sicuramente ci saranno durante le fasi di educazione del bambino. Così potranno dire che non è loro responsabilità se lui si sente ferito o trascurato ma addebiteranno a me tutto quanto. Come dicevo io non ho scelto né di restare incinta né di essere madre. Ho portato a termine la gravidanza perché mi hanno detto che ci sarebbero state persone che si sarebbero presi cura di lui. Diversamente avrei abortito. Mi spiace che ci sia qualcuno che dica che sarebbe stato meglio abortire che fare un figlio per lasciarlo ad altri. Mi spiace che si dica che una madre debba sentirsi legata a quel figlio perché così la natura vuole. Dai miei studi ho tratto che in altri tempi i figli erano una responsabilità di tutto il villaggio e nessuno osava dire alla madre di restargli accanto in tutto e per tutto. Da quegli stessi studi ho tratto che l’unico motivo per cui un bambino possa sentirsi in stato di abbandono è perché c’è qualcuno che gli dice che è così.

Se la famiglia che ha voluto quel figlio e lo sta crescendo gli dirà che è un figlio che la madre non voleva e gli dirà che è stato abbandonato allora quel bambino può risentirne dal punto di vista psicologico. Le condizioni psicologiche di un bambino derivano dall’ambiente in cui cresce, dalle cose che gli vengono dette, dalla scuola che frequenta, dalle persone che incontrerà e infine dagli adulti con cui entrerà in relazione. La mia lontananza c’entra ben poco con tutto questo salvo il fatto che mi si vuole costringere a sentirmi in colpa sebbene i patti fossero più che chiari fin dall’inizio. Ho notato che molti sono stati i commenti giudicanti nei miei confronti e che nessuno si è chiesto quali fossero le mie condizioni psicologiche dato che subisco questi ricatti emotivi di cui di certo non ho bisogno. C’è una contraddizione forte tra chi sostiene che il corpo è nostro e lo gestiamo noi e chi poi fa un vanto del potere essere madre come se questo ci rendesse in qualche modo speciali, superiori, migliori. Io non mi sento migliore rispetto a nessuno ma sono certa che se il corpo è mio e lo gestisco io così faccio rispetto a quello che il mio corpo produce. Può sembrare una razionalizzazione forzata ma considero più responsabile il fatto di non dover restare con un figlio che non voglio crescere rispetto alla scelta di restare frustrata e costretta ad assolvere un ruolo che non mi si addice.

Ci sono tanti bambini che vengono maltrattati dalle madri perché non erano pronte ad avere un figlio o perché per un po’ facevano finta di sentirsi felici ma nel privato si definiscono cattive madri. Proprio su questo blog ho letto molte volte di madri cattive che elencano una serie di tabù che la società non accetta. Per esempio ho letto di una madre che avrebbe voluto abbandonare il figlio e poi di un’altra che lo lasciava piangere per molto tempo prima di accorrere a sostenerlo. La definizione di cattiva madre è stata data non da loro stesse ma da quel che gli altri avrebbero pensato se loro si fossero realmente confidate dicendo la verità su ciò che sentivano. Quindi mi sento in grande compagnia, non percepisco alcuna solitudine sebbene io sia cosciente della condanna sociale sulle donne che non svolgono il ruolo di cura nei confronti dei figli. Quella condanna sociale fa il paio con il costrutto sull’istinto materno o con l’altro costrutto che parla delle donne come se esse fossero solo destinate ad attività casalinghe e di cura perché maggiormente empatiche e sensibili rispetto agli altri esseri umani. Il fatto di leggere nero su bianco che possa esistere una donna che non nutre alcun attaccamento nei confronti di un figlio può risultare scioccante ma questo non deve spingervi in alcun modo a giudicarmi.

