Pensieri Liberi, Personale/Politico, R-Esistenze

Il mio insicuro quasi ex marito

Questi non sono appunti per una mia autobiografia ma solo pensieri sparsi su come mi sento in questo momento. In questi giorni sembra tutto vada bene, io mi sento meglio, i farmaci mi fanno sentire calma, e la creatività abbonda. Ho voglia di progettare e fare cose e quindi dopo il libro con la mia autobiografia, che mi ha trascinata fuori da una condizione a dir poco pietosa mi sono assunta l’impegno di fare un libro delle storie inviate da voi per la campagna #tuttacolpamia. A quelle storie dovrei aggiungerne una, mai pubblicata, la mia.

Il mio infantile quasi ex coniuge ha sempre avuto grandi insicurezze e profondi sensi di inferiorità. Tutto quel che poteva fare per trattenermi era amarmi. Ma non essendo sicuro di sé abbastanza da considerare che fosse sufficiente il suo amore ha voluto strafare. Mi ha chiesto dopo tre mesi di andare a vivere insieme, ha organizzato il mio trasloco da Palermo a Firenze, ben sapendo quel che lasciavo e che non avrei trovato altrettanto. Oltretutto dovevo mettermi a cercare lavoro e l’ho fatto, ogni giorno dei maledettissimi primi anni di vita con lui. Poi sono rimasta incinta e ho deciso di abortire perché non c’era modo per crescere un figlio e mi hanno fissato la data di scadenza pochi giorni prima dei tre mesi. Ho cresciuto dentro di me un embrione, sentivo i cambiamenti, tutti i problemi fisici, il dolore, le nausee, i cambiamenti ormonali, l’olfatto e il mio quasi ex dichiarava di sentirsi trascurato. Dopo sono stata anche peggio, ero provata ma nonostante questo ho ricominciato a cercare lavoro. Nel frattempo lui ogni tanto usciva dal lavoro per venire a stare con me e piangere, piangersi addosso, tra un problema sessuale e un altro, dicendomi che dovevo capire che stava investendo su di me e dunque dovevo giurare di non lasciarlo mai. Poteva sembrare commovente, all’inizio anche tenero, dopo un po’ diventò il segno di una manipolazione narcisistica. Quando nel mio volto scorgeva segni di vitalità, perché avevo trovato qualcosa da fare, nuovi amici, impegni, nuove prospettive e progetti lui tornava a piangere o si piazzava davanti a me facendomi il muso per farmi sentire in colpa. E non era un muso tanto per fare ma sprizzava nervosismo da tutti i pori, camminando in su e in giù sino al punto in cui ero costretta a chiedere cosa c’era che non andava. Quel che non andava era sempre la stessa cosa. La sua insicurezza, il suo terrore di non poter controllare tutto con il suo schematico e maniacale ordine delle cose. Quando lavoravo e portavo lo stipendio a casa pensavo che lui sarebbe stato un po’ meglio, dato che non tutto pesava sulle sue spalle, d’altronde, mi dicevo, siamo una coppia, tutto si divide per due. Ma non era così. Non era mai felice, salvo rare volte ho dovuto confortarlo, fargli terapie costanti di consolazione, come se gli fosse morto un gatto al giorno, con tutto il rispetto per i gatti.

Quando cominciai a dare segni di stanchezza, la città non mi piaceva, non avevo amici come a Palermo, mi mancava la mia vita lì, chiedevo di trasferirci e lui tornava a farmi giurare che mai avrei dovuto lasciarlo. Si rendeva più che necessario facendomi sviluppare una dipendenza affettiva senza fine. Poi mi ammalai di depressione, anzi, prima, quando mi vedeva triste cominciò a suggerirmi di rivolgermi ad uno psicoterapeuta o uno psichiatra, perché non era la situazione che non andava ma io. Ero io ad essere sbagliata, da curare, Io a dovermi adeguare. E ho preso tanti di quei farmaci per adeguarmi, tante di quelle inutili discussioni con psichiatri senza risposte, da essermi avvelenata vita natural durante. Nonostante questo restavo, la dipendenza affettiva è qualcosa di difficile da sciogliere e oltretutto non sapevo più dove andare e come ricominciare. Avevo perso autostima, fiducia nel futuro, non riuscivo più a essere felice di nulla e lui non poteva vedermi illuminare il viso per qualcosa che subito interveniva per farmi tornare alla mia solita oscurità. Dopo la menopausa io non ero più né appetibile sul mercato del lavoro né sessualmente e dunque lui, tranquillo, suggeriva, solo adesso, di andare altrove, che io andassi e trovassi un posto che mi piaceva e trovassi lavoro lì. Poi ci saremmo ritrovati, forse, ma già immagino progettasse un modo per liberarsi di me. Infine siamo all’oggi, io non mi sono sentita amata da lui, gli ho voluto bene e me ne ha voluto anche lui ma in questi giorni quasi avevo dimenticato quel che mi succede. Mi era tornato l’entusiasmo per cose da fare che amo. Lui è arrivato nella mia stanza, ha vomitato un po’ di nervosismo, ha mandato in loop la discussione in modo che alla fine io mi sentissi in colpa e lui vittima, io il peso e lui il povero angelo che piange perché non sa dove prendere le forze per andare avanti. Così mi ero accucciata sul letto, piangendo, ho cominciato a pensare a come fare per prendere i farmaci e dormire senza che lui se ne accorgesse e poi, che idiota, ho pensato al fatto che gli avrei causato un trauma, io a lui. Dunque non poteva essere un buon metodo. Poi deve avermi punto una vespa. La vespa Eretica che mi ha fatto pensare a tutti gli anni insieme e al perché lui oggi si fosse comportato in questo modo e sono andata di là a stabilire nuovi accordi: qui sono un’ospite per un anno, l’hai detto tu, finché non mi rimetto in sesto. Non sono la tua serva dunque i tuoi piatti te li lavi da solo, non sono la tua cuoca, non ti deve interessare come spendo i soldi che mi spettano, non ti deve interessare cosa faccio, con chi parlo, sogno, scopo. Tra un anno tutto sarà concluso, tu potrai liberarti di me, avrai saldato il tuo debito, se così si può dire, io me ne andrò altrove e ti farai risolvere le insicurezze e il tuo senso di inferiorità da qualcun’altra. E ho aggiunto che qualunque cosa lui richiedesse come prestazione casalinga, sessuale, psicologica, deve pagarmi in anticipo. Tariffa oraria. Perché anche basta costruire il suo equilibrio sul mio squilibrio e la sua felicità sulla mia infelicità. E vaffanculo.

Eretica Antonella

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