L*i scrive:
Il post è lungo se vi triggera nel testo vengono descritti molestie e violenza andate pure oltre. I fatti sono realmente accaduti.
Per 13 anni ho lavorato in una azienda metalmeccanica con 800 dipendenti ero arrivato a gestire due linee.
Il mio nuovo reparto era un inferno zuppo di machismo da fare schifo e le due preposte alla gestione delle linee di montaggio vessate da una parte dai maschi che facevano la performance che per 8 ore fracassavano le ovaie con frasi sessiste , misogine sin dalle 7 del mattino fino alle 16:30 e dall’altra lui soprannominato la merda umana, supervisore dell’intero reparto, un essere viscido, ripugnante molestatore e stalker la sua presenza era vista con terrore da tutt3.
Il compagnone dei cari capetti e maschietti lavoratori che vedevano in lui er playboy de noiartri.
La sensibilità maschile verso le colleghe era ridotta a “fattela na risata” e tutto il rosario di stronzate sessiste.
Succede che vengo presentato a sta merda che era il mio superiore, mi annunciano come la Ferrari della linea di montaggio. La merda umana spara la sua vomitevole frase sessista “bene car@ vorrà dire che la roderemo qui” accenna con la mano per appoggiarla sulla spalla evitai il contatto scansandomi per prendere la borsa e lì iniziò il mio inferno.
Scoprì che lì finivano lesbiche, sindacalizzatə, le ragazze carine adocchiate in giro, le rotture di cojoni, io rientravo nell’ultima categoria.
Gente di merda incapace a lavorare messa lì a comandare per essere simpatici a qualcuno lassù o amico, venni messo perennemente sotto torchio. Mentre gli altri tre capi linea si davano una mano io ero completamente da solo e dovevo imparare tutto sul campo mantenendo la lucidità e i nervi saldi.
Sto posto la chiamavano la linea dəllə sfigatə due persone con disabilità cognitive, un ragazzo che soffriva di depressione, tre tossicodipendenti, uno fuori linea per rifornimento minuteria siero positivo, due ex detenuti in progetto reinserimento lavorativo, una operaia butch, due no binary, quattro anarchici, tre ragazzi gay, due vedove, 5 divorziate. Fine. Questa era la ciurma delle due linee.
Ero finito agli inferi e non sapevo il perché avevo questo tizio che mi stava con il fiato sul collo scansando le sue manate che parevo una gazzella quando vede il leone che la bracca nella foresta, me lo ritrovavo in ogni angolo, ovunque feci notare ai sindacati ciò che mi stava succedendo e ottenni da un povero cristo che se mi dovesse servire aiuto sarebbe venuto.
In tutto questo venivo ripreso ogni giorno per essere troppo poco incisivo ossia non comandavo bene, non ero stronzo con chi era sulla linea di montaggio, empatizzavo con stə disgraziatə che dovevano essere riconoscenti perché era un reparto per chi aveva difficoltà, non erano rcl (ridotte capacità lavorative) da mettere fuori linea ancora produttivi e utili ma in una produzione agevolata. La cazzata dell’anno.
Cominciai a raccogliere tutte le informazioni su chi era in quel reparto ognunə di loro aveva fatto vertenza per i motivi più disparati e chi passava di lì veniva formato per avanzare o messo sotto torchio per avere una buona scusa per levarti dai piedi.
La mia reazione fu quella di non mollare non tanto per il ruolo lì, ma di portare fuori la merda che ‘sti stronzi avevano costruito.
Nella vita scegli: o fai finta di nulla o il kamikaze perché un motivo lo devi trovare per andare in quella merda di posto. Ero interinale quindi non avevo nulla da perdere, l’ennesimo lavoro di merda.
Fra le tante merdate che facevano: le donne erano il mirino più bersagliato in particolare un’operaia, lei per arrotondare lo stipendio perché era divorziata doveva pagare l’università a due figlie, il fine settimana lavorava in un night, premetto che nessuna delle operaie la emarginava né era stigmatizzata, spesso facevano domande incuriosite e lo scambio sulle esperienze che condivideva era scherzoso. Da tempo era invece presa di mira da ‘sto capo che la stalkerizzava in continuazione e molestava pesantemente, “in fondo lei era una del mestiere e doveva esserci abituata” questa era la frase che ripeteva ogni volta davanti agli altri e giù risate. Spesso intervenivamo, questo implicava ritorsioni a chi si metteva in mezzo, il suo scopo era isolarci per non farci non solidarizzare tra noi.
Un classico del potere.
Sapendo che lei non era l’unica ed altre avevano ammesso che lì era una prassi non solo del capo ma anche di altri colleghi cercavamo di essere il meno sole possibile.
Finché all’apice della pressione che ricevevo un giorno mancavano pochi minuti per il fine turno mi si piazzò davanti ‘sta merda di supervisore, erano rimasti a terra pochissimi pezzi da buttare via perché difettosi, in genere per fare più in fretta li prendi e li butti ma ti devi inchinare per forza e io conoscevo a memoria questo rituale che è umiliante non tanto raccogliere i pezzi da terra ma avere un capo davanti e tu di fronte semi flessa e sai benissimo che dopo andrà a masturbarsi se non si toccherà davanti a te facendo finta di nulla e negando l’evidenza. Immaginate quella povera crista che deve fare quell’operazione e sarà proprio lui ad ordinare.
