Pensieri Liberi, Personale/Politico, Precarietà, R-Esistenze

Cronache postpsichiatriche: considerazioni su salute mentale e Psichiatria

Appunti per la mia autobiografia.

Se avete letto fin qui sapete già che sono una paziente affetta da disturbi dell’alimentazione e da depressione maggiore. In terapia presso l’Asl, seguita da una psichiatra del centro salute mentale territoriale. Saprete anche che ho richiesto più volte assistenza psicologica che l’Asl non mi ha fornito e che infine ho dovuto trovare da sola a pagamento, con un costo pari a 50 euro a seduta. I miei disturbi hanno sicuramente origine nell’adolescenza e derivano da numerosi maltrattamenti subiti in famiglia e da traumi violenti vissuti con il mio primo matrimonio. Tuttavia i disturbi da stress post traumatico non sono stati presi in considerazione nel trattamento della mia malattia. Con i primi psichiatri di Careggi, in cui vive una struttura aperta, con day hospital attivi soprattutto con un’attenzione rivolta a chi soffre di disturbi alimentari, ho ricevuto prescrizioni di farmaci antidepressivi e un approccio cognitivo comportamentale che in definitiva non mi è servito a nulla. Non è stato del tutto inutile ma di fatto i miei disturbi sono peggiorati aggiungendo l’agorafobia alla mole già carica di problemi che avevo. Psichiatri e psicologi si sono accorti della possibilità di realizzare incontri online, in video chiamata, solo durante il lockdown. Se questa opzione mi fosse stata offerta prima forse non mi sarei sentita del tutto abbandonata a me stessa. Il principio secondo cui il paziente si deve assumere la responsabilità di recarsi agli appuntamenti dovrebbe essere saggiamente valutato in relazione alle difficoltà accessorie che il paziente deve affrontare per uscire, usare un’automobile, stare in mezzo al traffico, trovare parcheggio, e tutto ciò se nel frattempo non interviene un attacco di panico.

In ogni caso siamo a oggi. Il mio primo ricovero presso l’ospedale San Giovanni Di Dio Torregalli è avvenuto in seguito al mio tentato suicidio. Non c’è stato alcun approccio psicologico, ho visto qualche volta la psichiatra assegnata che con me ha discusso della terapia farmacologica. L’ambiente è igienicamente perfetto, le infermiere si prendono cura dei pazienti, li assistono nella cura della persona, doccia e shampoo, permettono loro di fare il bucato, anche le operatrici che avrebbero altri compiti, come quello di rifare i letti, sono molto disponibili e gentili. Altra cosa è il contesto. Un reparto psichiatrico a porte chiuse, non accessibile, con un lungo corridoio pieno di porte chiuse a chiave, se di interesse medico, o aperte se dei pazienti. I bagni sono comuni, in un luogo che ospita pazienti misti di sesso maschile e femminile. Le patologie riscontrate sono tante, dall’adolescente con disturbi alimentari, alla depressa, allo schizofrenico, a chi ha disturbi di dipendenza e disturbi di personalità. Tutti nello stesso reparto, come se i problemi inerenti la salute mentale fossero trattabili esattamente alo stesso modo. Resta lo stigma dei pazzi. Quei pazzi possono accedere ad una sala per pranzo e cena con un giardino aperto solo per permettere che qualcuno fumi una sigaretta. Non vi sono attività ricreative, solo una televisione accesa sullo stesso canale e usata per produrre rumore. Pranzi e cene vengono vissuti in fretta, senza che i pazienti si guardino negli occhi e socializzino tra loro. Salvo parole formali poi c’è il nulla. Niente laboratori di scrittura, di pittura o semplicemente disegno. Niente laboratori di nessun tipo. Niente pause ricreative musicali. Ciascuno resta chiuso nella propria bolla. Un pazzo tra i pazzi. Da quel contesto sono stata dimessa dopo dieci giorni. Sono stata affidata al coniuge, perché non interviene nessun tipo di assistenza in aiuto se hai almeno un familiare. Questo è estenuante per il familiare e il paziente stesso, entrambi a nutrire sensi di colpa reciproci. Il mercato della Salute mentale risparmia qualcosa nell’assistere un paziente ma rovina le relazioni. Ottimo risultato, no?

Sul sito del ministero potete leggere quante belle cose e bei progetti hanno in corso. Potete leggere anche qual è il costo della salute mentale in Italia, cioè quanto costerei io allo Stato italiano se volesse per esempio guarirmi davvero invece di spedirmi in strutture chiuse solo un po’ più colorate delle strutture carcerarie. In ogni caso continuo con la narrazione. Sono tornata spontaneamente in reparto, per prevenire ideazione suicidaria, nel bel mezzo di un attacco di panico acuto. Sono rimasta lì per tre settimane. Quello che intendevo fare era sottrarre a mio marito la responsabilità della sorveglianza nei miei confronti. Lui non è un carceriere. E’ una responsabilità che spetta alle strutture sanitarie, sono loro che dovrebbero adoperarsi per prevenire un tentato suicidio. Prima di chiamare il 118 ho cercato invano un numero verde, un telefono amico, qualunque cosa potesse essermi d’aiuto. Infine ho chiamato e ha risposto la polizia alla quale ho dovuto spiegare che volevo prevenire il mio tentato suicidio non ancora avvenuto. Dunque mi hanno passato il 118 e i volontari mi hanno portato in ospedale. Con più tempo a disposizione, più giorni per leggere ma anche per muovermi in reparto, ho visto persone in contenzione, legate, per motivi a me sconosciuti. La contenzione dovrebbe essere l’ultimo dei metodi da usare per evitare che qualcuno si faccia o faccia del male. Non ho avuto quell’impressione. Non ho potuto verificarlo ed essendo i reparti psichiatrici delle strutture inaccessibili al pubblico non so chi potrà mai fare verifiche adeguate. Io stessa avrei potuto essere legata se non si fossero limitati ad un “lascia la porta sempre aperta” dopo una mia crisi depressiva. Dicesi crisi depressiva quella momentanea perdita di senno mentre tenti di recuperare oggetti per farti male.