Non mi conoscete, non sapete nulla di me o di quello che ho vissuto e non starò qui ad elencarvi le ragioni per cui non volevo un figlio né lo vorrò in futuro. Ci sono toni poi molto simili a quelli della caccia alle streghe. Quel che non capisco è cosa indigna tanto profondamente da indurre un tale odio nei confronti di una donna come me. Il punto è che ciascuna donna dovrebbe poter fare quello che vuole del proprio corpo e di sé stessa. Se voi giudicate me allora io dovrò giudicare voi e non finiremmo più di giudicarci a vicenda.  Se c’è una cosa che il patriarcato ha ben fatto è il dividi et impera ovvero dividerci per dominarci. L’effetto del dominio lo leggo nei vostri giudizi che sono gli stessi che dovrei subire in un tribunale dell’inquisizione moderno per non aver fatto ciò che il patriarcato ordina. Questo per dirvi che vi capisco, capisco da dove viene la vostra indignazione e non importa. Senza rancore e alla prossima. 

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2 pensieri su “La donna che non vuole stare con il figlio risponde ai commenti”

  1. Non siamo nessuno per giudicare, è ingiusto e sbagliato. Sono mamma anch’io e ho vissuto le stesse cose per tanto tempo. Ci sono tante cose che non racconti, inquadrare il rapporto con il tuo compagno e la tua famiglia avrebbe aiutato a cogliere degli aspetti per comprendere meglio la tua decisione, ma va bene lo stesso, non sei certo obbligata. Ai miei occhi sei molto meglio di tante madri che questo coraggio non l’hanno avuto e hanno rovinato la vita ai figli con violenze fisiche e psicologiche. Il mio caso è forse diverso dal tuo, ma le cose che ho sentito soprattutto all’inizio sono state le stesse. Ho sofferto di depressione post-partum, e credimi, è una cosa tremenda. Solo dopo 2 anni inizio a vedere la luce. Anche questa è una cosa che all’esterno si fa fatica ad accettare. Nell’immaginario comune ogni madre dovrebbe esplodere di gioia alla nascita di un figlio. Io volevo morire. Ero così depressa che non ho avuto neanche il latte, le mie tette erano a secco e nessuno ci credeva (ho subito critiche anche per questo). Mi hanno salvata l’aiuto di mio marito e della mia famiglia, se non avessi avuto loro a supportarmi, sia dal punto di vista pratico che psicologico, chissà che fine avrei fatto. Hanno sopportato tutte le mie crisi e i miei scleri, c’erano giorni in cui non mi alzavo dal letto. Adesso sono qui, piano piano sto costruendo un rapporto con mia figlia sempre più “normale”, eh sì, la amo, anche se la depressione per tanto tempo ha annebbiato questo sentimento che comunque già c’era. I giudizi lasciamoli stare, quelli ci saranno sempre e anche nel mio caso non sono mancati. Anche affidare il proprio figlio a chi meglio potrà accudirli è una scelta d’amore, e se non di amore, di rispetto e responsabilità.

  2. Mi trovi d’accordo su tutto e grazie per aver avuto il coraggio di raccontare.
    Io sono diventata madre in una situazione simile alla tua, con la differenza però che ero molto innamorata del padre di mio figlio e lo sono ancora. Quindi ho scelto di restare, non per il figlio ma per mio marito. I nostri accordi erano che poi lui si sarebbe preso cura del bambino per quanto possibile, e finora li ha sempre rispettati; per il resto abbiamo un asilo a tempo pieno (siamo in Germania) e il sabato c’è la babysitter. Quando mio marito deve assentarsi viene su mia mamma da Milano per occuparsi del nipotino, sicché io ho la possibilità di tenermi sullo sfondo. In una situazione diversa non avrei mai accettato di restare! In questo contesto ho potuto invece trovare un equilibrio e anche costruire un buon rapporto con mio figlio, che però sa bene che la mamma ha bisogno dei suoi spazi e delle sue distanze. Con gli anni ho imparato a volergli bene, a modo mio, e sono felice di aver avuto un’occasione di conoscerlo. Ma si tratta di una situazione particolare, che la maggior parte delle donne non può avere e in Italia sicuramente non sarebbe accetata. Qui invece devo dire che non sento molta pressione sociale, quando ne parlo la gente normalmente mi rispetta. E’ un’ovvietà far notare che scelte come la mia o la tua, quando compiute dai padri, sono considerate perfettamente accettabili e anzi normali…
    Ti auguro di tutto cuore che la tua vita prosegua serena e che il tuo ex ti lasci finalmente in pace.
    Un abbraccio!

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