Ero stufo marcio presi il traspallet alzai il pancale e rovesciai il contenuto dentro il contenitore.
“testo unico 81 le operazioni vanno eseguite con gli addebiti strumenti mai prendere oggetti da terra se la manovra reca danno all’operatore, il resto lo può raccogliere lei questo è il transpallet il mio turno è finito. Fine dello spettacolo”
Ecco perché vi serve sapere a memoria ste cose.
Se dovevo essere tagliato fuori avrei scritto io il finale, chiamai al telefono le risorse umane denunciando tutte le molestie, discriminazioni ogni cristo di cosa che avevo raccolto. Vennero chiamati i sindacati per ulteriori chiarimenti e sembravano tutti cascati dal pero. L’assemblea di fabbrica fu il momento più alto, ci alzammo in 27 per contestare ciò che succedeva e i trattamenti riservati tra interinali ed interni, tra operaie che subivano e persone emarginatə, discriminazioni. Il reparto venne rimodulato, a noi 27 non fu rinnovato il contratto, la merda umana venne spostata di reparto e continuò a molestare finché non molestò la moglie di un capo linea e ovviamente successe il finimondo: mai toccare la donna di altri, prima regola da imparare so’ cazzi amari.
Lui lo affrontò “la donna mia non la devi neanche guardare” la poveretta non venne neanche considerata in quanto vittima ma solo come proprietà di un uomo, un capo. Lei finí in depressione, per svariati mesi assente ritornò sotto psicofarmaci era un altra persona sempre al fianco del marito, una tristezza infinita.
Io venni ripescato perché avevo alzato un polverone della madonnə a quei tempi ero in commissione alle pari opportunità in provincia, richiedetti un monitoraggio sulle graduatorie delle persone interinali e molestie sul lavoro, rientrai, venni rimesso a fare di nuovo il saltimbanco da una linea all’altra e quel reparto venne messo all’interno delle linee di montaggio. Le varie persone che erano sulle linee che gestivo erano state sparpagliate fra le varie linee di montaggio. La merda umana fu trasferita negli uffici di sopra.
Poi ci fu la chiusura dello stabilimento per crisi economica, una delle tante, l’azienda venne venduta e io licenziato fra i vari ridimensionamenti di ristrutturazione occupazionale.
Tre anni dopo una delle prime cause per molestie sessuali sul lavoro.
La merda era stata spostata ma continuò come sempre finché non arrivò la denuncia, fu X. che lavorava nei fine settimana al night ci vollero 5 anni da quando per la prima volta sollevammo la questione molestie e la prima fu da chi nessun* se lo aspettava tranne il sottoscritto, sapevo che avevamo grattato la superficie, il vaso si era incrinato, dopo feci circolare il questionario sulle condizioni del lavoro femminile dall’esterno.
Avevo dei conti in sospeso con quella merda di posto anche se non ero più lì sapevo benissimo cosa passavano tutte, troppe volte ce lo siamo dette o abbozzato da non fare il p*oc1o a la solita lesbica che non le piace il c***o o repressa, a “perché se stai piegata sulla linea a lavorare ce scappa la mano ” o “che sei mongolo che non arrivi? ” o “curati se stai depress* stai a casa ” “quello è un tossic*” o il trans verso una donna transgender o “donna con il c***o”.
Vi si è rivoltato lo stomaco beh io ci ho vissuto per ben 13 anni per 300 giorni per 9 ore al dí.
Non la romanzate tanto ‘sta fabbrica e la classe operaia perché di merda ce n’è per questo va cambiato tutto partendo dalle radici perché è imbevuto di ogni sorta di becero patriarcato, è cambiata negli ultimi anni anche se fa fatica ancora a togliersi di dosso il suo zoccolo duro che ancora si vede cazzuta ma fa fatica a togliersi pregiudizi, stereotipi e le donne come quote da preservare alla cura.
La strada è ancora lunga.
Soprattutto smettetela di romanzare le operaie come ancelle della lotta, hanno una sessualità e sono diverse l’una dall’altra, alcune hanno come secondo lavoro il sex work perché gli sta bene e non vogliono sbattersi il fine settimana ad un ristorante che le tratta di merda e gli fanno subire molestie.
La classe operaia è bene conoscerla nelle sue pieghe oscure non solo la parte narrativa dell’esaltazione dei corpi eroici e non ha eroine “pure” “E caste” è solo una buona narrazione della donna casta a cui vengono tarpate le ali della sua sessualità.
Carol non è l’unica donna che ha scelto una sua sessualità sta anche nella nostra eroicissima classe operaia che fa la stessa roba patriarcale che hanno fatto a Carol uccisa da un uomo e infangata dal patriarcato lei come tante altre vogliono essere libere è questa la loro condanna a morte.
Lui la merda umana sta ancora lì.