In una discussione è poi emersa la possibilità di utilizzare la terapia elettroconvulsivante, un nome più simpatico per definire l’elettroshock, raccomandato dalla Fondazione Veronesi e utilizzato in una serie di città italiane tra le quali Pisa per curare la depressione post partum o la depressione resistente ai farmaci. Non ricordo quanti elettroshock abbia subito Alda Merini, o quante centinaia ne abbia subiti Janet Frame ma sono certa che quando Basaglia pensava alla chiusura dei manicomi e a strutture psichiatriche a porte aperte non faceva riferimento al ritorno in auge di metodi ottocenteschi. Preoccupante è il fatto che a noi pazienti non sia dato diritto di parola su queste questioni e che se ci pronunciamo su facebook o in altri luoghi di incontro sociale esprimendo preoccupazione su tali metodi arrivano a frotte studenti di medicina che vengono istruiti con libri e da insegnanti che evidentemente stanno sponsorizzando l’elettroshock.

Di quello che i centri salute mentale potrebbero dare e danno invece con il contagocce si parla poco. Come del servizio Ist, il servizio di recupero socio lavorativo. Esistono servizi riabilitativi che presso i centri salute mentale non vengono accennati a meno di non essere citati dal paziente stesso. Si dovrebbe anche parlare dei centri diurni, di attività da realizzare tra pazzi, sempre meglio che restare a casa. O di centri residenziali per chi non ha nessun parente o familiare che possa prendersi cura di lui o lei. Ho iniziato relativamente da poco ad indagare ma quel che scopro mi arriva da informazioni captate o riferite da amici o conoscenti. Non dal personale che si occupa di queste questioni. Una delle cose imprescindibili è il fatto che devono essere rispettati i diritti del malato. Se io non ho piena consapevolezza dei miei diritti come posso fare a rivendicarli o a difendermi quando non vengono erogati?

L’altra questione che mi lascia un po’ d’amaro in bocca è il fatto che il settore della salute mentale è redditizio. Esistono cliniche private convenzionate con le Asl. Il che vuol dire che lo Stato per inviare un paziente lì paga dieci volte tanto, suppongo, quel che pagherebbe dotando di strumenti migliori i reparti psichiatrici. Perché non investire nel fornire un servizio migliore negli ospedali pubblici invece di usarli solo come luoghi ricettivi per poi inviare i casi più gravi o i più meritevoli di attenzione, non so quali siano i criteri, presso le strutture private? Quale strana magia potranno mai realizzare le strutture private che quelle pubbliche non possono mettere in atto?

Per esempio: Se una paziente anoressica arriva nel reparto psichiatrico non si trova in un contesto adeguato. Se i reparti psichiatrici assumessero anche psicoterapeuti, poi nutrizionisti e altre professionalità utili, allora la paziente anoressica potrebbe essere curata nell’ospedale pubblico al costo di un ospedale pubblico. Finché il reparto psichiatrico viene vissuto in stato di isolamento, senza immaginare una interdisciplinarietà delle competenze, si svilupperanno cliniche private specializzate in disturbi dell’alimentazione o in depressione o in qualunque altra patologia mentale.

So che le politiche sanitarie spingono verso la privatizzazione e spingono i pazienti ad avere una assicurazione per coprire le spese delle cliniche, con la promessa di un miglior servizio rispetto a quello fornito dall’ospedale pubblico. So che prima o poi ci ritroveremo come negli Stati Uniti con centri pubblici per poveri indigenti in cui ti lasciano crepare e centri in cui se paghi ti procurano un rene immediatamente da trapiantare. Ma siamo in Italia dove ancora paghiamo tasse al servizio sanitario nazionale perché tutti possano usufruirne. Anch’io ho pagato fior di tasse per gli anni in cui ho lavorato e ora non solo non mi spetta la pensione, dato che i criteri pensionistici sembrano una burla, ma non posso neppure godere di un servizio sanitario competente nel campo della salute mentale? Possibilmente senza che mai mi sia propinata la terapia elettroconvulsivante. Grazie.

Eretica Antonella

Una tantum
Mensile
Annuale

Donazione una tantum

Donazione mensile

Donazione annuale

Scegli un importo

€1,00
€5,00
€10,00
€5,00
€15,00
€100,00
€5,00
€15,00
€100,00

O inserisci un importo personalizzato


Abbatto I Muri vive di lavoro volontario e tutto quello che vedete qui è gratis. Aggiornare e gestire questo spazio è un lavoro che costa tempo e fatica. Se mai vi passasse per la mente di esprimere la vostra gratitudine basta un obolo per un caffè (alla nocciola). :*
‘Abbatto i muri’ is a blog and an online platform run by a volunteer called Eretica. It aims to raise awareness of Intersectional feminism. It also tries to support the LGBT community in Italy and victims of domestic violence and many other issues which occur in Italy.
Grazie davvero a chi vorrà contribuire alla causa!

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Fai una donazioneDona mensilmenteDona annualmente

1 pensiero su “Cronache postpsichiatriche: considerazioni su salute mentale e Psichiatria”

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.